Se ce ne fosse ancora bisogno Reign over me conferma come i fatti dell'11 settembre siano ancora una ferita aperta non solo per il pubblico americano ma in generale per l'intero emisfero cinematografico. Solo cosi' si puo spiegare la scarsa considerazione nei confronti di un film che ha le qualita' estetiche e morali per affiancare e talvolta superare illustri predecessori. Sarebbe pero' riduttivo relegare l'opera nell'angusto recinto dei film a tema, frutto di una ecessita' contingente e modaiola. Qui la tragedia assume un respiro piu' ampio, diventando quasi laterale alla struttura del racconto che costruisce le atmosfere attraverso un sottile equilibrio di parole e silenzi ed affonda le sue radici in un esistenzialismo laico e vitale che ai voli pindalici preferisce una fenomenologia dell'anima capace di accostarsi al dolore senza cadere in ammiccamenti voyeristici o nelle soluzioni ad effetto. Diretto con mano sicura da Mike Binder (The upside unger) che firma anche la sceneggiatura e si ritaglia un piccolo ruolo (e' l'avvocato occhialuto e pragmatico che amministra le ricchezze del protagonista), corredato da una fotografia (Russ Alsobrook) crepuscolare ma calda, capace di regalarci una New York inedita e altrettanto affascinante, il film si avvale di un cast superbo su cui spiccano un attore di classe come Don Cheadle e soprattutto un Adam Sandler in versione Bob Dylan capace di valorizzare il suo ruolo con efficace sobrieta. Quando poi un film si puo permettere un cameo come quello di Donald Sutherland, giudice risoluto e vagamente luciferino non ci sono piu dubbi sul valore assoluto della visione
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