Rapiniamo il duce
di Renato De Maria
con Pietro Castellitto,
Matilda De Angelis, Tommaso Ragno
Italia, 2022
genere: drammatico
durata: 90’
Le sequenze iniziali ci
dicono che cosa sarà del resto del film. “Rapiniamo il duce” gioca con la
Storia rinunciando fin da subito ad analizzarla nei suoi risvolti più
drammatici. La Seconda guerra mondiale e il regime fascista nella Milano del
1943, per quanto di lugubre memoria, sono da subito sgombrati degli aspetti più
scabrosi per diventare materia da spettacolo. A dircelo è innanzitutto il
movimento ad ampio respiro con cui la macchina da presa atterra sulla città in
guerra dopo averla perlustrata dall’alto in basso con velocità sufficiente per
farci apprezzare la grandeur scenografica cui Renato De Maria si affida per
introdurre lo spettatore alla ricostruzione di quei terribili anni. Appena in
tempo a presentarci il personaggio interpretato da Pietro Castellitto e a
prendere il sopravvento è, manco a farlo apposta, il cinema, rappresentato
dalla sala cinematografica nella quale poco dopo ritroviamo Isola e Yvonne,
amanti e complici a capo dell’impresa impossibile con cui insieme a una squadra
di simpatici lestofanti cercheranno di farla pagare al Duce e ai suoi accoliti
derubandoli del tesoro frutto delle numerose confische belliche.
Mentre i due si
confrontano sul da farsi, discutendo sulle possibilità di vivere felici facendo
il colpo della vita che permetterà loro di sistemarsi lontano dall’Italia, sul
grande schermo scorrono le immagini documentaristiche sul tipo di quelle prodotte
dall’Istituto Luce in cui la minacciosa propaganda di Benito Mussolini si
staglia su tutto e tutti con assoli e primi piani destinati però a restare
confinati all’interno dello schermo. Il corpo del Duce non spaventa, messo
com’è in secondo piano da questioni sentimentali e interessi mercantili e, al
massimo, preso come prototipo per la messinscena farsesca con cui di lì a poco
De Maria darà vita alla schiera di cattivi contro cui Isola e la sua squadra si
dovranno confrontare per riuscire ad espugnare la cittadella in cui è
depositata l’enorme ricchezza.
Insomma, in “Rapiniamo il
duce” guerra e fascismo sono ingredienti da cinema, buoni per imbastire
un'avventura sul tipo di quelle che in Italia si giravano negli anni 70, tempi
in cui il cinema di genere americano veniva clonato con forme di cinema più consone
all’umore nostrano. Così, accanto ai divi di turno, non solo Castellitto, che
qui aspira ad esserlo nel suo primo ruolo da protagonista, ma anche Matilda De
Angelis che in qualche modo già lo è, avendo recitato accanto a star come
Nicole Kidman e Hugh Grant (“The Undoing - Le verità non dette”), troviamo un
campione della risata come Maccio Capotonda - nella parte di uno sciroccato
asso del volante -, chiamato a fare da contraltare con la sua verve comica e la
sua simpatia alla maschera tragica del gerarca Filippo Timi cui il regista
affida il compito di incarnare il ruolo del villain destinato, come nei
blockbuster americani, a sostenere il peso drammaturgico dell’intero film.
Affiancato dalla minacciosa dark lady interpretata da un'ottima Isabella Ferrari,
per l’occasione impegnata in un personaggio a metà strada fra Crudelia De Mon e
la Norma Desmond di “Viale del tramonto”.
Chiamato a scegliere tra
heist movie e commedia d’azione, “Rapiniamo il duce” decide di stare nel mezzo
moltiplicando le citazioni cinematografiche e soffermandosi più sulle
caratterizzazioni dei personaggi che sui meccanismi narrativi relativi alla
realizzazione del colpo su cui il film sembra quasi voler sorvolare.
Rispetto a un'operazione
come “Freaks Out”, cui “Rapiniamo il duce” è accomunato per il rapporto con la
Storia e per l'idea di sfidare sul piano della spettacolarità e della
confezione i prodotti mainstream provenienti d’Oltreoceano (oltre che per la
presenza in entrambi i film di Castellitto), il film di De Maria si accontenta
di essere quello che è, un lungometraggio di puro intrattenimento sul modello
frivolo e leggero imposto da Netflix, da sempre attento a normalizzare gli
aspetti più complessi della sua offerta per non precludersi la possibilità di
essere spendibile a una platea sempre più larga di spettatori.
Come autore De Maria non
commette l’errore di sentirsi in colpa per non aver preso di petto gli orrori
della guerra e dunque non fa lo sbaglio di appesantire lo spettacolo con
richiami alla retorica antimilitarista. Il regista tira dritto per la sua
strada e anzi, a scanso di equivoci, si premura di non essere frainteso facendo
morire l’unico tra i personaggi coinvolto nella vicenda per ragioni di
militanza e non per soldi. Destinato a saltare l’uscita in sala per presentarsi
direttamente in piattaforma a partire dal 26 ottobre, “Rapiniamo il duce” è un
film senza infamia e senza lode, adatto a soddisfare il suo pubblico di
riferimento.
Carlo Cerofolini
(recensione pubblicata su ondacinema.it)
Nessun commento:
Posta un commento