domenica, settembre 23, 2007
Il dolce e l'amaro
A differenza dei colleghi veneziani affetti da un overdose autoriale ed artefici per contro di opere che non ripagano la fiducia e soprattutto le spese del pubblico pagante Porporati vola basso e si ripropone dopo lunga pausa con una storia di formazione mafiosa che si aggiunge a quel corpus filmico che in Italia e' diventato genere cinematografico che difficilmente tradisce le aspettative. Il controaltare a queste sicurezze e' rappresentato da una certa scontatezza nella ripetizione di una sociologia che non ha piu' nulla da svelare ed uno stile recitativo mai lontano dai soliti stilemi; eppure Porporati pur non dicendo nulla di nuovo riesce a riscaldare la minestra lavorando sulle atmosfere del racconto che modella con uno stile fluido ed al tempo stesso meditativo in cui la rappresentazione della violenza e' la logica conseguenza di un percorso psicologico che non perde mai le fila del discorso e si sposa alla perfezione con le cadenze degli eventi. Un meccanismo ad orologeria infiammato dalla presenza di Luigi lo Cascio attore imprescindibile che attraversa il film senza un momento di pausa e si impone con una recitazione nervosamente ferina e con un protagonismo che rimane sempre la servizio dell'opera. Ed in un prodotto in cui non fa difetto la qualita' della confezione merita una nota di merito la fotografia espressionista di Alessandro Pesci che nella contrapposizione tra i colori accesi del paesaggio e le atmosfere notturne degli interni ripropone sul piano formale il dualismo del titolo e fornisce il paradigma emotivo in cui si muovono i personaggi della storia.
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