lunedì, dicembre 14, 2015

HEART OF THE SEA - LE ORIGINI DI MOBY DICK

Heart of the Sea
di Ron Howard
con Chris Hemsworth, Benjamin Walker, Cillian Murphy
Usa, 2015,
genere, avventura, drammatico, azione
durata, 121



Nella ricca filmografia di Ron Howard realtà e fantasia si sono spesso date il cambio nel definire il contesto narrativo delle storie portate sullo schermo dal regista americano. Da “Splash” e “Cocoon” a “Frost/Nixon – Il duello” e “Rush” il passo non è certo breve e anzi sembra fatto apposta per ragionare sull’eclettismo dell’autore che, numeri alla mano, sembra trovare il medesimo consenso sia quando si appropria delle cronache del nostro tempo, rivestite con la stoffa del mainstream vecchia maniera, sia quando, allontanandosi dal mondo reale, lo ridisegna a immagine e somiglianza dei libri delle fiabe. Da questo punto di vista “Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick” può considerarsi una piacevole eccezione perché non c’è dubbio che il misterioso naufragio della baleniera Essex, ricostruito nel libro dello scrittore Nathaniel Philbrick da cui Howard ha ricavato la storia del  film, rappresenti, per i rimandi  alla celebre opera di Herman Melville che nel suo capolavoro trasfigurò in parte gli avvenimenti di quella tragedia, il punto d’equilibrio tra le diverse anime del regista americano.



Ricostruendo la cronaca degli avvenimenti che portarono i marinai della baleniera ad affrontare le ire del gigantesco cetaceo Howard racconta si, un pezzo di storia americana ma lo fa da par suo, ripercorrendola attraverso il mito del romanzo melvilliano, trasfigurato sia nella figura dello stesso scrittore, presente negli inserti che fanno da cornice alla narrazione vera e propria, quelli in cui Thomas Dickerson rievoca gli avvenimenti di cui fu testimone, sia, e qui entra in gioco il cinema, nell’epica fantastico avventurosa con cui vengono descritte le gesta del Capitano Pollard (Benjamin Walker), il comandante della nave e del suo secondo, il signor Chase (Chris Hemsworth) che per coraggio e abilità marinare è destinato a diventare la stella polare del racconto. 



Segnalata dall’iperrealismo cromatico della fotografia e dagli effetti speciali che permettono al progenitore di Moby Dick di sembrare più reale del reale, la componente leggendaria dell’assunto nelle mani di Howard assume le forme di una favola morale in cui gli ideali ambientalisti affermati attraverso la nemesi rappresentata dalla punizione che la balena infligge a chi per motivi di lucro ha osato sfidare le leggi del mare avventurandosi nell’ignoto più profondo, trovano un contraltare meno nobile nella spettacolarizzazione della morte e della violenza a cui il film paga tributo sia quando si tratta di mettere in scena lo scontro tra uomo e natura; sia quando, nel momento della resa – e parliamo del naufragio che decimerà gran parte della ciurma – “Heart of the Sea” mette a rischio la sua incolumità commerciale con un epilogo a tinte forti, fatto di scelte estetiche - volte a illustrare la maniera in cui  i protagonisti riescono a sopravvivere - raramente utilizzate nei film rivolti a un pubblico famigliare. Ed è proprio questa cupezza di fondo, accompagnata a una narrazione fin troppo misurata per i tempi che corrono, a fare del film di Ron Howard un prodotto in un certo senso sfuggente rispetto ai canoni di popolarità che sembrerebbe comunque perseguire. Un’irrisolutezza nondimeno affascinante ma al tempo stesso poco utile alla conquista del botteghino.

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