Tàr
di Todd Field
con Cate Blanchett, Nina
Hoss, Noémie Merlant
USA, Germania, 2022
genere: biografico,
drammatico
durata: 158’
La riuscita di un film
dipende dall’insieme delle singole componenti. Spesso trascurata, una di queste
è la capacità di saper cogliere e poi restituire l’ambiente in cui si muovono i
personaggi. Se alcuni di questi risultano indimenticabili non è soltanto per la
bravura di regista e attori, oppure per la verosimiglianza della ricostruzione
scenica, ma anche per il potere d’attrazione di un mondo, quello in cui
agiscono i protagonisti, capace di vincere la passività dello spettatore
invogliandolo a scoprire l’universo del film. “Master & Commander - Sfida
ai confini del mare” non sarebbe stato la stessa saga marinaresca se Peter Weir
non avesse accettato la sfida di raccontare la vita di bordo permettendo alla
macchina da presa di saturare ogni angolo delle sue favolose fregate. Un film
come “The Company” avrebbe fatto fatica a figurare nella filmografia di un
campione come Robert Altman senza la precisione con cui descrive il mondo della
danza.
La risultante di quanto
detto è tanto più affascinante quanto minore è la conoscenza nel pubblico dello
spazio che si va a descrivere. Come accade per l’appunto durante la visione di
“Tàr”, il nuovo film di Todd Field, con Cate Blanchett nel ruolo della protagonista,
in cui la (finta) biografia della celebre direttrice d’orchestra che presta il
titolo al film diventa occasione per esplorare dal di dentro le dinamiche
interne di un mondo come quello della musica classica, di cui in realtà si
conosce solo il “prodotto” finale. In effetti tutto in “Tàr” procede come il
progressivo disvelamento di un mistero (del personaggio, dell’ambiente e del
rapporto tra le due parti) che in quanto tale resiste a qualsiasi tentativo di
conoscenza. Esemplare in tal senso l’apertura del film e ciò che segue, in cui
il talento di Lydia Tàr viene vivisezionato senza che questo ci renda
comprensibile la protagonista: dapprima ne apprezziamo la sensibilità musicale
attraverso la voce sussurrante le note che accompagnano lo scorrere
interminabile dei titoli di testa. Poi la figura sfuggente, visibile per un
attimo attraverso il cellulare di chi ne sta spiando il sonno; infine la
personalità istrionica, desunta dalla padronanza con cui la donna risponde al
conduttore del talk show che ne celebra il primato artistico, in una delle
sequenze più belle e inaspettate del film, quella in cui la Blanchett articola
le parole con un ritmo e un timbro vocale capaci di trasformare il confronto in
una lunga sessione musicale.
Se il montaggio secco e
veloce elimina qualsiasi raccordo spazio-temporale tra le sequenze in
argomento, confermando l’impossibilità (iniziale) di raccontare la protagonista
oltre l’impressione che di lei ci danno le prime immagini, è tutta la prima
parte di “Tàr” ad essere straniante per la dicotomia esistente fra la
straripante esposizione della protagonista, la cui dominanza è riflessa nella
razionalità architettonica degli interni così come nell’uso di una luce
asettica e priva di contrasti, e la reticenza con cui il film si occupa del
privato della donna. In effetti Field dapprima costruisce il monumento della
sua protagonista poi, nella seconda parte, procede a mostrarne il rovescio della medaglia
(segnalato dalla comparsa di elementi fotografici e architettonici di segno
opposto a quelli di partenza), arrivando a operare sul personaggio una vera e
propria damnatio memoriae, allorché le doti di una predisposizione naturale
fuori dalla norma non riescono più a difenderla dall’avanzare dello scandalo.
Tra questi due antipodi
“Tàr” racconta il potere e le sue conseguenze ma anche i risvolti
dell’ossessione artistica. Field lascia intravedere meglio di altri film il
tortuoso percorso del genio creativo coinvolgendo lo spettatore in un dramma
shakespeariano che non fa sconti a nessuno, capace com’è di affrontare il tema
dell’omosessualità, e più in generale le questione di genere legate alla
sessualità della protagonista, tenendosi lontano dalle sicurezze del
politicamente corretto. Senza dimenticare che “Tàr” non è solo l’ennesima
consacrazione di una Blanchett in versione Marlene Dietrich (la storia si
svolge per lo più a Berlino), giacca da uomo, calzoni neri e sguardo assassino.
“Tar” è infatti un film di attrici che non le sono da meno per la presenza in ruoli
importanti di Nina Hoss (la compagna di Lydia) e di Noémie Merlant (“Ritratto
della giovane in fiamme”, “Parigi, 13 Arr.”) in quello della sua assistente.
Alla Mostra, “Tàr” potrebbe vincere il premio per la migliore attrice e per
quello visto fin qui anche qualcosa in più.
Carlo Cerofolini
(recensione pubblicata su Ondacinema.it)
2 commenti:
Già la presenza nel cast della Blanchett rende questo film imperdibile.
@Tizyana Esatto! Lei è praticamente il film.
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