venerdì, dicembre 13, 2013

La mia vita senza importanza: Uberto Pasolini parla di Still Life




In occasione dell'anteprima del suo ultimo film Uberto Pasolini ha ricevuto il premio Pasinetti, assegnatogli dai critici italiani per Still Life presentato nella sezione Orizzonti dell'ultimo festival di Venezia. L'evento è stata l'occasione per conoscere un autore arrivato al cinema quasi per caso. In attesa di presentarvi il resoconto del film vi offriamo in esclusiva alcuni dei passaggi più importanti della conferenza stampa alla quale abbiamo assistito.


L'idea del film mi è venuta dopo aver letto un articolo in cui venivano intervistati gli impiegati del comune di Londra incaricati di occuparsi delle persone che muoiono in totale solitudine. Quello che mi colpì fu che è che a fronte di un operosità generalmente burocratica emergeva di tanto in tanto la consapevolezza del valore umano del proprio mestiere, messo in pratica con una dedizione che compensava in parte l'assenza di parenti ed amici.

Ho fatto molte ricerche, ho incontrato persone, sono entrato nelle abitazioni con chi si occupava di questi casi. Tutto quello che vedete nel film è la trasposizione di eventi reali, ed anche il personaggio di John May altro non è che la sintesi di tre persone che ho conosciuto. Non ho inventato nulla anche perchè la fantasia non è il mio forte.
L'idea di partenza è stata l'immagine di una sepoltura effettuata in solitaria, senza alcuna presenza umana che non fosse quella degli  operai incaricati della tumulazione. Da lì ho proceduto a ritroso nella costruzione della storia. Trattandosi di una vicenda incentrata sul tema dell'isolamento e della solitudine mi è sembrato opportuno rispettare il clima di quella visione, senza tradirla in nessun momento del film.
Il motivo che mi ha spinto a fare il film è sempre lo stesso, da quando dopo 30 anni di lavoro in banca ho deciso di occuparmi di cinema, e cioè la curiosità di esplorare background umani e geografici che sono estranei alla mia cultura. Io sono una persona privilegiata, che a differenza di molti non mi è mai dovuta preoccupare di lavorare per vivere. Forse per questo motivo i miei personaggi sono pieni di queste vicissitudini. Tra l'altro reputo la mia esistenza e l'ambiente da cui provengo molto poco stimolante.
Sono stato sposato per anni ed ho vissuto circondato dalle mie figlie e da mia moglie. Poi ad un certo punto ho deciso di separarmi, ed anche se di fatto frequento molto la mia famiglia mi sono trovato per la prima volta ad aprire la porta di casa ritrovandomi nel silenzio più assoluto. Still Life è partito da un'analisi sociale per poi diventare una storia personale.

Avevo già lavorato con Eddy Marsan ne "I vestiti dell'imperatore". E' un attore fantastico perchè ha la capacità di recitare con movimenti impercettibili che però restituiscono una grande intensità emotiva. In Inghilterra lo conoscono per via dei suoi ruoli molto violenti, io invece l'ho utilizzato in una parte totalmente opposta.
Per quanto riguarda lo stile sono da sempre convinto dell'efficacia di un linguaggio cinematografico a "basso volume". L'overdose sensoriale utilizzata dal cinema mainstream va bene sul momento ma è destinata a sparire quasi subito, mentre i toni bassi costringono lo spettatore a fare più attenzione, permettendo alle emozioni di entrare sotto la pelle. Nel mio film tutto questo si traduce nell'assenza di movimenti della mdp, in una recitazione pacata e realista. Diciamo che Ozu è il mio modello ma ovviamente sono lontanissimo dai suoi risultati.

2 commenti:

Stefano ha detto...

Sembra un uomo veramente modesto, lo apprezzo molto. Il suo film è valido, e onesto.

nickoftime ha detto...

Così è apparso anche a me: il film e l'uomo..

nickoftime