martedì, marzo 24, 2020

L'ULTIMA ORA


L’ultima ora
di Sébastien Marnier
con Laurent Lafitte, Emmanuelle Bercot, Grégory Montel
Francia, 2018
genere: thriller
durata: 103’

Presentato alla 75esima edizione del festival del cinema di Venezia, “L’ultima ora” di Sébastien Marnier è un vero e proprio thriller, camuffato attraverso un “tranquillo” film con adolescenti protagonisti.
Pierre Hoffman è un quarantenne professore di francese che si ritrova ad essere il supplente nella classe del professor Capadis che si suicida, gettandosi dalla finestra davanti ai suoi stessi alunni. Prendere, quindi, in mano una classe del genere non sarà affatto semplice. Se a questo fatto ci viene sommato anche il carattere tutt’altro che collaborativo dei 12 alunni della classe, in particolare di 6 di loro, ecco spiegato il perché delle continue paranoie e dei continui interrogativi del professor Hoffman. Seguendoli costantemente senza lasciarsi fregare dalle apparenze, dall’eccessiva perfezione e presunzione di quelli che vengono da tutti decantati come gli alunni per eccellenza, e indagando, in qualche modo, il protagonista verrà inevitabilmente coinvolto in qualcosa di più grande di lui.
Fin da subito lo spettatore, accompagnando il professore, si trova invischiato in questo mistero che capisce essere troppo grande. Sia il pubblico che Pierre Hoffman si ritrovano, fin dalle prime battute, a dubitare di questi alunni troppo perfetti in tutto, tanto da destare giustamente sospetti.
La chiave dell’intero film non è tanto il cercare di capire ciò che i ragazzi stanno progettando, ma cercare di capirne il motivo e andare ad indagare su di loro, sviscerando ogni loro singolo comportamento o atteggiamento. Quello che cercano di trasmettere agli altri è una paura esagerata del futuro e di ciò che esso porterà con sé. Nessuno sembra riuscire a stare dietro alle loro macchinazioni, o meglio nessuno sembra interessarsene perché ciò che conviene di più è rimanerne all’oscuro. Tutti tranne il professor Hoffman che, forse proprio per il suo ruolo di precario, vede il mondo, la realtà e il futuro in un modo diverso, non si arrende e cerca di scavare fino in fondo per arrivare il prima possibile a una soluzione.
Molto bravi i giovani interpreti che riescono a trasmettere questo senso di alienazione dalla realtà in maniera convincente, nonostante a volte risultino forse un po’ troppo forzate le loro decisioni e i loro atteggiamenti. Così facendo sembrano quasi estraniarsi ed emergere da un mondo fantoccio dove nessuno ha il coraggio di prendere in mano le redini della situazione, ma anzi ognuno preferisce lavarsene le mani perché ciò che succede senza coinvolgerli direttamente non li preoccupa minimamente.
Una sorta di preannuncio di ciò che oggi vuole dirci Greta Thunbergh, icona di un mondo che dovrebbe comportarsi in maniera diversa?

Veronica Ranocchi

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