Bones and all
di Luca Guadagnino
con Timothée Chalamet,
Taylor Russell, Mark Rylance
USA, UK, 2022
genere: drammatico,
horror
durata: 130’
Si potrebbe dire che Luca
Guadagnino ci abbia preso gusto. A dirlo è la scelta di continuare laddove
aveva smesso, girando un film come "Bones and All" che ha più di un
punto in comune con "Suspiria", a partire dal fatto di essere stato
invitato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Per parlare del suo
nuovo film la cosa migliore sarebbe quella di rivelare il meno possibile
riguardo alla storia, lasciando allo spettatore il piacere di essere preso in
contropiede dalla sequenza che da il là alla vicenda trasformandola in quello
che nessuno si aspetterebbe (almeno per coloro che non hanno letto l’omonimo
libro di Camille DeAngelis, da cui è tratto il lungometraggio). Quello che a
prima vista sembrerebbe un teen movie esistenziale si trasforma quasi subito in
qualcos’altro. A Guadagnino serve poco per sviarci: qualche immagine di
ambientazione scolastica, il dialogo fitto tra due compagne di banco e un
immaginario adolescenziale sufficiente a costruire un mondo chiuso destinato a
deflagrare con un impeto d’amore che lascia spazio al dolore. Condizioni
antitetiche, quelle appena dette, che del nuovo film di Guadagnino diventano lo
sfondo ineludibile in cui si compie il destino di Maren e Lee, ribelli senza
causa disposti a lasciarsi indietro la marginalità delle loro vite nel
tentativo di essere felici. Se quella di Guadagnino è innanzitutto la storia
d’amore tra i personaggi interpretati da Taylor Russel e Timothée Chalamet,
"Bones and All" è molte cose insieme perché il regista italiano non si
limita ad argomentare i sentimenti secondo i gusti del neo-melò, ma amplia gli
orizzonti aprendosi alla commistione dei generi nella maniera in cui lo fa
molto cinema d’autore contemporaneo.
Qui il primo aspetto che
salta all’occhio è la gestione degli opposti intesi sia in senso formale sia in
senso drammaturgico, laddove lasciando spazio tanto alla componente horror che
a quella sentimentale nella maniera inaugurata dalla saga di "Twilight"
(anche se la messa in scena di Guadagnino punta a un realismo che il film di
Catherine Hardwicke non ha) il regista trova il punto di equilibrio nel far
combaciare l’istinto famelico dei giovani protagonisti - dovuto alla natura
cannibale, metafora di altri disagi e dipendenze - con le pulsioni di una
sessualità che ha paura a manifestarsi (l’unione fisica dei corpi di Lee e
Maren se c’è rimane fuori campo) e che dunque trova nella liturgia omicida la
sua compensazione. Allo stesso modo, pur non mancando di scene cruente (viene
in mente quella che vede i nostri coinvolti in un corpo a corpo finale, con il
personaggio interpretato da Mark Rylance), "Bones and All" ci
consegna una versione di Guadagnino più misurata, pronto a lambire il limite
del verosimile senza mai superarlo come invece succedeva in
"Suspiria", con la considerazione che rispetto alla maggior parte
degli horror giunti in sala "Bones and All" non si risolve nella
compiaciuta esibizione del bagno di sangue, attraversato com’è da una tensione
costante e da un senso di pericolo in grado di far trepidare lo spettatore per
la sorte dei protagonisti.
Arrivato al suo settimo
lungometraggio di finzione, Guadagnino filma uno dei suoi film più personali
facendo delle inquietudini della provincia americana il terreno ideale per
alcuni degli elementi cardini della sua poetica. A cominciare dal tema della diversità,
qui come altre volte vissuta come occasione di unione e condivisione e senza
dimenticare l’importanza del paesaggio. Anche in "Bones and All",
infatti, i personaggi vi sono immersi trovando accoglienza e ristoro dalle
proprie pene. Come dimostra la sequenza conclusiva, imperitura nel dichiarare
la forza di un amore capace di andare oltre il contingente. Taylor Russell e il
più acclamato dai fan, Timothée Chalamet, sono bravi a tratteggiare
l’instabilità emotiva dei rispettivi personaggi, soprattuto quando si tratta di
farne emergere le fragilità all’interno di un contesto che ne caratterizza la
determinazione predatoria. Per chi scrive "Bones and All" si piazza
tra i film in odore di Leone d’Oro.
Carlo Cerofolini
(recensione pubblicata su ondacinema.it)
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