One Second
di Zhang Yimou
con Zhang Yi, Liu Haocun,
Fan Wei
Cina, 2021
genere: drammatico
durata: 104’
Un secondo è quello di
cui ha bisogno il detenuto Zhang Jiusheng per tornare ad apprezzare la vita. Ma
è anche quello che dovrebbe bastare a chiunque per sentirsi realizzato. Perché
in un secondo si può capire se si può avere tutto o niente. Non solo possiamo
avere e dare, ma possiamo anche essere privati di tutto. Sempre in un secondo.
Potrebbe essere questa
una delle tante lezioni che Zhang Yimou dà con il suo “One second”, presentato
in concorso alla Festa del cinema di Roma. Un film difficile da commentare per
l’enorme quantità di significati, nascosti e non, di insegnamenti, tematiche e
riferimenti. Un susseguirsi di immagini ed emozioni che si alternano in maniera
efficace per tutta la durata della pellicola.
Non è tanto importante la
storia in sé quanto tutto quello che essa si porta dietro.
Film in gran parte non
parlato, almeno dai due protagonisti, riesce comunque a mostrare la stessa
forza dirompente di un film con dialoghi impegnati. Ed è qui la vera maestria del
regista cinese.
Zhang Jiusheng è un
detenuto fuggito da un campo di lavoro forzato che, nella Cina della
Rivoluzione Culturale, vuole semplicemente rivedere sua figlia. Per un secondo,
all’interno del cinegiornale che viene proiettato prima del film che tutta la
cittadina attende con impazienza. Fan è il miglior proiezionista in
circolazione e ha il compito di far divertire, per tutta la durata di un film,
i suoi spettatori, mostrando loro sul grande schermo, prima un breve
cinegiornale, e dopo il film. Quando sembra che Zhang possa vedere senza
problemi la figlia sullo schermo la pellicola del cinegiornale viene rubata dalla
giovanissima orfana Liu. Tra i due ha vita un inseguimento continuo e quasi
sempre silenzioso che li porta, poi, inevitabilmente, a instaurare una sorta di
legame.
Lo spettatore si trova
completamente spiazzato dalla narrazione che mette alla prova mostrando e
dimostrando, ogni volta, che ogni personaggio può essere considerato il “buono”,
ma anche il “cattivo”. Non c’è un vero e propria protagonista, così come non c’è
un buono assoluto per il quale parteggiare. Zhang è un detenuto fuggitivo. Liu
è una ladra. Nessuno dei due è il personaggio con il quale empatizzare immediatamente.
Ma, con l’andare avanti della narrazione, si viene a scoprire che entrambi
hanno le proprie buone ragioni per comportarsi in un determinato modo.
Un tuffo nel passato, ma
anche nel presente perché “One second” racconta un periodo storico particolare,
ma si lega molto anche al presente con riferimenti e metafore che sono un
chiaro segnale del tempo che scorre.
Se da una parte c’è il
deserto sconfinato simbolo di una libertà ormai da troppo tempo negata sia a
Zhang che a Liu dall’altra parte c’è la condizione che entrambi vivono e che li
accomuna. Nei loro difetti e nel loro egoismo riescono comunque a trovare un
punto in comune, quel qualcosa che li fa percorrere un tratto di strada insieme
e che li manterrà sempre, in qualche modo, uniti.
Sono comunque tante le
tematiche che Zhang Yimou inserisce nel suo film e fa proprie con una
delicatezza quasi unica. Dalla famiglia, a, come detto, l’attualità, arrivando passando
per la vendetta e il riscatto umano.
Al centro, però, un amore
sconfinato. C’è l’amore che il detenuto fuggitivo prova per la propria figlia
per la quale è disposto veramente a tutto. C’è l’amore della piccola Liu per il
fratellino. C’è l’”amore” tra i due che vedono nell’altro quello che non hanno
(più). Zhang è il padre che Liu non ha mai conosciuto e Liu è la figlia che Zhang
probabilmente non rivedrà più se non attraverso un fotogramma. E, ancora oltre,
c’è l’amore per il cinema che il regista celebra e omaggia strizzando l’occhio
a grandi nomi del passato. Da “Ladri di biciclette” a “Nuovo cinema paradiso”,
anche “One Second” entra di diritto tra i film che omaggiano il grande schermo
con una bellissima sequenza di recupero di una pellicola e un’altra che mostra,
nei minimi particolari, il meccanismo che porta alla proiezione della stessa.
Un film che i cinefili
apprezzeranno, ma che farà emozionare anche i “non addetti ai lavori”.
Un’immersione totale e
completa nel cinema.
Veronica Ranocchi
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