Mr Long
di Sabu
con Chen Chang, Shô Aoyagi, Yiti Yao
genere, drammatico
durata, Giappone, Germania, Cina, Taiwan, 2017
Kaohsiung, Taiwan. Il Famoso mercato notturno di Liuhe a fare da cornice alla notte di un giorno qualunque: un mix di sapori ed etnie dove perdersi guidati dai propri sensi in mezzo al caos delle luci della città.
Sulla strada principale gli ambulanti scolano e friggono le specialità appartenenti alla propria cultura culinaria, mentre nel retro di un magazzino una banda di rapinatori attende con ansia (ed invano) l’arrivo dell’ultimo componente per dividersi il bottino.
Inizia così il film “Mr. Long” del regista Sabu, una pellicola emozionante, un viaggio all’interno dell’animo dei due protagonisti: il killer Long (interpretato dall’ottimo Chang Chen), sicario silenzioso al servizio della malavita taiwanese, e la giovane Lily, ex prostituta, tossica e madre del piccolo Jun, personaggio fondamentale che fa da collante fra i due principali filoni narrativi.
A creare le giuste condizioni, come spesso accadrà per tutta l’opera, è un evento spiacevole ed inatteso. In questo caso il sicario è costretto a scappare dal Taiwan dopo un lavoro andato male dal quale ha rischiato più volte di rimanere ucciso, e trova rifugio in paesino abbandonato del Giappone. A salvare la vita del protagonista è la curiosità di Jun, bambino altruista ed instancabile lavoratore, che con il supporto della comunità locale aiuterà il killer ferito a ricostruirsi una nuova vita. Long viene così accolto da questa famiglia con la classica concezione orientale di ospitalità dove tutti fanno il possibile per dare una nuova opportunità al forestiero, il quale si riscoprirà cuoco per i suoi nuovi amici e padre per il piccolo. L’arrivo del sicario nella piccola e monotona cittadina è uno spiraglio di luce per quest’ultimo, una figura apparentemente abbandonata a sé stessa senza un padre e con la madre bloccata a letto schiava dalla droga, ma che troverà in Long un’ancora di salvezza, un porto sicuro dove poter sostare nei momenti di maggiore difficoltà.
È un lavoro preciso e minuzioso quello del regista giapponese, dove anche le scene di azione vengono svolte in stile “minimal” per dare maggior voce (anche se in questo caso le parole vengono usate pochissimo) ai soggetti e porre l’enfasi della scena sul loro modo di essere e sulla loro storia.
Il film che ne esce fuori è una sorta di saggio sociologico sull’amicizia e sull’affetto, con lunghi e toccanti spezzoni di accoglienza e di amore contrapposti a scene che mettono in risaluto gli aspetti più crudi e malvagi dell’essere umano.
E così lo spettatore finisce inevitabilmente per emozionarsi insieme ai protagonisti, trascinato in questo maremoto narrativo dove le onde degli imprevisti invertono di continuo la corrente e sovrastano tutto ciò che incontrano…un po’ come la vita, imprevedibile, che tutti colpisce e che nessuno salva.
Lorenzo Governatori
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