Un couple
di Frederick Wiseman
con Nathalie Boutefeu
Francia, USA, 2022
genere: drammatico
durata: 64’
A discapito di quanto si
può pensare vedendo questo titolo, l’ultima fatica del documentarista Frederick
Wiseman, ultranovantenne, è quello che si può definire un vero e proprio
monologo.
Nathalie Boutefeu è la
sola e unica interprete del film, in concorso a Venezia 79, che ha collaborato
anche alla stesura della sceneggiatura.
“Un couple” è un film su una lunga relazione tra un uomo e una donna. L’uomo è Leo Tolstoj. La donna è sua moglie, Sofia.
L’intero film si svolge
come fosse un dialogo, ma è in realtà una comunicazione “a senso unico” perché
Sofia parla praticamente da sola. Le parole che utilizza sono naturalmente rivolte
all’altra parte della coppia, solo accennata dalla sceneggiatura, ma mai visibile
in scena, ma è come se fossero indirizzate allo spettatore e a uno spettatore “universale”,
colui che dovrebbe essere veicolo del messaggio in questione.
La scelta di realizzare
un film “statico” è legata al fatto che si riferisce a un colosso della
letteratura che, così facendo, non viene snaturato, ma anzi evidenziato. La
potenza delle parole deve essere ed è superiore alle immagini. Per questo Sofia
si sposta, ma solo dopo aver parlato. E noi non vediamo mai il compiersi di
questo spostamento. La ritroviamo immediatamente dopo in un altro luogo, sempre
“bucolico”, sempre naturale, quasi come a cercare rifugio nel mondo esterno, l’unico
in grado di accoglierla, senza accusarla. Un luogo dove lei si sente protetta,
mentre, contemporaneamente, “inveisce” contro il compagno.
Un film decisamente
particolare, forse quello più particolare in concorso a Venezia 79.
La mano di Wiseman si
nota, forse anche troppo. Da sempre abituato a muoversi nei confini del documentario,
qui prova a fare qualcosa di nuovo e di diverso, pensando e sperando di
applicare la sua conoscenza e la sua esperienza anche al cinema “di finzione”.
In realtà il risultato è un prodotto a metà strada tra i due che, a parte
qualche appassionato del regista e dell’autore e i presenti al festival, non
troverà terreno fertile. Sicuramente rimarrà uno dei film che caratterizzano e
hanno caratterizzato la filmografia del regista ultranovantenne, ma nulla più.
La scelta drastica delle
riprese e del montaggio non favorisce la fruizione di un’opera che avrebbe
potuto rendere più “vicino” un grande, ma “pesante” autore della letteratura.
La fedeltà al proprio
stile vince sull’apprezzamento generale dell’opera. Peccato.
Veronica Ranocchi
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