Ready Player One
di Steven Spielberg
con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Ben Mendhelson
USA, 2018
genere, fantascienza, avventura
durata, 140'
Si dice che il primo amore non si scorda mai. Steven Spielberg così fa da un po' di tempo a questa parte, da quando, diventato adulto, ha iniziato a fare i conti con la realtà attraverso film agganciati ai fatti della grande Storia. Schindler’s List, Munich e ancora Lincoln e The Post non hanno impedito al papa di ET di continuare a frequentare luoghi e personaggi più spensierati e spettacolari come lo sono quelli di “Ready Player One”. Basato sull’omonimo best seller di Ernest Cline, il film racconta le avventure di Wade Wyatts, adolescente che al pari degli altri reagisce alle frustrazioni del mondo reale rifugiandosi nell’universo virtuale rappresentato da OASIS, nel quale, grazie all’opportunità di usufruire di Avatar ciascuno può essere chi vuole e partecipare alla caccia al tesoro che permetterà al vincitore di diventare ricco assumendo il controllo del gioco.
Considerato che per centrare l’obiettivo i concorrenti devono passare attraverso la conquista di tre chiavi, ognuna della quali rappresentative di un segmento di percorso costellato da trappole e pericoli sempre maggiori mano a mano che ci si avvicina al traguardo, va da sé che “Ready Player One” abbia poco da offrire sotto il profilo narrativo. Diversamente, sul piano visivo e su quello citazionista il film di Spielberg sembra intenzionato a stabilire nuovi record, tanti sono i rimandi e i riferimenti alla cultura pop dei nostri anni contenuti all’interno di OASIS.
Strutturato come un gigantesco IPOD, “Ready Player One” funziona allo stesso modo del citato lettore, nel senso che lo spettatore può fare idealmente una selezione delle immagini come pure dei singoli filoni narrativi senza che l’esclusione degli uni e degli altri gli precluda di gustarsi appieno i risultati del prodotto. In questa sede sarebbe inutile elencare artisti, personaggi e opere (musicali, cinematografiche e fumettistiche) che trovano occasione per comparire anche solo un attimo nella biblioteca spielbergiana.
Ciò che invece preme dire è che, fatte salve le dovute differenze, l’importanza di Ready Player One è destinato a travalica il cinema per diventare un archivio visivo in grado di contenere e catalogare un campione piuttosto esemplificativo della cultura dei nostri tempi, un po' come lo sono libri come Controcorrente di Joris Karl Huysmans e Bouvard e Pécuchet di Gustave Flaubert, esempi di cultura archeologica che acquista valore sopratutto in prospettiva per il suo valore testimoniale rispetto all’epoca di riferimento. Di certo non sfugge la riflessione del regista sul rapporto tra uomo e tecnica e sulla possibilità di influenzarsi reciprocamente, così come è palese il tentativo di Spielberg di aggiornare in maniera radicale il proprio dispositivo, adeguandolo ai gusti e alle possibilità del cinema contemporaneo. Si può rimanere affascinati da una simile operazione, oppure rimpiangere l’ingenuità poetica dei tempi d’oro, quella in cui il regista riusciva ad arrivare anche ai cuori dei suoi detrattori. Per questo motivo crediamo che gli spettatori più nostalgici troveranno la bellezza di “Ready Player One” troppo perfetta per essere anche appassionante.
Carlo Cerofolini
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