domenica, ottobre 24, 2021

PASSING

Passing

di Rebecca Hall

con Tessa Thompson, Ruth Negga, André Holland

USA, 2021

genere: drammatico

durata: 98’

Esordio bomba dietro la macchina da presa per l’attrice Rebecca Hall che con il suo “Passing” realizza uno dei film più riusciti dell’intero concorso della Festa del cinema di Roma.

Un film complesso nel senso di un titolo in grado di generare spunti di riflessione per ogni singola inquadratura, ricca di significati, simbolici e non.

La storia è quella di due donne nell’America degli anni ’20 che cercano di nascondere la propria vera e reale identità. Clare e Irene sono due donne di colore, amiche da giovanissime, ma poi perse di vista nel corso degli anni. Si ritrovano, casualmente, ormai sposate e con figli e iniziano a instaurare una sorta di rapporto di amicizia che si evolve continuamente con l’andare avanti della storia.

Mentre Irene vive, a detta sua, una vita serena e tranquilla con il proprio marito, anche lui di colore, e i due figli piccoli, Clare sembra essersi “incastrata” in una relazione con un uomo bianco che la chiama scherzosamente “negraccia” per il fatto che, con l’andare avanti del tempo, la pelle della donna tende a “scurirsi” (anche se in realtà lo è sempre stata e il marito ignora ciò, così come ignora di avere un figlio meticcio). Sembra, appunto, incastrata in una vita che lei solo inizialmente desiderava. Ma nel momento in cui rivede l’amica d’infanzia si riaccende in lei il desiderio di tornare a provare le stesse emozioni di un tempo, quelle emozioni che solo essendo veramente sé stessa può tornare a sentire e percepire.

Irene, dal canto suo, inizialmente restia a far entrare l’amica nella sua vita, col passare del tempo ne è quasi costretta e capisce, troppo tardi, che Clare, secondo lei, la sta privando di tutta una serie di aspetti che le appartengono, dall’entusiasmo, alle relazioni con gli altri e soprattutto col marito.

Vista così Clare può risultare quella che, comunemente, in una classica storia, chiameremmo antagonista. Ma è veramente così? È davvero Clare la cattiva?

Andiamo con ordine. Primo e interessantissimo aspetto, utilizzato nel migliore dei modi, è la scelta della Hall di ricorrere al bianco e nero per raccontare una storia del genere. Una storia dove i due colori sono in netta contrapposizione sotto tutti i punti di vista. Lo sono perché da sempre rappresentano due antipodi. Ma qui sono in netta contrapposizione perché vanno a indicare la differenza tra i vari personaggi e anche, se vogliamo, la differenza tra le due protagoniste. È vero che sono entrambe nere, ma lo sono in modo diverso. Una (Irene) lo è e sembra comportarsi in questo modo data la vita che conduce, anche se è colei che, più di tutti, si nasconde perché teme il giudizio degli altri e perché vuole cercare di apparire, agli occhi dei bianchi, in un modo diverso da quello che è veramente. L’altra (Clare) si comporta da bianca e si spaccia per tale (il matrimonio con bugia annessa ne è la chiara dimostrazione), ma, paradossalmente, non si nasconde, cammina a testa alta e cerca di trovare un punto di unione tra ciò che la circonda e, quindi, tornando al simbolismo dei colori iniziale, tra bianco e nero.

Dal punto di vista tematico, poi, si può spaziare dal “semplice” razzismo, all’accettazione di sé, alla paura e al giudizio degli altri.

Tornando, invece, al simbolismo sono tantissimi gli elementi degni di un’analisi approfondita e in grado di aprirne, a loro volta, ulteriori, come in una matrioska.

Uno su tutti la scala e la deliziosa inquadratura che ne è scaturita. Irene sale le scale, annaspando e inseguendo il marito e Clare che, al contrario, sono entusiasti e pieni di energia. E anche quando, poi, sul finire, Irene è costretta a scendere quelle stesse scale, la sensazione è la medesima: affaticamento, straniamento e vertigine. Il senso di cadere nel vuoto (non solo letterale, ma anche e soprattutto simbolico) è qualcosa che la protagonista riesce a trasmettere perfettamente avvalendosi anche dell’inquadratura ben congegnata.

Ma ci sono anche tanti elementi, gesti, oggetti. Atteggiamenti e situazioni che, fin dall’inizio, fanno presagire che qualcosa succederà e che quel qualcosa andrà in una determinata direzione. Il primo incontro delle due donne è emblematico a tal proposito: una la guarda imperterrita, l’altra si nasconde e fugge. Ma anche gli elementi che contraddistinguono le due protagoniste e il loro modo di vivere. Clare nasconde la verità al marito, ma è più sincera e autentica di Irene che, invece, pur non celando la propria vera natura, non accetta, per esempio, che il marito informi i figli sui terribili accadimenti che coinvolgono altre persone di colore e che riempiono la cronaca dell’epoca.

Interessante è anche la scelta dell’immagine iniziale e di quella finale con i colori (gli unici) che caratterizzano l’intero film.

Ultima, ma non meno importante immagine di “Passing” è quella relativa alla tragica sorte spettante a uno dei personaggi. La mancata accettazione della morte e la descrizione che Rebecca Hall ne fa sono forse il vero fiore all’occhiello del film che lascia spazio allo spettatore di immaginare come realmente sono accaduti i fatti. La mano fluttuante, il successivo e prolungato silenzio, l’incapacità di muoversi, di scendere e raggiungere gli altri cercando contatti umani dopo un avvenimento del genere sono sintomatici di tutto quello che lo spettatore ha avuto modo di vedere fino a quel momento. Ma possono anche essere intuiti grazie ad escamotage e piccole indicazioni disseminate lungo tutto il film.

Un esordio più che ottimo per quella che da attrice può già essere sulla strada di autrice vera e propria.

Deliziose le interpretazioni di Tessa Thompson e Ruth Negga per un film che passerà su Netflix e che forse non verrà apprezzato a dovere dal pubblico della piattaforma, ma che può regalare e regalarsi molto di più.


Veronica Ranocchi

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