Padre Pio
di Abel Ferrara
con Shia Labouf, Asia
Argento, Brando Pacitto
Italia, Germania, 2022
genere: drammatico,
biografico
durata: 104’
Abel Ferrara presenta a
Venezia un film per il quale l’aggettivo “particolare” sembra calzare a
pennello. Questo perché il titolo “Padre Pio” farebbe pensare a un film sulla
figura del santo di Pietralcina e invece la storia decide di virare verso
qualcos’altro lasciando il protagonista relegato a semplice figura di contorno
di un contesto sociale e politico in grado di demolire e distruggere qualsiasi
cosa.
Il Padre Pio interpretato
da Shia Lebouf (che pare essersi anche convertito dopo aver preso parte al
progetto) è una figura marginale nell’Italia della prima parte del ‘900. I veri
protagonisti sembrano essere i popolani e non che si scontrano per problemi
legati, appunto, alla politica, all’economia e simili. Proteste, contrasti e
ribellioni sono all’ordine del giorno, mentre prova a delinearsi la figura di
un santo che sembra essere molto meno santo di quello che si può pensare.
Una figura che risulta,
per certi versi, “incerta” e che non riesce mai a diventare il fulcro della
narrazione, a discapito di quel titolo fuorviante che farebbe pensare all’ennesima
rappresentazione simile alle precedenti già realizzate.
Invece Ferrara punta più
sul contorno e sul modo in cui la figura è mostrata. A lui interessano i
dissensi socio-economici e politici dell’epoca che aiutano lo spettatore a
capire determinate scelte, anche della figura protagonista, o presunta tale.
Per esempio, la scelta di
optare per forti chiaro scuri è sintomatica non solo delle vicende che fanno da
sfondo, ma anche di quella che risulta quasi una figura ambigua. Inizialmente
celato nell’ombra, lo spettatore inizia a vedere Padre Pio a piccoli passi.
Prima deduce che ci sia, poi lo intravede e solo dopo riesce a vederlo davvero.
Sembra quasi che la
storia di Padre Pio, ben interpretato da Shia Lebouf, con grida, lamenti e
preoccupazioni, sia un inserto all’interno del film stesso. Sembra quasi che la
sua storia sia inserita, come una parentesi, all’interno di quella dell’Italia
dell’epoca e che riesca a emergere solamente nei piccoli momenti di pausa.
Non si può definire un
film non riuscito, ma sicuramente si tratta di un’opera che sconvolge lo
spettatore che si aspetta e aspetterebbe tutt’altro. La vita di Padre Pio non
esiste, non viene né accennata né tratteggiata. Quel poco che si vede lo si
comprende grazie a una conoscenza pregressa della figura perché Ferrara, da
questo punto di vista, non mostra e non aggiunge altro.
Altro aspetto, poi, che
colpisce e frastorna il pubblico è la scelta di utilizzare l’inglese come
lingua del film. Una decisione che porta a uno straniamento e che può aiutare a
concentrarsi di più sulla figura del santo, ma non arricchisce la storia che,
anzi, non viene presa nemmeno troppo sul serio e ha come risultato quello che
si potrebbe definire un “falso storico”.
Un film da vedere non nella
“speranza” di conoscere la vita del santo e scoprire qualcosa che i film
precedenti incentrati su di lui non avevano ancora raccontato, ma un film da
vedere con una certa consapevolezza: quella che Padre Pio è soltanto la cornice
di qualcosa di altro.
Veronica Ranocchi
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