Quando arriva nella sala dove è stato appena proiettato il suo ultimo film Danny Boyle ha l’aria di chi sa di aver fatto un buon
lavoro. "In effetti non era facile intercettare un personaggio importante e
controverso come Steve Jobs, la cui vita" - afferma il regista - "fu piena di
successi ma anche di ombre, soprattutto nel privato e in special modo nell'ambito della propria
sfera relazionale. Non a caso i rapporti con le persone, soprattutto con quelle che gli
furono più vicine furono sempre il suo tallone di achille" - conferma Boyle che,
a chi gli chiede se non gli sembra che in qualche modo il suo lavoro corra il
rischio comunque di alimentare il mito del personaggio risponde di non
aver mai pensato a questo tipo di conseguenze ma di essersi concentrato esclusivamente sul
modo di restituire nella maniera più efficace e imparziale la storia e i fatti che lo riguardarono.
Interpretato da Michael Fassbender nel ruolo del protagonista e da Kate Winslet
in quello della sua fedele assistente, “Jobs” può contare sulla sceneggiatura
di Aaron Sorkin, diventato celebre per aver firmato gli script di
“Moneyball” e di The Social network”. "Aaron" - dice Boyle - "ha
scritto una
sceneggiatura diversa da quella che solitamente mi capita di leggere
perché in
questo caso si trattava di girare sulla base di un copione di circa
duecento
pagine, composto per la maggior parte da dialoghi fittissimi e da
descrizioni
molto dettagliate sull’ambiente e i personaggi" - che poi aggiunge -
“Più che al teatro come
potrebbe far pensare la scelta di girare in interni ho
cercato di rifarmi a un linguaggio cinematografico il più possibile
cinematico che mi permettesse di esprimere, attraverso il continuo
movimento del protagonista, perennemente in moto da uno spazio, la sua volontà di mantenere il controllo sulle cose e di
rendere visibile in che maniera questa ossessione finisse per alienarlo
da famigliari e colleghi".
Se "Jobs" non sottrae il suo personaggio alle contraddizioni meno piacevoli
della sua esistenza, sottolineandone per esempio l’incapacità a rapportarsi con
la figlia oppure a condividere con gli altri, e per esempio con l’amico e
collega Stephen Wozniak interpretato da Seth Rogen, i meriti legati alla
rivoluzione tecnologica dei prodotti Apple, è pur vero
che il film ne
sottolinea anche il carisma, la visionarietà e l’incredibile successo.
“La
personalità di Steve Jobs, con i suoi alti e bassi così come il suo
percorso
esistenziale fornivano alla storia un materiale drammaturgico di per sé
affascinante,
che in qualche modo avvalora il mito del genio bello e maledetto”
afferma Boyle che poi si affretta ad aggiungere “ questo non vuol dire
che personalmente condivida questa tesi anzi io voglio continuare a
pensare che si possa essere straordinariamente creativi e al tempo
stesso buoni e giusti”.
E a proposito dei tentativi della moglie di Jobs di opporsi
alla realizzazione del film il regista è
categorico “ si è vero, e anzi aggiungo che molte delle persone
che avevo interpellato hanno rinunciato al film proprio a causa della
pressioni esercitate della moglie di Jobs . Da parte mia posso dire che
in passato mi è capitato di rinunciare a un progetto per motivi più o
meno simili ma in questo caso c’era di mezzo una biografica autorizzata,
da cui il film è stato tratto, che costituisce una sorta di unicum
in quanto Jobs per la prima volta nella sua vita decise di lasciare
totale libertà a chi la scrisse, rinunciando a qualsiasi tipo di
controllo o condizionamento.Da qui la convinzione che il film andava
comunque fatto perchè raramente accade che di una persona così
importante si possa parlare con la sincerità offertami dal materiale di
cui disponevo".
Nessun commento:
Posta un commento