Nome di donna
di Marco Tullio Giordana
con Cristiana Capotondi, Valerio Binasco, Stefano Scandaletti
Italia, 2018
genere, drammatico
durata, 90’
Nina Martini è una giovane donna che cerca lavoro e fortuna in Brianza, dove si trasferisce con la sua bambina. In prova presso una residenza per anziani, il suo zelo le vale un'assunzione e una vita finalmente più serena. La quiete ritrovata è interrotta dalle avance e l'abuso di potere del direttore della struttura. Decisa a denunciarlo, Nina deve fare i conti con l'omertà delle colleghe e la prepotenza di un sistema amministrativo conservatore e dispotico. Con l'aiuto del suo compagno e di un avvocato agguerrito, Nina avrà giustizia. Per sé, per sua figlia e per tutte le donne a venire.
Inseguono tutti lo stesso sogno i personaggi del cinema di Marco Tullio Giordana: cambiare il mondo e renderlo un po' meno ingiusto di quello che è.
Sorella ideale del ragazzo di Cinisi (I cento passi) e dei fratelli Carati (La meglio gioventù), tocca a Nina questa volta sottrarsi alle regole del gioco, rompendo un contratto sociale basato sulla connivenza, il silenzio e l'omertà. Nina denuncia l'orco dentro un film girato nell'urgenza e nella necessità di raccontare i nodi irrisolti e le contraddizioni laceranti della realtà sociale contemporanea.
Dopo il caso Weinstein, che ha rimesso violentemente in discussione i privilegi, la dominazione e i crimini sessisti, anche il cinema italiano prende la parola e si interroga, provando a sviscerare il meccanismo del patriarcato. Marco Tullio Giordana racconta una storia emblematica, interrotta da punti esclamativi visivi, qualche digressione di troppo e flashback che scompaginano la logica narrativa, sminuendo l'indignazione. Al di là dei contenuti nobili e le intenzioni lodevoli, il cinema dell'autore respira ancora l'aria di impegno civile e l'orgoglio di chi si sente e si vuole diverso dalla cultura diffusa e condivisa. Come Nina, che non tollera la tentazione di giustificare l’abuso di don Roberto Ferrari o di accettare quello di Alina e colleghe, prendendolo come dato di fatto.
Coerente coi personaggi rappresentati da Marco Tullio Giordana, la sua eroina è fedele a una scelta etica di fondo che la porta a fare dell'onestà, soprattutto con se stessa, un imperativo categorico irrinunciabile. Se “La meglio gioventù” guardava al passato, “Nome di donna” è un sincopato quadro del presente, nell'epoca di un rinnovato impegno femminista. Un impegno che per l'autore e la sua protagonista passa per una presa di coscienza comune, per la capacità di sostituire al gioco della competizione un'immagine di adesione, di solidarietà, di uguaglianza.
Interpretato con misura da Cristiana Capotondi e scritto con enfasi da Cristiana Mainardi, il film, quasi un legal drama, soffre il di didascalismo e fatica a trovare le parole giuste.
Riccardo Supino
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