Camorra
di Francesco Patierno
Italia, 2018
genere, documentario
durata, 70'
Prima di entrare nel merito del nuovo lavoro di Francesco Patierno vale la pena soffermarsi sull'etimologia del sostantivo che dà il titolo all'opera. Per chi non lo sapesse infatti il termine in questione è la conseguenza del passaggio semantico che serve a trasformare i significati di vizio e malaffare collegati al nome della città biblica di Gomorra in quelli di delinquenza e malavita insiti nel termine voluto dal regista per il suo film. Quella che sembrerebbe una semplice disquisizione è invece l'indizio del punto di vista dell'autore, il quale, scegliendo di spogliare la fenomenologia malavitosa delle leggende che ancora oggi continuano a fiorire intorno a tale fenomeno decide di affrontarlo tornando alle origini della sua nascita, mettendo ancora una volta al centro dell'indagine - dopo "Naples '44" - l'osmosi esistente tra le caratteristiche socio culturali proprie del capoluogo campano e le condizioni di vita dei suoi abitanti meno abbienti e fortunati. In realtà, rispetto alle scene di umana disperazione raccontate da Lewis, poco sembra essere cambiato se è vero che anche il pittoresco connesso con la capacità tutta locale di fare di necessità virtù vent'anni dopo si è trasformata in un pragmatismo che lascia poco spazio alla fantasia.
Così, se l'arrivo degli alleati, oltre a segnare l'inizio della libertà, portava con sé problemi di ordine morale che riguardavano soprattutto il bisogno di salvaguardare la propria onorabilità di fronte alle lusinghe dei nuovi "salvatori", negli anni 60 la situazione è completamente cambiata: la lotta per il controllo del contrabbando internazionale, l'affrancamento dalla Mafia siciliana e dal Clan dei Marsigliesi e, ancora - negli anni 80 - , la fondazione della cosiddetta Nuova Camorra Organizzata, vedono un innalzamento del livello di violenza che trasforma le strade della città in un vero e proprio campo di battaglia. Di questo, il film di Patierno dà testimonianza senza ricorrere a facili stereotipi e lasciando che a parlare siano da una parte il degrado ambientale in cui si svolge la "mattanza", dall'altra, in un rapporto di causa effetto con quest'ultima, le persone, soprattutto bambini, che per primi ne sono vittime. Senza dimenticarsi di personaggi storici come Pupetta Maresca che ammazza il boss che gli ha ucciso il marito, e soprattutto Raffaele Cutolo, capace di trasformare la Camorra in un'industria del crimine, al regista interessa soprattutto trovare conferma della tesi a proposito dell'assuefazione al male del popolo napoletano, storicamente incapace di ribellarsi allo status quo voluto dalle classi dirigenti nel corso dei secoli. Le disinibite testimonianze dei baby criminali convinti (dagli adulti) che i soldi siano più importanti della vita umana, ma anche l'emergere della responsabilità di questi verso coloro - soprattutto i famigliari - che li mandano al macello, risultano più efficaci di qualsiasi altra cosa nel trasmettere il sentimento di ineluttabilità che attraversa la condizione di queste persone.
Dovendosi confrontare con un argomento che in qualche modo conteneva caratteristiche rintracciabili tanto in "Naples 22" quanto in "Dva!", per i riferimenti letterari e spettacolari che da sempre appartengono alla narrazione del fenomeno camorristico, Patierno evita di cadere nelle trappole della retorica da un lato riproponendo il dispositivo messo a punto nei lavori precedenti, e quindi facendo del suo documentario un atto di pura creazione, derivata in parte da un montaggio (delle immagini di repertorio) fatto di raccordi e assonanze non sempre esplicite e da un utilizzo straniante del commento musicale (di Meg, che oltre a cantare è anche la voce narrante) modulato su sonorità che talvolta sono più moderne rispetto al contenuto delle immagini; dall'altro, cercando di mantenere il film in un alveo di realtà e concretezza pari a quella dei personaggi che la popolano, e perciò, evitando di ricorrere alle astrazioni altrove necessarie per rendere una materia altrimenti volatile.
Come già capitato, a sorprendere nel cinema di Patierno è la capacità di lavorare sullo sguardo dello spettatore che si ritrova nella condizione di guardare a ciò che già conosce come fosse la prima volta. L'effetto è straniante, a tratti destabilizzante per le nostre sicurezze. Senza entrare in competizione con la popolarità di certe serie televisive di cui "Camorra" rappresenta comunque un contraltare, il film di Patierno smentisce lo stereotipo per cui di certi argomenti si è già detto tutto. Dopo aver visto il film la penserete diversamente al contrario.
Come già capitato, a sorprendere nel cinema di Patierno è la capacità di lavorare sullo sguardo dello spettatore che si ritrova nella condizione di guardare a ciò che già conosce come fosse la prima volta. L'effetto è straniante, a tratti destabilizzante per le nostre sicurezze. Senza entrare in competizione con la popolarità di certe serie televisive di cui "Camorra" rappresenta comunque un contraltare, il film di Patierno smentisce lo stereotipo per cui di certi argomenti si è già detto tutto. Dopo aver visto il film la penserete diversamente al contrario.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su ondacinema.it)
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