Experimenter
di Michael Almereyda.
con, Peter Sarsgaard, Wynona Ryder, Kellan Lutz, Dennis .Haysbert.
USA 2015
genere, drammatico
durata, 90'
"Per correggere un difetto, l'uomo preferisce
alla qualità antagonista il difetto simmetrico".
- N.G.Davila -
1961, università di Yale (CT), Stanley Milgram (in aramaico melograno)/Sarsgaard, giovane studioso di scienze sociali conduce, coadiuvato da una piccola equipe,
una serie di esperimenti inerenti il comportamento umano finalizzata
all'indagine dei meccanismi spontanei o indotti che regolano le reazioni
dei singoli di fronte al binomio comando/obbedienza. Contrariamente
all'opinione accademica corrente, scopre ben presto che una percentuale
significativa dei partecipanti - mai inferiore al 65% - risponde ad una
sollecitazione autoritaria con atteggiamento passivo (nonostante
il palese conflitto morale che essa ingeneri): ossia, tende ad
acconsentire all'esecuzione di un ordine ricevuto benché esso,
inequivocabilmente, comporti una punizione (nello specifico: il test messo
a punto da Milgram e dai suoi collaboratori prevede la presenza di due
volontari - uno dei quali, all'insaputa dell'altro, e' membro del gruppo
di ricerca - a cui vengono assegnati i ruoli di insegnante e di allievo e
che, sistemati in stanze attigue prive di comunicazione visiva, vengono
chiamati a seguire uno schema per cui, dati dei quiz a risposta
multipla in cui ciò che conta e' la corretta memorizzazione degli
abbinamenti stabiliti, ad ogni valutazione errata dell'allievo corrisponde l'invio di una scarica elettrica ad intensità crescente da parte dell'insegnante).
Milgram, uomo all'apparenza invisibile, aplomb tolteco (prevale, nel film, la tessitura di un unanime grigiore a
partire dall'insistenza dell'occhio cinematografico sui toni bruni e
sfumati), si dimostra da subito puntuale e inflessibile nella raccolta
dei dati, nel loro studio e successiva analisi ma soprattutto nella
conclusiva elaborazione di tesi poco ortodosse - e quindi mal digerite -
che con certosina perizia arrivano a smontare buona parte delle
convinzioni condivise circa le risposte psicologiche (e le conseguenti
ricadute in termini di azione abitudinaria) dell'uomo animale-sociale a
sollecitazioni legate all'accettazione/diniego di un'imposizione.
Almereyda
si appropria della vicenda di Milgram ripercorrendola lentamente e
secondo le tappe fondamentali che ne hanno caratterizzato il percorso di
scienziato e di uomo, avvalendosi di una gran copia di materiale di
prima mano proveniente dall'attività pubblicistica e cattedratica del
suo protagonista. Minuziose ricostruzioni delle sessioni
dell'esperimento che lo hanno reso - sebbene in modo controverso - noto,
si alternano a scampoli di una vita privata ordinaria (Milgram -
persona in ogni caso dotata di una qual distante ironia - incontra e in
breve sposa Sasha/Ryder, con cui imbastisce un sodalizio tanto umano,
coronato dalla nascita di due figli, che, in parte, professionale, per
via delle prestazioni di collaborazione a latere da lei curate)
ma come sospesa/sacrificata dall'impellenza di una ricerca che giunge ad
interessarsi delle interrelazioni logiche/psicologiche che coinvolgono
gruppi umani sempre più vasti, fino a lambire altri campi di studio -
più o meno affini - che vanno dal comportamentismo, agli approfondimenti sull'origine del conformismo; dalla verifica della teoria dei sei gradi di separazione, alla disamina degl'ingranaggi mentali che stanno alla base della formazione del cosiddetto senso comune, e a produrre rielaborazioni di carattere generale intorno, ad esempio, al principio di stato d'agente,
in base al quale gl'individui di una società complessa, causa il
progressivo restringimento delle capacita' di organizzazione (e
controllo) degli aspetti di un vivere oltremodo composito - a loro volta
strettamente relati ad occupazioni sempre più specialistiche esperite
quasi solo come funzioni di un preciso mansionario; stili di vita
vieppiù routinari; riduzione degli spazi reali d'intervento sulle
dinamiche che stabiliscono le linee d'indirizzo comuni - finiscono quasi
inconsapevolmente con l'assoggettarsi, opponendo, cioè, una resistenza
via via minore, all'autorità.
Secondo
un metodo narrativo prevedibile ma efficace nel sottolineare
l'attitudine analitica di Milgram avvezza ad osservare la realtà tutta
come un immenso campo di applicazione in tensione continua tra
formulazioni teoriche e tentativi sperimentali, costituito, per dire, da
riflessioni e congetture pronunciate direttamente verso lo spettatore,
come dalla presenza di sovrapposizioni fotografiche e fondali posticci
al posto della usuale ripresa dal vero degli ambienti, Almereyda registra i singoli stati d'avanzamento di un intelletto costantemente al lavoro,
arrivando spesso - al termine di sentieri disseminati di grumi di una
sommessa inquietudine - alla pressoché indistinguibile sovrapposizione
tra elaborazione mentale e quotidiano spicciolo, in cui si smarrisce (o
non e' più così netta) la pertinenza degli ambiti di ciascuno. Milgram,
detto in altro modo, progredisce/vive di fronte al nostro sguardo in
relazione diretta alle giravolte della sua indagine, al punto da constatare criticamente
ma fuggevolmente e con l'impassibilità tipica di uno di quei referti
che per un'intera esistenza ha stilato, persino la propria morte,
avvenuta per arresto cardiaco, al termine di un percorso concettuale
parte dei cui assunti alimentano ancora il dibattito di una
contemporaneità tutt'altro che a riparo dalle contraddizioni da esso
sollevate, in un giorno di fine dicembre del 1984.
TFK
Nessun commento:
Posta un commento