Passing
di Rebecca Hall
con Tessa Thompson, Ruth
Negga, André Holland
USA, 2021
genere: drammatico
durata: 98’
Esordio bomba dietro la
macchina da presa per l’attrice Rebecca Hall che con il suo “Passing” realizza
uno dei film più riusciti dell’intero concorso della Festa del cinema di Roma.
Un film complesso nel
senso di un titolo in grado di generare spunti di riflessione per ogni singola
inquadratura, ricca di significati, simbolici e non.
La storia è quella di due
donne nell’America degli anni ’20 che cercano di nascondere la propria vera e
reale identità. Clare e Irene sono due donne di colore, amiche da giovanissime,
ma poi perse di vista nel corso degli anni. Si ritrovano, casualmente, ormai
sposate e con figli e iniziano a instaurare una sorta di rapporto di amicizia
che si evolve continuamente con l’andare avanti della storia.
Mentre Irene vive, a
detta sua, una vita serena e tranquilla con il proprio marito, anche lui di
colore, e i due figli piccoli, Clare sembra essersi “incastrata” in una
relazione con un uomo bianco che la chiama scherzosamente “negraccia” per il
fatto che, con l’andare avanti del tempo, la pelle della donna tende a
“scurirsi” (anche se in realtà lo è sempre stata e il marito ignora ciò, così
come ignora di avere un figlio meticcio). Sembra, appunto, incastrata in una
vita che lei solo inizialmente desiderava. Ma nel momento in cui rivede l’amica
d’infanzia si riaccende in lei il desiderio di tornare a provare le stesse
emozioni di un tempo, quelle emozioni che solo essendo veramente sé stessa può
tornare a sentire e percepire.
Irene, dal canto suo,
inizialmente restia a far entrare l’amica nella sua vita, col passare del tempo
ne è quasi costretta e capisce, troppo tardi, che Clare, secondo lei, la sta
privando di tutta una serie di aspetti che le appartengono, dall’entusiasmo,
alle relazioni con gli altri e soprattutto col marito.
Vista così Clare può
risultare quella che, comunemente, in una classica storia, chiameremmo
antagonista. Ma è veramente così? È davvero Clare la cattiva?
Andiamo con ordine. Primo
e interessantissimo aspetto, utilizzato nel migliore dei modi, è la scelta
della Hall di ricorrere al bianco e nero per raccontare una storia del genere.
Una storia dove i due colori sono in netta contrapposizione sotto tutti i punti
di vista. Lo sono perché da sempre rappresentano due antipodi. Ma qui sono in
netta contrapposizione perché vanno a indicare la differenza tra i vari
personaggi e anche, se vogliamo, la differenza tra le due protagoniste. È vero
che sono entrambe nere, ma lo sono in modo diverso. Una (Irene) lo è e sembra
comportarsi in questo modo data la vita che conduce, anche se è colei che, più
di tutti, si nasconde perché teme il giudizio degli altri e perché vuole
cercare di apparire, agli occhi dei bianchi, in un modo diverso da quello che è
veramente. L’altra (Clare) si comporta da bianca e si spaccia per tale (il
matrimonio con bugia annessa ne è la chiara dimostrazione), ma,
paradossalmente, non si nasconde, cammina a testa alta e cerca di trovare un
punto di unione tra ciò che la circonda e, quindi, tornando al simbolismo dei
colori iniziale, tra bianco e nero.
Dal punto di vista
tematico, poi, si può spaziare dal “semplice” razzismo, all’accettazione di sé,
alla paura e al giudizio degli altri.
Tornando, invece, al
simbolismo sono tantissimi gli elementi degni di un’analisi approfondita e in
grado di aprirne, a loro volta, ulteriori, come in una matrioska.
Uno su tutti la scala e
la deliziosa inquadratura che ne è scaturita. Irene sale le scale, annaspando e
inseguendo il marito e Clare che, al contrario, sono entusiasti e pieni di energia.
E anche quando, poi, sul finire, Irene è costretta a scendere quelle stesse
scale, la sensazione è la medesima: affaticamento, straniamento e vertigine. Il
senso di cadere nel vuoto (non solo letterale, ma anche e soprattutto
simbolico) è qualcosa che la protagonista riesce a trasmettere perfettamente
avvalendosi anche dell’inquadratura ben congegnata.
Ma ci sono anche tanti
elementi, gesti, oggetti. Atteggiamenti e situazioni che, fin dall’inizio,
fanno presagire che qualcosa succederà e che quel qualcosa andrà in una
determinata direzione. Il primo incontro delle due donne è emblematico a tal
proposito: una la guarda imperterrita, l’altra si nasconde e fugge. Ma anche
gli elementi che contraddistinguono le due protagoniste e il loro modo di vivere.
Clare nasconde la verità al marito, ma è più sincera e autentica di Irene che,
invece, pur non celando la propria vera natura, non accetta, per esempio, che
il marito informi i figli sui terribili accadimenti che coinvolgono altre
persone di colore e che riempiono la cronaca dell’epoca.
Interessante è anche la
scelta dell’immagine iniziale e di quella finale con i colori (gli unici) che
caratterizzano l’intero film.
Ultima, ma non meno
importante immagine di “Passing” è quella relativa alla tragica sorte spettante
a uno dei personaggi. La mancata accettazione della morte e la descrizione che
Rebecca Hall ne fa sono forse il vero fiore all’occhiello del film che lascia
spazio allo spettatore di immaginare come realmente sono accaduti i fatti. La
mano fluttuante, il successivo e prolungato silenzio, l’incapacità di muoversi,
di scendere e raggiungere gli altri cercando contatti umani dopo un avvenimento
del genere sono sintomatici di tutto quello che lo spettatore ha avuto modo di
vedere fino a quel momento. Ma possono anche essere intuiti grazie ad
escamotage e piccole indicazioni disseminate lungo tutto il film.
Un esordio più che ottimo
per quella che da attrice può già essere sulla strada di autrice vera e
propria.
Deliziose le
interpretazioni di Tessa Thompson e Ruth Negga per un film che passerà su
Netflix e che forse non verrà apprezzato a dovere dal pubblico della
piattaforma, ma che può regalare e regalarsi molto di più.
Veronica Ranocchi
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