La felicità è un sistema complesso
di Gianni Zanasi
con Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston
Italia, 2015
genere, commedia, drammatico
durata, 117'
Sarà per il suo modo di intendere il cinema che lo ha
portato a centellinare le sue regie, sarà per il tono minimale delle storie che
racconta, fatto sta che Gianni Zanasi non sembra essersi spostato di un
millimetro da quella freschezza un po’ ingenua che ne aveva caratterizzato gli
esordi e che ancora oggi, alla vigilia dell’uscita del suo nuovo film ci
spingono ad annoverarlo tra le file degli autori del nuovo cinema italiano
nonostante il regista emiliano sia attivo sin dal 1995, anno che lo vide per la
prima volta sulla scena con “Nella mischia”. A conti fatti “La felicità è un
sistema complesso” presentato in anteprima al festival di Torino, conferma queste premesse non solo perché
a figurarvi nel ruolo del protagonista Enrico Giusti è Valerio Mastandrea che
sull’understatement e sulla spontaneità delle sue
interpretazioni ha costruito l’intera carriera ma anche per la presenza di una
serie di luoghi tipici del cinema di Zanasi che spingono la storia dalle parti
di una leggerezza esistenziale che nei film del regista diventa l’antidoto per
superare le difficoltà della vita.
Che,
nel caso del film in questione sono la conseguenza di un lavoro che
mette a dura prova l’equilibrio psicologico del
protagonista, deciso a farsi promotore di un capitalismo etico e
illuminato attraverso l’attività di intermediario tra lo studio per cui
lavora e quella
parte di imprenditori meno illuminati di cui si guadagna l'amicizia
necessaria per convincerli a farsi da parte. A metà strada tra uno psicologo e un
consulente finanziario, Enrico entra in crisi quando l’azienda gli commissiona
di licenziare Filippo e Camilla, eredi di un patrimonio industriale che i
due ragazzi, rimasti improvvisamente orfani, intendono amministrare
salvaguardando i diritti dei propri lavoranti.
Avendo
come filo conduttore i tentativi del protagonista di
guadagnarsi la fiducia dei due ragazzi, “La felicità è un sistema
complesso”
trova il modo di aggirare la linearità della trama allargando il suo
sguardo ad un altrove scaturito dalla bellezza del paesaggio naturale,
chiamato nella sua armonica purezza a fare da contrappunto al disordine
esistenziale dei personaggi; oppure, affidandosi ai lunghi
stacchi musicali, di trovare il modo per trasfigurare fatti e situazioni
che quasi sempre finiscono per aprirsi a significati che vanno oltre la
contingenza.
Così facendo il film di Zanasi si svuota degli elementi
del reale per assumere
la forma di una favola filosofica e surreale in cui oltre ai dilemmi esistenziale
di
Enrico, chiamato a fare i conti con una passato che non riesce a
lasciare
andare e con un presente irrisolto e contraddittorio, entrano in gioco
le motivazioni di chi gli sta accanto e di Elisa (l'attrice Hadas Yaron,
già interprete di "La sposa promessa") in particolare, la ragazza del
fratello a cui Enrico si
ritrova a fare da balia, la cui presenza è più che altro lo
stratagemma usato dalla sceneggiatura per disinnescare i mascheramenti
psicologici di di cui l'uomo si serve per legittimare il suo operato. Se
i conti tornano
solo in parte, con personaggi che si perdono nel nulla e altri che non
riescono a diventare tali, il lungometraggio ha una tale libertà
creativa e una dose di umanità così contagiosa da diventare una panacea
per chi lo guarda. Per dirla con le parole del regista Pietro Marcello,
"La felicità è un sistema complesso" è cinema che fa stare bene.
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