Vermiglio
di Maura Delpero
con Tommaso Ragno, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi
Italia, 2024
genere: drammatico
durata: 119'
Vermiglio di Maura Delpero ha ricevuto il Gran Premio della Giuria a Venezia 2024.
Il
film è al Cinema con Lucky Red dal 19 Settembre.
Non
è una scoperta vedere come il Vermiglio di Maura Delpero sia un’opera già
matura nonostante si tratti della seconda opera di finzione della regista che
vanta, però, una carriera ventennale dietro la macchina da presa. Maura Delpero dimostra grande coraggio e
soprattutto grande padronanza del mezzo cinematografico che utilizza
sapientemente come una vera e propria veterana.
Vermiglio
dimostra, ancora una volta, che il cinema italiano è in grado di raccontare
tanto, in un modo unico.
In
quattro stagioni la natura compie il suo ciclo. Una ragazza può farsi donna. Un
ventre gonfiarsi e divenire creatura. Si può smarrire il cammino che portava
sicuri a casa, si possono solcare mari verso terre sconosciute. In quattro
stagioni si può morire e rinascere. Vermiglio racconta
dell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale in una grande famiglia e di
come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino, essa
perda la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria.
Per
poter parlare di questo film è inevitabile un richiamo al precedente lavoro
della regista trentina, Maternal, dal quale riprende alcuni dei
tratti principali rielaborandoli e mostrandoli da un altro punto di vista.
Se
in Maternal, rispetto ai primi titoli non di finzione, la regista
ha la possibilità di portare al centro ed elaborare in maniera più precisa il
tema della maternità, in Vermiglio, che pur non taglia il
cordone che lo lega al primo, sono tempo e spazio i coprotagonisti della
vicenda.
Aprendosi
nel silenzio e mostrando lo sterminato paesaggio che si stende davanti agli
occhi dello spettatore e a quelli dei protagonisti, la Delpero ci
mette subito di fronte al fatto compiuto: quella che vedremo sarà una storia
semplice eppure complessa, dalla quale riuscire a trarre insegnamenti così come
i bambini e gli adolescenti del paese tentano di fare seguendo le lezioni di un
maestro progressista o presunto tale.
Un
mondo naturale, rurale e contadino, quello che Maura Delpero descrive
e mostra in Vermiglio, ma anche un mondo che cerca di andare
avanti nonostante la guerra che continua a incombere. Come i suoni degli
animali e della natura rompono improvvisamente il silenzio, così anche tutte le
conseguenze della guerra (e non solo) arrivano all’improvviso e colpiscono
senza fare distinzioni. Eppure la guerra non è colpa di nessuno. Ma
anche senza colpe ha ripercussioni inevitabili. E la famiglia Graziadei ne è la
dimostrazione.
Apparentemente
una storia semplice: una famiglia che cerca di sopravvivere nel suo paesino di
pochi abitanti. In realtà dietro a Vermiglio Maura
Delpero nasconde molta più sensibilità di quanta si possa pensare.
Usando
come tramite, prima l’infanzia e l’adolescenza, poi l’innocenza e l’ignoranza
del mondo contadino, la regista tratteggia quello che è il quadro generale
dell’intero film: la scoperta del mondo, attraverso i legami, l’amore e anche
la sessualità.
Con
un incedere molto lento e delicato, come se il tempo si fermasse o fosse
inesorabilmente bloccato, o meglio congelato, si dipanano le guerre di
tutti coloro che sono rimasti a casa e che devono obbedire o far fronte alle
problematiche che si vengono a creare.
Forse
se fossero tutti vigliacchi non ci sarebbe più la guerra.
Ma
ci sono le ripercussioni che essa porta con sé e che non sono solo il soldato
sopravvissuto che trova un nuovo amore, ma sono anche il condividere momenti,
situazioni e comprendere quale sia la miglior decisione possibile per un futuro
che non si può cambiare.
Quello
che aleggia nell’aria è l’odore della guerra, combattuta dai soldati e vissuta
anche dai comuni cittadini. Una guerra, però, quasi al culmine che segna, oltre
che un momento storico importante per l’Italia e per il mondo, anche un momento
di passaggio, un passaggio da quella che era una sensibilità collettiva vissuta
dalla famiglia intera alle prese con i tanti figli e le tante bocche da sfamare
a una sensibilità individuale, come sottolineano i volti dei personaggi al
termine.
E
fa riflettere il fatto che nel momento in cui l’Italia, e il mondo intero
conseguentemente, trova pace è la famiglia protagonista a perdersi e a non
mantenere come parte di sé quella dimensione intima che fin da sempre l’aveva
caratterizzata.
A
farla da padrone, come anticipato, non è la storia né tantomeno il personaggio,
quanto piuttosto tutto ciò che circonda. Il paesaggio rurale e quello
contadino, con le loro regole, diventano i veri protagonisti della storia dando
modo a Maura Delpero di esprimersi in maniera superlativa nel
suo Vermiglio, quando da uno specchio, quando dal pertugio
di una finestra, quando da altri spiragli a disposizione.
Interessanti
le interpretazioni dei protagonisti, molti dei quali alla prima esperienza,
senza dimenticare un convincente Tommaso Ragno, nel ruolo di
padre-insegnante, ma anche le, seppur brevi, presenze di Carlotta Gamba e Sara
Serraiocco che, in perfetto stile con la storia mostrata, limitano al
minimo le parole, andando ad aumentare quel silenzio quasi magico che aleggia
nell’aria di Vermiglio. Un’aria dove sono le figure
femminili a imporsi, a diventare quel qualcosa che fino a quel momento è solo
rimasto in disparte. E la stessa Maura Delpero ne è la chiara
dimostrazione.
Un’opera completa dove il
non detto dice molto di più delle parole e dove, con qualche intermezzo
semicomico, la responsabilità di un futuro migliore è nelle mani dei più
piccoli.
Veronica Ranocchi
(recensione pubblicata su taxidrivers.it)
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