Il ragazzo e l’airone
di Hayao Miyazaki
Giappone, 2023
genere: animazione, fantastico
durata: 124’
Una favola. L’ennesima
favola di Hayao Miyazaki.
Anche a 83 anni il
regista giapponese, fondatore dello studio Ghibli, continua a impressionare e
affascinare il suo pubblico. Stavolta con una storia semplice e complessa al tempo
stesso.
Nella Tokyo del 1943
assistiamo, attraverso immagini e richiami alla Guerra del Pacifico. In quel
periodo il dodicenne Mahito Maki perde la madre durante l’incendio di un
ospedale. L’anno successivo il padre del ragazzo si risposa con Natsuko e si
trasferisce in campagna, nella tenuta della donna anche per allontanarsi dalla
guerra. Qui Mahito fa fatica ad ambientarsi e soffre per questo nuovo legame
tra il padre e la donna, in dolce attesa. Tutto cambia quando, un giorno, decide
di inseguire un misterioso airone che lo porta vicino alle rovine di una torre
abbandonata che, in seguito ad altre vicissitudini, lo farà entrare in contatto
con un mondo e con persone in grado di aiutarlo a guardare la realtà da
un’altra prospettiva.
Cercare di spiegare il
film di Miyazaki non è semplice, senza contare che troppe informazioni andrebbero
a intaccare la poesia (visiva e non) del maestro dell’animazione giapponese che
ognuno, invece, dovrebbe leggere e interpretare come meglio crede.
Se da una parte le simbologie
e le metafore sono, ancora una volta, la base dalla quale partire, dall’altra
parte “Il ragazzo e l’airone” si può definire come il titolo forse più autobiografico
in assoluto tra quelli realizzati nel corso degli anni da uno dei fondatori
dello Studio Ghibli.
La guerra, che anche l’autore
ha vissuto, è il perno attorno al quale ruota la vicenda. Una guerra che
Miyazaki mostra, cercando di nasconderla, o meglio di trasformarla e
riadattarla in chiave più magica. E poi la possibilità di fuggire, ma non
soltanto fisicamente, anche metaforicamente, per rifugiarsi in un luogo che,
anche se irreale, è l’unico in grado di accogliere chiunque senza chiedere
niente in cambio, senza incutere terrore e senza che paura, distruzione e morte
possano avvicinarsi.
Accompagnato dall’airone
cenerino, per i giapponesi simbolo portafortuna e di longevità, Mahito
affronterà un viaggio ben più grande di lui e delle sue aspettative.
Una mescolanza di colori,
personaggi e sfumature che si intersecano tra loro così come si intrecciano
mondo reale e mondo fantastico.
C’è un solo elemento a
unire i due mondi e Mahito, come il più classico degli eroi, è l’unico a poterlo
attraversare superando ostacoli che lo forgeranno e lo aiuteranno a capire sé
stesso e ciò che lo circonda. Con l’energia e la tenacia che lo caratterizzano,
il giovane dimostra di essere all’altezza del ruolo di rappresentante perfetto
all’interno sia di un mondo terreno che di un mondo ultraterreno. Perché di mondo
ultraterreno si parla quando, insieme a lui, anche lo spettatore si immerge in
una realtà altra, anche rispetto al film stesso già di per sé magico. Un mondo
che ha richiami più o meno evidenti con vari elementi. Uno su tutti il
parallelismo con la “Divina Commedia”. Da Kiriko nei panni di un Virgilio con
il compito di proteggere e soprattutto guidare Mahito al culmine del suo
viaggio, al Re Parrocchetto che, invece, sembra avere le sembianze di Caronte,
traghettatore di vere e proprie anime alla ricerca del proprio posto nel mondo.
Ma sono anche tante altre
le chiavi di lettura di un film che viaggia su piani diversi e presenta tanti
richiami e tanti modi di vedere una stessa cosa.
“E voi come vivrete?” è
il titolo del libro che Mahito ritrova improvvisamente e che forse era appartenuto
alla madre che avrebbe voluto mostrarlo al figlio da grande, ma è anche una
domanda che lo stesso Miyazaki sembra fare al suo pubblico e a sé stesso. Una
domanda tutt’altro che semplice come tutt’altro che semplice è l’opera del
maestro giapponese che realizza un film nel quale non esiste e non può esistere
una visione univoca. E lui, oltre che inserire richiami, più o meno espliciti,
alle sue opere passate, ricalcando, ma allo stesso tempo anche ampliando,
alcune tematiche, arriva addirittura a inserirsi all’interno del racconto, come
un perfetto deus ex machina che muove i fili della storia e della vita.
“E voi come vivrete?” sembra,
perciò, quasi un monito. Una volta vista questa opera, siamo in grado di
mettere insieme i pezzi per creare il migliore dei mondi possibili? Lui i pezzi,
nel corso della sua vita e del suo cinema, li ha sicuramente messi insieme alla
perfezione. Mancava solo un Golden Globe che, preciso e puntuale, come il volo
di un airone, si è posato alla sua finestra.
Veronica Ranocchi
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