martedì, gennaio 04, 2022

ILLUSIONI PERDUTE

Illusioni perdute

di Xavier Giannoli

con Benjamin Voisin, Vincent Lacoste, Xavier Dolan

Francia, 2021

genere: storico, commedia, drammatico

durata: 141’

Di una disarmante attualità, il film di Xavier Giannoli, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia nel 2021, è adesso nelle sale. “Illusioni perdute” è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Honoré de Balzac che ha realizzato un’opera ancora oggi più che contemporanea.

Al centro un bravissimo Benjamin Voisin veste i panni del giovane Lucien, innamorato della letteratura e della poesia. Il protagonista, che si ostina a farsi chiamare de Rubempré, nella cornice della Francia della Restaurazione, decide di andare a Parigi insieme alla nobildonna Louise, con la quale ha una relazione segreta, nella speranza di trovare un editore che possa seguirlo e stampare le sue opere. Una volta arrivato nella capitale francese, però, Lucien viene separato da Louise per non destare scalpore e, trovandosi solo e senza un soldo, si mette alla ricerca di un lavoro. Per un caso fortuito incontra un altro scrittore che, non avendo avuto fortuna, si è riciclato come giornalista per uno dei giornali liberali nati nel periodo. I due instaurano un’amicizia che, però, porterà Lucien a dover prendere delle decisioni importanti per la sua vita, il suo futuro e la sua carriera.

Una trasposizione sullo schermo interessante, sotto tutti i punti di vista, da quello tematico a quello tecnico.

L’argomento è di incredibile attualità. Si potrebbe parlare della nascita della società dello spettacolo. Scavando tra le righe, ma nemmeno troppo, Giannoli va a sviscerare il ruolo dello scrittore e del giornalista, cosa che, prima di lui, aveva fatto naturalmente Balzac su carta. Dal modo di approcciarsi alla notizia alla meticolosa analisi della ricerca di quest’ultima e della conseguente attendibilità, il regista apre gli occhi dello spettatore facendolo riflettere sul meccanismo di creazione e diffusione delle informazioni. E sulla loro credibilità.

Aiutato da una voce fuoricampo, a tratti ironica e a tratti seria, “Illusioni perdute” è costruito, in parte, in maniera spettacolare e quasi teatrale. La vita dei personaggi che si intreccia tra la quotidianità e la mondanità, con la presenza abbastanza costante a spettacoli teatrali, va di pari passo con la descrizione degli stessi ambienti che il protagonista e i suoi amici e nemici frequentano. Sembra quasi che lo stesso ambiente diventi protagonista. Non è, infatti, un caso che, fatta eccezione, per pochissime e brevi scene “di transito” che permettono ai personaggi di spostarsi da un luogo a un altro, la quasi totalità della vicenda avvenga negli interni, siano essi abitazioni, teatri, editorie o simili. L’ambiente riesce, in qualche modo, a connotare il personaggio che lo abita e lo vive, conferendogli quel qualcosa di cui lui o lei ha bisogno e che contemporaneamente ricerca. Ed è così che la grande villa di Lucien diventa il luogo simbolico della sua “elevazione” a giornalista.

Facendo, invece, un passo indietro, merita una menzione speciale la voce fuoricampo. Anch’essa è a tutti gli effetti un personaggio della vicenda. Parte integrante di “Illusioni perdute” la voce è ironica e seria al tempo stesso, fornendo informazioni importanti, sia per lo spettatore che per il personaggio, anche se quest’ultimo, naturalmente, non può sentirla, non essendo propriamente la voce della sua coscienza. Ed è forse questa la vera chiave della storia: al contrario di altre analoghe, quella scelta da Giannoli è una voce onnisciente nel vero senso della parola. Si tratta di una voce che sa anche più del personaggio stesso. Aiuta e guida lo spettatore a comprendere certe situazioni, non limitandosi a descrivere quello che si vede, ma collocandolo temporalmente e spazialmente e dandone una motivazione. Al tempo stesso, però, è anche una voce ironica, che prende in giro e si prende gioco dei personaggi e del mondo che li circonda. Lo spettatore è invitato ad andare oltre, a guardare ancora più su, per non cadere nella trappola del fidarsi solo ed esclusivamente di ciò che si vede.

Infine un’attenzione alle interpretazioni. Quella di Voisin su tutte, un giovanissimo che si carica tutto il film sulle spalle con una semplicità unica. Non è mai né troppo, né troppo poco. E accanto a lui tutti diventano maschere perfette dei personaggi che interpretano, da Vincent Lacoste nel ruolo del buon amico, o almeno di quello che tenta di esserlo, a un particolare Xavier Dolan, in grado di mettere costantemente il pubblico (e non solo) sulla difensiva perché non in grado di fidarsi completamente. Ma in fondo chi sono davvero i buoni e i cattivi in questo film e nella vita in generale?


Veronica Ranocchi

Nessun commento: