mercoledì, marzo 12, 2008

Grande, grosso e... Verdone

Verdone è diventato incontenibile; dimenticati i complessi da artista non sempre in armonia con le proprie creazioni, il commediante di razza ha lasciato il posto ad una personalità che ha assunto nuove consapevolezze: il successo commerciale di opere più riflessive, in cui la risata si è arricchita di sfumature non necessariamente divertenti, così come l'avvenuto riconoscimento culturale, suggellato dalla direzione di un Festival cinematografico dedicato alla Commedia (Siena), ha permesso alla sua comicità di liberarsi dai limiti del cinema inteso come coazione a ripetere di format natalizi e televisivi (mi riferisco ai cine panettoni ed ai film di quegli attori che usano lo schermo come un palco televisivo), per dare vita ad interpretazioni attoriali e performance registiche più complesse, capaci di confrontarsi con le nuove generazioni (Il mio miglior nemico), senza i pregiudizi di chi non ha più nulla da imparare.
In questo senso "Grande grosso e...Verdone" rappresenta un inversione di tendenza non solo per la struttura episodica, la cui mancanza di "espansione" non si addice alla debordante personalità del suo autore (ed infatti l'episodio più riuscito è quello di Morena ed Enzo, la coppia di cafoni a cui il regista dedica il minutaggio più alto), ma anche per la smaccata indulgenza autocelebrativa che si nasconde dietro la riproposta di personaggi (il fatto di ritrovarli con nomi diversi non è indice di cambiamento) che lo hanno reso famoso. Certo i protagonisti delle storie ispirano una naturale simpatia- dall'ingenuo Leo, padre di famiglia e figlio devotissimo alle prese con il funerale della mamma, al mefistofelico professor Callisto, un uomo di vizi privati e pubbliche virtù che vuole organizzare la vita amorosa del figlio, per non parlare de i due coatti (la Gerini è proprio brava)alla ricerca della passione perduta ed intenta a risolvere le problematiche del figlio adolescente- ma alla lunga , quella che che dovrebbe essere la premessa del discorso rimane l'unica qualità di un film che procede senza vitalità, accumulando un catalogo di tic (la camminata con il balzelo a piedi uniti del professore, gli occhi al cielo di Leo in un misto di devozione e stupidità)ed ossessioni( quella di Moreno per i soldi enfatizzata dal gesto rumoroso e plateale che precede la distribuzione delle mance) che appartengono al repertorio del mattatore ma non hanno l'indignazione neccessaria per trasformare la risata in un arma capace di salvarti la vita dalle brutture quotidiane. Le caratterizzazioni dei personaggi appaiono troppo morbide, poco aggressive rispetto alla rapacità dei Freak che circolano per le strade; costretti a fare i conti con l'evidente assenza metafisica (le preghiere recitate come fossero un elenco telefonico, le istituzioni religiose, zelanti come la Suora dell'Istituto di accoglienza femminile decisa a disfarsi della disdicevole presenza di alcune prostitute) ed immersi in una condizione di evidente disagio esistenziale, i personaggi sbilanciano il film con un senso di rassegnazione che offusca tutto il resto. E' come sè il segno dei tempi, presente nella luce metafisica e malata che illumina la camera da letto in cui giacciono i giovani innamorati, nella patologia (i valori del tasso glicemico che superano la soglia di rischio) che impedisce la fuga nei piaceri della carne e persino nella negazione del lutto che trasforma la memoria dei defunti in un gesto di cui vergognarsi (a causa di un equivoco la defunta viene esumata nella tomba sbagliata e la famiglia è costretta a pregarvi di nascosto), finisse per annullare quelle componenti di spensieratezza e divertimento che in un film del regista romano dovrebbero essere la specialità della casa e che invece finiscono per far rimpiangere la semplicità senza ambizioni delle opere che ne hannp preceduto la comnsacrazione.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

visto questa sera, non è poi così brutto come pensavo. tralasciando la prima puntata che non mi ha divertito più di tanto, le altre sono belline, specialmente la terza. questa lo ho vista vedendo i cambi di ruolo nella società attuale, grazie al primo fattore che è la televisione. la prostituta da alto borgo e la piccola borghese che sogna di diventare una alta borghese. vediamo se la mia tesi sussiste:a verona ho notato che le persone che frequentano il centro sociale provengongono quasi tutte da famiglie ricche o benestanti, invece quelli che la domenica pomeriggio si fanno le vasche nella via più importante sono operai con stipendi di mille euro scarsi, vestiti firmati e votano pdl. questo ho visto nel terzo episodio il capovolgimento delle classi o finto unificamento. nel secondo mi è piaciuto molto la domestica che invitava tutti a fuggire dalla casa come fosse un film dell'orrore. il mio voto personale a questo film è sei.

Anonimo ha detto...

Concordo. Non solo a Verona, purtroppo. La tua riflessione fa il paio con quella (per me indimenticabile)di Miglio (lui si dimenticabile) che grosso modo recitava così: " i cafoni del sud troveranno chic votare per Berlusconi",(a scanso di equivoci, sono meridionalissimo) allo stesso modo, ora le classi economicamente più umili ed emarginate trovano chic fare le vasche in centro o peggio ancora dare ai figli nomi improbabili giusto per imitare gli idoli tv (il nome dei Totti jr. è l'esempio più clamoroso). da qualche tempo la mia lettura preferita è il giornaletto della parrocchia dove è riportato il resoconto dei battesimi e non è raro imbattersi in nomi quali: MAICOL (si scritto così) oppure SCION (anche questo scritto così). mah...Fabrizio

Anonimo ha detto...

Fantastico
nickoftime