Salò o le 120 giornate di
Sodoma
di Pier Paolo Pasolini
con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Aldo Valletti
Italia, 1976
genere, drammatico
durata, 126'
di Pier Paolo Pasolini
con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Aldo Valletti
Italia, 1976
genere, drammatico
durata, 126'
Quattro signori, il Duca, il
Monsignore, Sua Eccellenza e il Presidente, al tempo della Repubblica Sociale di Salò si
riuniscono in una villa con 4 ex prostitute, ormai non più giovani, e un gruppo di giovani
maschi e femmine catturati con rastrellamenti dopo lunghi appostamenti. Nella villa i
Signori per 120 giorni potranno assegnare loro dei ruoli e disporre, secondo un
regolamento da essi stessi stilato, in modo assolutamente insindacabile, dei loro corpi.
La struttura del film è divisa in 4 parti: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda
e Girone del Sangue. Dopo la Trilogia della vita (Il Decameron, I racconti di
Canterbury, Il fiore delle Mille e una Notte), Pasolini sente la necessità di
affrontare un'opposta, tragica lettura dell'uso della sessualità. Questa volta,
ispirandosi all'opera del marchese De Sade, condanna il potere di ogni tempo,
non solo quello fascista.
"Ora tutto si è
rovesciato. Primo: la lotta progressista per la democratizzazione espressiva e per la
liberalizzazione sessuale è stata brutalmente superata e vanificata dalla decisione del potere
consumistico di concedere una vasta (quanto falsa) tolleranza. Secondo:anche la
"realtà" dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa
dal potere consumistico: anzi, tale
violenza sui corpi è diventato il dato più macroscopico della nuova epoca umana. Terzo:
le vite sessuali private (come la mia) hanno subìto il trauma sia della falsa
tolleranza che della degradazione corporea, e ciò che nelle fantasie
sessuali era dolore e gioia, è
diventato suicida delusione, informe accidia". Così si
esprimeva il regista in un suo
testo del 1975, pubblicato postumo.
Rilette oggi, queste sue parole assumono un valore
chiarificatore sugli intenti di un film che cerca lo scandalo e insiste sui particolari più
turpi. Nonostante la motivazione, la reazione non si è fatta attendere: si voleva far
scomparire per sempre l'opera dalle sale. Proiettato a Parigi per la
prima volta a 20 giorni
dall'uccisione del suo autore, il film subì sequestri e dissequestri, ma la sua libera circolazione
fu sancita solo dieci anni dopo. Il degrado delle mura entro il cui perimetro
si svolgono le azioni ci mostra, grazie al mirabile apporto dello scenografo
italiano Dante Ferretti, non solo i segni lasciati dal tempo sull'edificio, ma
anche, e soprattutto, quelli ben più significativi di un disfacimento acui
sembra impossibile porre rimedio. Quello di Pasolini si pone come un grido di
allarme disperato. La mercificazione dei corpi e del sesso sarebbe divenuta,
negli anni successivi, sempre più invasiva sotto le mentite spoglie di una
apparente libertà. Da parte di alcuni si è voluto leggere il film come una
sorta di testamento di Pasolini alla ricerca della morte, ma si tratta, di fatto, di una
lettura a posteriori e non necessaria per comprenderne la forza dirompente di
un requiem per una civiltà che ormai non è più tale. Salò può sembrare
monotono, ripetitivo, a suo modo didascalico, e moralistico come, necessariamente,
diventa una rappresentazione che cerchi di ricalcare la struttura dell’inferno.
In tutto il film prevale un
unico organo genitale: il fallo. La supremazia del fallo è propria della fase evolutiva che Freud
chiama fallica. I personaggi sembrano fissati a questo stadio, nel quale il bambino
non conosce ancora la differente costruzione dei sessi.Questa immaturità è confermata
dal fatto che nel film non vi è conclusione, così come avviene nella realtà in ogni
forma di sessualità perversa o deviata nell’oggetto. In Salò soggettivo e oggettivo,
in precedenza tenuti separati nell’intera produzione filmica pasoliniana, si ricompongono
come una massa compatta, senza alcuna possibilità diriscatto e, ancor meno, senza
alcuna sublimazione. Infatti, esso segna un autentico taglio epistemologico.
Non più il mondo da un lato e la coscienza infelice dall’altro, bensì una
scrittura che abbraccia tutto, i dettagli e l’insieme, che, metaforicamente,
rimuove ogni speranza, implicando tutti nel tetro universo che descrive e che
preclude un qualunque alibi e conforto.
Riccardo Supino
1 commento:
Pasolini: genio pervertito, genialmente pervertito, genio della perversione ... Questo film porterebbe a pensare di eliminare in assoluto la parola genio e lasciare solo il resto...
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