Kjærlighet (Love)
di
Dag Johan Haugerud
con
Andrea Bræin Hovig, Tayo Cittadella Jacobsen, Marte Engebrigtsen
Norvegia,
2024
genere:
drammatico
durata:
119’
“Kjærlighet
(Love)” di Dag Johan Haugerud, film norvegese presentato in concorso alla
81esima mostra del cinema di Venezia, è parte di una trilogia. Secondo capitolo
di Sex Drømmer Kjærlighet, il film del regista approfondisce uno di questi
concetti, quello dell’amore, dopo aver parlato di sesso nel primo capitolo. E
lo fa attraverso dei dialoghi onnipresenti e densi di significato che aiutano
il progredire della storia più della storia stessa.
Marianne,
una dottoressa pragmatica, e Tor, un infermiere compassionevole, stanno
entrambi evitando le relazioni convenzionali. Una sera, dopo un appuntamento al
buio, Marianne incontra Tor sul traghetto. Tor, che spesso passa lì la notte in
cerca di incontri fortuiti con altri uomini, le racconta di esperienze di
intimità spontanea e di importanti conversazioni. Incuriosita da questa
prospettiva, Marianne inizia a mettere in discussione le norme sociali e si
chiede se tale intimità casuale possa essere un’opzione anche per lei.
Kjærlighet
è parte della trilogia Sex Drømmer Kjærlighet. (Fonte: Biennale)
Con
una scansione temporale che vede il susseguirsi di giornate casuali in un
agosto indefinito, il film è come diviso in capitoli, ognuno dei quali mostra
un’evoluzione della concezione dell’amore nei personaggi.
Fin
da subito sbattiamo contro di loro, contro la realtà e contro una realtà che
loro in particolare, medico e infermiere, ci vogliono mostrare e dimostrare.
Tutto
inizia con un’inquadratura fissa su quello che si scopre essere un paziente al
quale viene diagnosticato un tumore alla prostata. Mentre vediamo il suo volto
interrogativo che non riesce a capire cosa sta succedendo, sentiamo la voce
della dottoressa che spiega la diagnosi. Questo ci introduce all’approccio
dell’intero film: un cambio di prospettiva. Dall’amore, in tutte le sue forme,
in tutte le sue declinazioni e in tutti i suoi generi (le relazioni queer sono
sempre centrali nella trilogia di Dag Johan Haugerud) alla voglia, ogni volta,
di sperimentare un punto di vista differente. E questa prima scena anticipa
quello che poi sarà centrale nel film e nella trilogia.
Addirittura
fa da trait d’union tra il precedente film e questo la spiegazione delle opere
d’arte cittadine che richiamano, secondo la visione di quella che dovrebbe
essere una sorta di “guida” in quel momento, un’idea della sessualità, della
libertà sessuale e dell’amore.
Se
Anna, l’amica di Marianne, ha il compito di instradare lo spettatore in questo
nuovo capitolo, arriva poi subito a farsi da parte nel momento in cui entrano
in campo Marianne e Tor come nella significativa inquadratura sul traghetto che
la pone in disparte, intenta solo ad ascoltare quello che i due dicono.
Il
primo dei tanti dialoghi che i due hanno nel corso dell’intero film e che hanno
poi anche con altri personaggi, in grado di farli dubitare delle proprie
certezze.
Le
parole in Kjærlighet (Love) assumono un significato più importante delle azioni
e la quantità di dialoghi serrati che si alternano nel film ne è la chiara
dimostrazione. Un aspetto significativo, indice anche di un tempo che, senza
parole, senza dubbi, rimane statico, facendo scorrere le giornate senza nemmeno
accorgersene.
Parole
che tagliano come lame e che inducono riflessioni ben più grandi di quanto si
possa pensare, come dimostra il commento, anche un po’ sprezzante, di Anna nei
confronti dell’amica che ha trascorso la notte con uno sconosciuto. A insinuare
il dubbio in Marianne e a farla mettere in discussione diventano quindi le
parole e il giudizio della donna piuttosto che l’azione in sé.
Il
corpo è un campo di battaglia.
E
come tale deve essere pronto ad accogliere, accettare e rifiutare. Perché se in
Kjærlighet (Love) le parole sono centrali, lo è allo stesso modo anche il
corpo, qualunque esso sia. Anche quello di uno sconosciuto o di un paziente che
ha solo bisogno di cure e attenzioni. Amore e corpo sono due binari che
viaggiano in parallelo così come i personaggi di Marianne e di Tor che, seppur
in maniera diversa, cercano di evadere da una normalità e una quotidianità che
stanno loro strette.
Scegliendo direzioni
diverse si ritrovano, però, entrambi confinati in un traghetto che rappresenta
in qualche modo il luogo degli incontri, fortuito o meno, che il destino (o
qualche app di incontri) è pronto a riservare loro, ma anche una critica socioculturale
al modo di approcciarsi e di vedere amore e sessualità nel contemporaneo.
Veronica Ranocchi
(recensione pubblicata su taxidrivers.it)
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