lunedì, marzo 03, 2008

Lo scafandro e la farfalla (2)

Lo Scafandro e la Farfalla , il bel titolo del nuovo film di Julian Schnabel è di quelli destinati a rimanere nella testa non soltanto per l’accostamento audace dei sostantivi ma piuttosto per il mondo fiabesco evocato dalla sua lettura. Tratto dall’omonimo libro di JD Bauby, uomo di successo relegato su una sedia a rotelle dall’ ictus che lo ha reso catatonico ed incapace di parlare, il film ripercorre sotto forma di diario intimo e resoconto esperienziale quei terribili momenti, dalla scoperta della malattia alla difficile quanto insoddisfacente rieducazione, in cui anche il gesto più istintivo è il risultato di un lavoro lungo e faticoso fino alla decisione di iniziare la stesura del libro scritto per interposta persona attraverso i battiti dell’occhio sinistro rimasto miracolosamente illeso.
Ed in effetti se lasciamo perdere le pretese di realismo legate alle vicissitudini del genere presenti ma non preponderanti ed i pregiudizi morali per i film che fanno “vedere” la malattia non sarà difficile trovare analogie tra lo sfortunato protagonista ed il fanciullo viaggiatore creato da Euxepery nel “Il piccolo principe”; ad accomunare i due naufraghi esistenziali non è solamente la consapevolezza di un destino già segnato ma piuttosto il loro approccio alla vita, la forza interiore con cui affrontano quest’ultimo viaggio, il senso panteistico con il quale gli si offrono, lo sguardo stupito ed una curiosità insaziabile per il sublime del mondo, le cui infinite meraviglie sembrano un giardino d’infanzia per bambini mai cresciuti ed il posto ideale per reinventare la propria esistenza. Esente dai soliti clichè pietistici e ricattatori, valga per tutti l’atteggiamento del protagonista deciso ad affermare se stesso e le sue scelte di uomo libero anche di fronte all’evidente impotenza fisica (il sentimento amoroso per l’amante confermato in maniera impietosa di fronte alla moglie che lo sta accudendo e l’irrefrenabile desiderio verso l’angelica infermiera) il film è girato per la maggior parte in soggettiva, con lo schermo che riproduce il mondo visto ed immaginato da Bauby, e si avvale di una struttura che mischia continuamente elementi onirici (la natura psichedelica e surreale ricorda quella immortalata da Godfrey Reggio in Koyaanisqatsi così come le apparizioni della dama ottocentesca desunte dal busto femmineo presente nell’ospedale) e naturalistici (le lettere dell’alfabeto scandite dalla logopedista ed i dettagli fisioterapici) che deve molto alla fantasia del pittore Schnabel capace di svincolare l’idea di bellezza dalla fisicità in cui l’abbiamo relegata e maestro nell’amalgamare sequenze che riproducono su pellicola una sensibilità aperta alle commistioni degli stili cinematografici (dalle sequenze in super 8 al video al video clip anni 80 dal flusso spezzato e rapsodico della novelle vague a quello lineare e televisivo, non dimenticando il primo piano dell’occhio cucito che rimanda a quello tagliato dell’indimenticaile capolavoro di Bunuel) e pittorici (esp/imp-ressionismo, surrealismo e pop art si mischiano e si confondono in un gioco di rimandi e suggestioni che rompono gli schemi e gridano libertà) ma anche alla tecnica insuperabile del suo direttore della fotografia Janusz Kaminski, uno dei migliori in circolazione impareggiabile nel ricreare i colori della memoria e quelli del sogno (la Farfalla), nel riprodurre i limiti fisici e le costrizioni della tomba di carne (lo Scafandro) così come le posture di un corpo che si ribella alla natura (le riprese a tre quarti a replicare il capo reclinato). Qualità che sono di per sé straordinarie ma che in fin dei conti risultano troppo controllate, frutto di uno studio a tavolino che conferisce al film originalità ma toglie respiro alle emozioni che finiscono per vivere di natura propria , nascono dall’evidenza dei fatti e non dalla drammaturgia della vicenda. Pur non essendo un capolavoro siamo di fronte ad un film di regia che si mantiene abbondantemente sopra la media e segna un deciso passo in avanti nella carriera dell’intraprendente autore.

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