L’origine du mal
di Sébastien Marnier
con Laure Calamy, Suzanne
Clément, Doria Tillier
Francia, Canada, 2022
genere: drammatico,
thriller
durata: 125’
Una delle piccole
sorprese di questa Venezia 79 è sicuramente “L’origine du mal”. Il film è
francese ed è stato presentato nella categoria Orizzonti Extra allo scorso
festival del cinema. Laure Calamy è la protagonista indiscussa di un film a
metà strada tra il drammatico e il thriller dove tutto rimane un mistero per
gran parte del tempo.
Lo spettatore entra nella
storia dal punto di vista della protagonista (Stéphane) e pensa di sapere
tutto. O almeno che le cose stiano come la donna afferma. Tramite lei conosce
una ricca famiglia con un’imponente villa sul mare. I membri della famiglia
sono un padre che lei non ha mai conosciuto perché risposato con un’altra
donna, la stessa con la quale vive al momento e condivide gli sfarzi della
villa. Con loro anche due sorelle. Qui Stéphane si trova a vivere, convivere e
avere a che fare con tutte le dinamiche che una famiglia, appena conosciuta,
porta con sé. Con l’andare avanti della narrazione scopriamo, però, altre cose
sulla sua vita come, per esempio, la sua relazione sentimentale. Ma è davvero
tutto come sembra? O ci sono segreti più grandi che si nascondono tra le trame
della vicenda?
Un thriller riuscito
quello francese che, al posto della suspense e dell’adrenalina delle quali sono
carichi i titoli appartenenti al genere, gioca sul disvelamento dei personaggi
e delle loro dinamiche. Un gioco di segreti e sotterfugi che mostrano le
macchinazioni dei personaggi (e di uno in particolare). E l’abilità del regista
Sébastien Marnier sta proprio in questo, nel giocare con lo spettatore, “abituato”
a vedere e conoscere, o almeno a pensare di conoscere, una storia che in realtà
è completamente stravolta. Se vogliamo, seppur labile, si può trovare un
collegamento con un film come “Il silenzio degli innocenti”, nel quale è vero
che vediamo la storia dal punto di vista della giovane agente che deve
investigare sul serial killer cannibale, ma al tempo stesso siamo portati a
fare il tifo anche per il cattivo che ci viene dipinto non come il crudele e
spietato assassino (che in realtà è), ma, grazie ad alcuni dialoghi e a un
gioco di scrittura (il vero genio in questo caso è l’autore dell’omonima opera
letteraria), riusciamo a scovare dell’umanità in lui.
Allo stesso modo anche “L’origine
du mal” gioca su questo fattore. Stéphane è buona o cattiva? Sta allo spettatore
deciderlo e decidere di “schierarsi”.
A fare da cornice al
gioco di sotterfugi ci sono poi dei personaggi di contorno ben caratterizzati, forse
in alcuni contesti un po’ stereotipati, ma comunque in grado di evolversi e
suscitare il giusto interesse nel pubblico.
Un film e un titolo che
fanno riflettere. Sia naturalmente sulla vera origine del male, sia sul male in
generale. Se il susseguirsi delle vicende e la fine effettiva del film fanno pensare
a una certa “origine del male”, la domanda che lo spettatore deve in realtà
porsi è: cosa è male? E perché e in che modo nasce? Solo da qui si può partire
per capire le dinamiche e le azioni di questo film e non solo.
Veronica Ranocchi
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