giovedì, settembre 15, 2022

VENEZIA 79: PADRE PIO

Padre Pio

di Abel Ferrara

con Shia Labouf, Asia Argento, Brando Pacitto

Italia, Germania, 2022

genere: drammatico, biografico

durata: 104’

Abel Ferrara presenta a Venezia un film per il quale l’aggettivo “particolare” sembra calzare a pennello. Questo perché il titolo “Padre Pio” farebbe pensare a un film sulla figura del santo di Pietralcina e invece la storia decide di virare verso qualcos’altro lasciando il protagonista relegato a semplice figura di contorno di un contesto sociale e politico in grado di demolire e distruggere qualsiasi cosa.

Il Padre Pio interpretato da Shia Lebouf (che pare essersi anche convertito dopo aver preso parte al progetto) è una figura marginale nell’Italia della prima parte del ‘900. I veri protagonisti sembrano essere i popolani e non che si scontrano per problemi legati, appunto, alla politica, all’economia e simili. Proteste, contrasti e ribellioni sono all’ordine del giorno, mentre prova a delinearsi la figura di un santo che sembra essere molto meno santo di quello che si può pensare. 

Una figura che risulta, per certi versi, “incerta” e che non riesce mai a diventare il fulcro della narrazione, a discapito di quel titolo fuorviante che farebbe pensare all’ennesima rappresentazione simile alle precedenti già realizzate.

Invece Ferrara punta più sul contorno e sul modo in cui la figura è mostrata. A lui interessano i dissensi socio-economici e politici dell’epoca che aiutano lo spettatore a capire determinate scelte, anche della figura protagonista, o presunta tale.

Per esempio, la scelta di optare per forti chiaro scuri è sintomatica non solo delle vicende che fanno da sfondo, ma anche di quella che risulta quasi una figura ambigua. Inizialmente celato nell’ombra, lo spettatore inizia a vedere Padre Pio a piccoli passi. Prima deduce che ci sia, poi lo intravede e solo dopo riesce a vederlo davvero.

Sembra quasi che la storia di Padre Pio, ben interpretato da Shia Lebouf, con grida, lamenti e preoccupazioni, sia un inserto all’interno del film stesso. Sembra quasi che la sua storia sia inserita, come una parentesi, all’interno di quella dell’Italia dell’epoca e che riesca a emergere solamente nei piccoli momenti di pausa.

Non si può definire un film non riuscito, ma sicuramente si tratta di un’opera che sconvolge lo spettatore che si aspetta e aspetterebbe tutt’altro. La vita di Padre Pio non esiste, non viene né accennata né tratteggiata. Quel poco che si vede lo si comprende grazie a una conoscenza pregressa della figura perché Ferrara, da questo punto di vista, non mostra e non aggiunge altro.

Altro aspetto, poi, che colpisce e frastorna il pubblico è la scelta di utilizzare l’inglese come lingua del film. Una decisione che porta a uno straniamento e che può aiutare a concentrarsi di più sulla figura del santo, ma non arricchisce la storia che, anzi, non viene presa nemmeno troppo sul serio e ha come risultato quello che si potrebbe definire un “falso storico”.

Un film da vedere non nella “speranza” di conoscere la vita del santo e scoprire qualcosa che i film precedenti incentrati su di lui non avevano ancora raccontato, ma un film da vedere con una certa consapevolezza: quella che Padre Pio è soltanto la cornice di qualcosa di altro.


Veronica Ranocchi

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