venerdì, novembre 27, 2015

RICOMINCIO DA TRE

Ricomincio da tre
di Massimo Troisi
con Massimo Troisi, Lello Arena, Fiorenza Marchegiani, Marco Messeri, Renato Scarpa, Laura Nucci
Italia, 1981, di nuovo al cinema, restaurato, 23-24 novembre 2015
genere: commedia 
durata: 110'


Il giovane Gaetano vive a San Gregorio a Cremano insieme alla famiglia e alle amicizie di sempre. Quando capisce che anche per lui è arrivato il momento di cambiare aria, decide di fare le valigie e trasferirsi presso la zia a Firenze. Qui incontra Marta, giovane infermiera col pallino della scrittura, per la quale nasce un interesse ricambiato. A movimentare le sue giornate si uniscono un parroco intimo della zia, Frankie, e il suo vecchio amico Lello, che lo raggiunge in città.
Ricomincio da tre è tornato sul grande schermo, nella versione restaurata dal Centro sperimentale di Cinematografia e distribuita in sala da Microcinema, il 23 e 24 novembre. 
Dopo più di un trentennio la voce di Lello che chiama a squarciagola Gaetano torna tra i palazzi puntellati della Napoli terremotata dagli anni '80.
Questa pellicola ha segnato la carriera di Troisi e la storia della comicità napoletana, sempre più lontana dalla commedia dell'arte, con lui più vicina ai tormenti innescati dalla vita cittadina e dal rapporto tra i sessi, stravolto dall'emancipazione della donne. Con lo sguardo attento alla società italiana post-sessantottina e l'intento di stravolgere luoghi comuni, Troisi scrive, interpreta e dirige una storia personale, ricca di nevrotici da Istituto di igiene mentale e relazioni complesse, come quella che il timido e ingenuo ragazzo del sud instaura con l'emancipata e intraprendente Marta.
Dando voce alle paure degli uomini e alla forza delle donne, con la sua poetica popolare e la verve partenopea che si spinge ben oltre il dialetto e la mimica capace di improvvisazioni dirompenti, elevandosi oltre le risa, il regista guadagna fama e popolarità, con il sorprendente esordio della Factory Film.
Fulvio Lucisano, produttore insieme a Mauro Berardi, vide Massimo Troisi al Teatro Tenda e se ne innamorò al punto da convincerlo a curare la regia del film, che l'attore napoletano voleva affidare a terzi, e da garantire egli stesso il guadagno alle sale nel caso di mancato incasso. Era una scommessa. Troisi all'epoca era già noto al grande pubblico grazie al trio comico La Smorfia - insieme a Lello Arena e Enzo Decaro - che si era fatto strada in televisione grazie a varietà come Non Stop, tra il '77 e il '79, e Luna Park, ancora nel '79. Come sempre per chi passa dalla formula breve del cabaret a quella del lungometraggio, il rischio era che gli sketch non funzionassero con altrettanta efficacia. Inoltre bisognava vincere quello scetticismo secondo cui il linguaggio di Troisi, così prossimo all'idioma napoletano, non venisse adeguatamente compreso e apprezzato a nord di Roma. Il pericolo venne evitato ricorrendo all'espediente di ripetere più volte le battute, il che funzionò bene anche come motore dell'elemento comico. Infine il film venne portato nelle sale e la sfida fu vinta. Girato in sei settimane, tra Napoli e Firenze, e costato 450 milioni di lire, Ricomincio da tre incassò 14 miliardi, ottenendo un successo senza precedenti e battendo al botteghino italiano persino Star Wars: Episodio V - L'Impero colpisce ancora. Vinse due David di Donatello, quattro Nastri d'argento e una decina di altri riconoscimenti, mise d'accordo critica e pubblico e diede nuova linfa alla commedia italiana che in quegli anni viveva un periodo di stallo. 


Nonostante l'assistenza alla regia di Umberto Angelucci, già aiuto regista per Pasolini e Petri, il film risente di una certa povertà drammaturgica e di messa in scena, i personaggi non fuggono la macchietta e i tempi sono quelli del teatro e non ancora del cinema. L'originalità del primattore tuttavia era tanta e tale da distogliere l'attenzione sulle debolezze del suo linguaggio cinematografico. Come già nella Smorfia, Troisi continua nell'opera di scardinamento degli stereotipi che gravavano sulla cultura partenopea offrendosi come rappresentante di quella Napoli  portata alla ribalta dal teatro di Annibale Ruccello, dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare e dagli altri che contribuirono in modo filologico a quest'opera di rinnovamento.

Il film segna anche l'inizio di un sodalizio artistico con Pino Daniele che, qui e in altre occasioni (Le vie del signore sono finite, Pensavo fosse amore invece era un calesse), si fa interprete di quella vena malinconica che sempre in Troisi fa da controcanto alla risata, dando alla sua comicità un segno inedito. Morando Morandini parla di «fantasia nevronapoletana e invenzioni seicentesche», Gian Piero Brunetta di «felice intergamia del Pulcinella con la maschera del Pierrot lunare». Come poeta era troppo indolente per non vedere il comico e come comico era troppo indolente per lasciar vincere la risata. La sua resta una comicità umile, ispirata e proletaria, che si rifugia nel surreale come via di fuga da una realtà che ha attraversato quasi senza toccare, ma profondamente toccandoci.
Riccardo Supino

 

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