giovedì, giugno 30, 2011

Film in sala dal 1 luglio 2011

Vittorio racconta Gassman - Una vita da mattatore
GENERE: Documentario
ANNO: 2010 DATA: 27/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Giancarlo Scarchilli

Transformers 3
(Transformers: dark of the moon)
GENERE: Azione, Fantascienza, Avventura
ANNO: 2011 DATA: 29/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Michael Bay

Cedar Rapids
(Cedar Rapids)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011 DATA: 01/07/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Miguel Arteta

Giallo/Argento
(Giallo/Argento)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2009 DATA: 01/07/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Dario Argento

This is Beat - Sfida di ballo
(Beat The World)
GENERE: Dance movie
ANNO: 2011 DATA: 01/07/2011
NAZIONALITÀ: Canada
REGIA: Robert Adetuyi

martedì, giugno 28, 2011

13 ASSASSINI

13 ASSASSINI
REGIA: Takashi Miike


Giappone 1844. Il fratellastro dello Shogun, il malvagio e sadico Naritsugu esercita il suo potere contravvenendo alle millenarie leggi della società nipponica, terrorizzando e umiliando i suoi collaboratori, portando alla fame i contadini, stuprando le donne dei sudditi e massacrando senza pietà intere famiglie solo per ribadire il proprio potere.

Esasperato dagli eccessi del giovane nobile, turbato dal gesto estremo messo in atto in segno di protesta da un importante esponente politico al servizio del malvagio Naritsugu, l'onorevole Dei, influente rappresentante politico, durante il consiglio dei saggi ribadisce con fermezza la volontà dello Shogun di trovare una soluzione pacifica, ma segretamente convoca il samurai Shinzaemon Shimada, al quale propone, facendo leva sul suo senso dell'onore, una missione apparentemente impossibile: uccidere Naritsugu, sfidando il suo potente esercito.

Dopo aver accettato l'incarico, Shimada si mette a capo di un manipolo di impavidi guerrieri.
E' il film della definitiva maturità di uno dei registi più prolifici (dopo 13 assassini ha già girato altri quattro film) e importanti del cinema nipponico.
13 Assassini parte lentamente, ma il lungo prologo è necessario per capire i meccanismi che portano alla sofferta decisione estrema e soprattutto per immergersi in una concezione dell'onore e della giustizia fuori dal tempo.

Miike gioca tutta la prima parte del film sui dialoghi, spiegandoci i fragili equilibri di potere e le severe regole della società giapponese dell'epoca.
Dopo essersi addentrato nella tradizione, Takashi Miike scatena la propria forza visionaria con una battaglia ottimamente coreografata, confezionata con mischie furibonde, eleganti fendenti e tori kamikaze.
Generoso mix di autorialità e visioni pop per un film straordinariamente efficace dal punto di vista visivo.

13 assassini è il remake di un classico del cinema nipponico datato 1963 e diretto da Eiichi Kudo, ma che pesca anche ne I sette samurai (1954) di Akira Kurosawa e in alcuni frangenti omaggia lo spaghetti-western.

domenica, giugno 26, 2011

Corpo celeste


Corpo celeste, pur condividendo con il più famoso coinquilino (Habemus Papam anch'esso selezionato a Cannes ed al centro di un forte scambio di opinioni) il punto di partenza, ovvero quello di una "chiamata" che diventa la presa di coscienza di qualcosa di più grande e di una responsabilità che cambia la vita, se ne distacca per la capacità di andare al cuore del problema con una radicalità, di stile e di parole, che non ammette dubbi.

Al centro della storia c'è Marta ed i corsi di catechismo che la stessa frequenta per accostarsi alla cresima. Con lei una famiglia in difficoltà (il padre è assente mentre la madre è costretta ad un lavoro faticoso per riuscire a mantenere lei e la sorella) e la comunità religiosa di una città meridionale. Persone disposte all'accoglienza a patto che ci si adegui ai rituali di una civiltà conservatrice e chiusa. L'ingenuità di Marta ed il suo non riconoscersi nei comportamenti che le verranno imposti la faranno progressivamente distaccare da quel mondo.

Se l'alienazione in senso lato è il segno principale che percorre tutto il film, non solo nel girovagare e nello spaesamento di Marta che ricorda quello di certi personaggi del cinema di Antonioni, ma in generale, per la presenza di un umanità con cui è impossibile comunicare- il prete del paese dedicato agli affari della politica più che a quelli evangelici, ma anche l'insegnante di catechismo chiusa all'interno delle formule imparate a memoria ed impartite senza senza alcun spirito critico, ed ancora il Vescovo e la sua curia intenti a soddisfare i propri bisogni nella scena che li vede attendere i preparativi della cerimonia chiusi in una stanza a mangiare ed incuranti dell'esistenza dei fedeli- il film della Rohrwacher è tutto giocato nella dialettica tra la rarefazione del suo personaggio principale, Marta, e la sovraesposizione delle persone che la circondano. Tanto lei è introspettiva e quasi stupita nella scoperta delle cose, quanto gli altri sono invadenti e rumorosi nell'occupazione dello spazio. Al corpo minuto della bambina si oppone l'opulenza sgangherata del corpo ecclesiastico in un alternanza di rumori fraudolenti (la canzone che invita a "sintonizzarsi con Dio" è una nenia che attraverserà in maniera ossessiva tutto l'arco filmico) e di vuoti siderali. Ed ancora, nel contrasto tra la vita, raffigurata nel silenzioso vitalismo di Marta, nella sua attenzione verso forme di nature "non mediate" come quella dei gattini che tenterà di salvare od il pesce che continua a respirare nonostante sia rimasto fuori dall'acqua, e la morte, presente nella mancanza di spontaneità e nella preponderanza dei riti e delle convenzioni delle relazioni umane, e soprattutto nell'episodio del crocifisso abbandonato che il parroco vorrebbe utilizzare durante la cerimonia come simbolo di ritrovata letizia, e che per questo, si adopera di recuperare con l'aiuto della giovane protagonista. E' proprio lì, di fronte a quella presenza muta ed impolverata che si compie il momento più forte del film, quella in cui, Marta, finalmente lontana dalla pazza folla, compie la sua "comunione" con il Cristo della storia. La figura che si china sopra il legno benedetto, e poi le mani che vi scorrono sopra, come a comprendere in un solo gesto l'amore commosso di una figlia devota e lo stupore di una presa di coscienza inaspettata. Due corpi celesti, quello di Marta e quello del Cristo, condannati all'esilio da una contemporaneità che non riesce ad accettare la loro purezza.

Girato con stile scarnificato ed oggettivo, Corpo celeste è organizzato come un racconto di formazione, in cui l'apprendistato del personaggio procede di pari passo con la scoperta delle sovrastrutture che regolano la società dove egli si muove. Intimo ed allo stesso tempo sociale, il film costringe lo spettatore a sintonizzarsi sulle onde emotive della storia grazie ad una scrittura che preferisce suggerire più che esplicitare. I rumori di fondo e quelli sparati a tutto schermo, il contrasto tra la modernità del centro urbano e l'arcaicità del paesaggio naturale rendono la narrazione per lunghi tratti ipnotica e paradossalmente sospesa in un limbo di tragica attesa. Alice Rorhwacher è un nome da tenere in mente.
(
pubblicata su ondacinema.it)

mercoledì, giugno 22, 2011

I CONTRABBANDIERI DI SANTA LUCIA - ITALIA '70 - IL CINEMA A MANO ARMATA (21)

I CONTRABBANDIERI DI SANTA LUCIA (1979)
Regia: Alfonso Brescia
Cast: Mario Merola - Antonio Sabato - Gianni Garko - Lucio Montanaro - Lorraine De Selle


IL FILM: Approfittando della confusione generata dalla rivoluzione Khomeinista alcuni boss di New York, appartenenti a delle famiglie mafiose italoamericane, vogliono mettere le mani su cinque tonnellate di eroina provenienti dall'Iran.
Il capitano della Guardia di Finanza Radevic (G. Garko) viene a conoscenza che il carico di eroina raggiungerà New York dopo che avrà fatto tappa nel porto di Napoli, dove risiede Michele Vizzini (A. Sabato), insospettabile e ricco industriale, legato alla mafia italo-americana, ma che spesso presta il denaro necessario per pagare i carichi ai contrabbandieri di sigarette.
Il capitano Radevic, per poter incastrare i trafficanti di droga, si finge un contrabbandiere slavo e cerca di entrare in contatto, proponendogli un affare, con il capo indiscusso del contrabbando di sigarette Don Francesco Autiero (M. Merola).
Il capitano sottovaluta però Don Francesco, che smaschera subito Radevic e lo fa pestare dai suoi uomini.
A questo punto Radevic, chiede a Don Francesco di aiutarlo ad intercettare il carico di eroina e Don Francesco che è un boss vecchia maniera, contrario al traffico di stupefacenti, accetta, chiedendo in cambio un periodo di tregua da parte della Guardia di Finanza di cui il capitano dovrà farsi garante.

COMMENTO: Ne I Contrabbandieri di Santa Lucia, Alfonso Brescia, propone la figura del boss (Don Francesco) vecchio stampo, ovvero del fuorilegge dal cuore d'oro, non ricco, che con i suoi traffici consente la sopravvivenza di migliaia di famiglie povere abbandonate dallo Stato e dalla politica che in una città disastrata come Napoli sono destinate alla povertà e alla sofferenza.
Estremamente chiaro, oltre che retorico e sufficientemente falso, il messaggio del regista nella sequenza in cui Don Francesco, prima di accettare l'offerta del Capitano, lo obbliga ad un tour nei quartirei più poveri di Napoli allo scopo di far capire all'ufficiale chi sono e in quali condizioni disagiate vivono, gli uomini e le donne che smerciano le sigarette di contrabbando per le strade.
Il film parte bene e la regia di Alfonso Brescia sembra meno piatta del solito, ma nella seconda parte il film perde molto di forza e si esagera con le parentesi pseudo comiche di Lucio Montanaro prima di abbandonarsi nella lunga sequenza del matrimonio per chiudere con uno svogliato inseguimento automobilistico e una sparatoria priva di tensione.

NOTIZIE-CURIOSITA' I Contrabbandieri di Santa Lucia è uno di quei film appartenente al sottofilone del poliziottesco che miscela il poliziesco e il cinema-guappo e rappresenta uno degli estremi tentativi di tenere in vita il poliziottesco (che ormai sta esaurendo la sua spinta) e come tutti i filoni è destinato a morire, prima di essere resuscitato sottoforma di commedia (Tomas Milian/Maresciallo Giraldi), esattamente come successo con lo spaghetti -western (Bud Spencer - Terence Hill).
Il film è palesemente insertato e alcune delle immagini dovrebbero provenire da AFYON OPPIO ( Ferdinando Baldi 1973)
In una delle scene iniziali G. Garko e il piccolo M. Girondino si fermano davanti alla locandina de LO SCUGNIZZO, film interpretato da loro stessi e diretto da Alfonso Brescia, commentandolo positivamente.

Frase cult : "a Napoli o' contrabbando è comm a' Fiàt, solo che nujie nun putimme scioperare"

lunedì, giugno 20, 2011

X-MEN: L'inizio


Normalmente quando si parla di prequel c’è sempre da stare all’erta perché spesso dietro la proposta di rivisitare una serie, andando a scavare nei meandri delle sue origini, c’è quasi sempre un motivo puramente commerciale. Cambiare faccia ai personaggi, renderli più appetibili dal punto di vista iconografico e della moda, assecondare il momento ed il mercato. Nei casi più estremi il prequel può essere lo strumento per azzerare tutto e ricominciare da capo, ricostruendo un eroe ed il suo mito per intero. Alla Marvel, in genere, preferiscono andare sul sicuro, appiattendo le storie su percorsi di ordinarietà iconografica: riconoscibilità, rispetto delle fonti ed innesti di cinema classico sono le caratteristiche della sua cinematografia. Quando qualcuno ha provato a cambiare le regole, cercando angolazioni differenti, per esempio Ang Lee con l’alter ego di Bruce Banner, il risultato ha lasciato scontenti pubblico e produttori. Da allora film senza un sussulto: Wolferine, Iron Man, Thor, personaggi triturati nel calderone di una normalizzazione miliardaria.

In questo senso “X- men l’inizio” costituisce una sorpresa per la volontà di puntare ad una rivisitazione del fumetto in chiave vintage (siamo negli anni 60) che da un lato permette di inserire i personaggi in uno contesto fortemente caratterizzato e che obbliga la produzione a sforzarsi anche in termini di scelte estetiche (il rispetto dei costumi e degli ambienti, la ricostruzione di un periodo storico e delle atmosfere etc..). Giusta quindi la scelta di puntare a due attori come McAvoy e Fassbender rispettivamente Charles Xavier e Magneto, capaci di completarsi a vicenda in termini di fascino e carisma, e poi ancora privi di quella celebrità che impedisce agli attori di disfarsi della propria immagine, e poi di supportarli con facce emergenti come quella di Jennifer Lawrence, corpo solido e faccia malinconica e di January Jones, algida e levigata nei suoi abiti da swinging london. Insieme loro, a comprenderli tutti lo sguardo di Kevin Bacon, in bilico tra passato e presente, un po’ come la sua carriera, non del tutto emancipata dall’edonismo degli anni 80. Eleganza e virilità dunque, radunate attorno ad un cenacolo di agenti segreti e guerre mondiali: cambi d’abito e di fisionomie, corredate da ragazze in minigonna e capelli cotonati. Se la diversità è il tema che da sempre contraddistingue il sostrato culturale della serie allora questo nuovo capitolo ne è la sua migliore traduzione.

Film in sala dal 17 giugno e dal 24 giugno 2011

USCITE DEL 17/06/2011

Libera uscita
(Hall Pass)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011 DATA: 15/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Bobby Farrelly, Peter Farrelly

L'ultimo dei templari
(Season of the Witch)
GENERE: Drammatico, Thriller, Fantasy, Avventura
ANNO: 2011 DATA: 15/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Dominic Sena

Priest
(Priest)
GENERE: Azione, Horror, Thriller
ANNO: 2011 DATA: 15/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Scott Stewart

6 giorni sulla terra
(6 giorni sulla terra)
GENERE: Fantascienza
ANNO: 2011 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Varo Venturi

I Guardiani del Destino
(The Adjustment Bureau)
GENERE: Fantascienza, Sentimentale
ANNO: 2011 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: George Nolfi

Il Pezzo Mancante
(Il Pezzo Mancante)
GENERE: Documentario
ANNO: 2010 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Giovanni Piperno

Isola 10
(Dawson, Isla 10)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2009 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: Brasile, Cile, Venezuela
REGIA: Miguel Littin

The Hunter
(Shekarchi)
GENERE: Dramma
ANNO: 2010 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: Germania, Iran
REGIA: Rafi Pitts

Ubaldo Terzani Horror Show
(Ubaldo Terzani Horror Show)
GENERE: Thriller
ANNO: 2011 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Gabriele Albanesi

Venere nera
(Venus noire)
GENERE: Drammatico, Storico
ANNO: 2010 DATA: 17/06/2011
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Abdellatif Kechiche



USCITE DEL 24/06/2011

When You're Strange
(When You're Strange)
GENERE: Biografico, Documentario
ANNO: 2010 DATA: 21/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Tom DiCillo

Cars 2
(Cars 2)
GENERE: Animazione, Azione, Commedia
ANNO: 2011 DATA: 22/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Brad Lewis, John Lasseter

Michel Petrucciani - Body & Soul
(Michel Petrucciani - Body & Soul)
GENERE: Documentario
ANNO: 2011 DATA: 22/06/2011
NAZIONALITÀ: Germania, Francia, Italia
REGIA: Michael Radford

The Conspirator
(The Conspirator)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011 DATA: 22/06/2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Robert Redford

13 Assassini
(Jûsan-nin no shikaku)
GENERE: Azione
ANNO: 2010 DATA: 24/06/2011
NAZIONALITÀ: Giappone
REGIA: Takashi Miike

5 (Cinque)
(5 (Cinque))
GENERE: Drammatico, Thriller
ANNO: 2011 DATA: 24/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Francesco Dominedò

Hypnosis
(Hypnosis)
GENERE: Thriller
ANNO: 2011 DATA: 24/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Davide Tartarini, Simone Cerri Goldstein

Passannante
(Passannante)
GENERE: Drammatico, Storico
ANNO: 2011 DATA: 24/06/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Sergio Colabona

Un tuffo nel passato
(Hot Tub Time Machine)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010 DATA: 24/06/2011
NAZIONALITÀ: Canada, USA
REGIA: Steve Pink

venerdì, giugno 17, 2011

I GUARDIANI DEL DESTINO

I guardiani del destino

di George Nolfi
con Matt Damon, Emily Blunt
USA, 2011
genere, thriller, fantascienza
durata, 106'

Cosa fareste se un giorno qualcuno vi dicesse che la vostra vita è già stata prevista e la donna di cui vi siete innamorato non rientra in quel programma? Questo è quello che succede a David Norris politico idealista dal futuro luminoso dopo aver incontrato Lisa, ballerina classica altrettanto talentuosa. Il film è tutto qui, concentrato in questa domanda a cui il protagonista tenterà di rispondere sfidando un destino che non esiste e il sistema che lo sovrintende, una sorta di organizzazione parallela organizzata come una loggia massonica e dotata di un esercito di Man in black (I guardiani) capaci di viaggiare nello spazio e di prevedere le mosse delle loro prede.
Tratto dall’omonimo racconto di Philip Dick, da anni ancora di salvezza per la fantascienza in celluloide, "I guardiani del destino" è il realtà il frutto di una sceneggiatura messo a punto dallo stesso regista, in passato autore di script come "Ocean twelve" e "The Bourne ultimatum", e qui all’ esordio dietro la macchina da presa. Così condividendo con la sua fonte l’incipit che assegna al caso il compito di svelare le oscure macchinazioni che regolano l’esistenza delle persone aggiustando eventuali scostamenti, e pur mantenendo inalterata la dialettica tra “Controllo e libero arbitrio”, proposta sistematicamente nei tentativi di Norris di sganciarsi dai suoi controllori, George Nolfi li sviluppa in maniera autonoma, facendoli dipendere da una love story inserita per l’occasione che, alla pari di un film come "Inception", tanto per fare un nome, funziona non solo come motore della storia ma assegna nuovamente alla figura femminile un ruolo decisivo.


Filologia ed innovazione vanno quindi di pari passo nella scrittura di un film capace di proporre soluzioni piuttosto curiose anche nella creazione di un background fantasmagorico che preleva direttamente dal quotidiano (i Guardiani si servono di oggetti d’uso comune per dare vita alle loro magie) per trasformarlo in uno strumento di potere, contribuendo a mantenere la storia nell’alveo del verosimile ed anche a definire un estetica che ha la complessa semplicità del b- movie. Ma il segno caratteristico della pellicola, come si sarà già capito, è soprattutto la convivenza di un dualismo che la vicenda propone dentro e fuori lo schermo. In questo senso contribuiscono alla causa una serie di fattori da ricercarsi per esempio nel modo in cui il film fa convivere l’eccezionalità dei personaggi con la normalità delle loro azioni (le occasioni del contatto, nel marciapiede di una strada, nel bagno di un hotel oppure sui sedili di un autobus rimandano anche per la funzione di quei luoghi a mondanità di gente comune), oppure nella confronto tra un potere legittimo, ribadito dalle regole che il candidato Norris deve seguire per vincere le elezioni, ed uno occulto, svincolato da qualsiasi disciplinamento istituzionale e rispondente a misteriosi meccanismi, per non parlare della scelta che ad un certo punto investe il protagonista costretto ad ubbidire per evitare il ribaltamento di una vita che per lui e la sua amata si annuncia favoloso, fino ad arrivare agli aspetti produttivi, imprescindibili per un opera che vuole stare sul mercato in maniera competitiva, e che hanno caratteristiche da blockbuster, per il supporto di una Major come la Universal, ma budget da operazione indipendente.




Certamente non mancano certe scorciatoie come quella di dotare il personaggio di David Norris di un pedigree eccessivamente empatico (il giovane non solo è orfano ma ha perso fratello e genitori) e politicamente corretto (nei discorsi della campagna elettorale fanno capolino le ombre di Kennedy ed Obama ed in generale si respira aria di un ennesimo new deal di cui il personaggio si farebbe portatore) oppure di sfruttare al meglio la semina altrui, proponendo soluzioni visive ampiamente sfruttate, soprattutto nell’ architettura degli ambienti che in un incrocio tra antico e moderno riproducono una città fuori dal tempo (stiamo parlando di New York), caratterizzata ed allo stesso tempo anonima, capace di rappresentare un esistenzialismo fatto di moltitudine e rarefazione e rendendo in maniera concreta il senso di quel "doppio" che si manifesta davanti agli occhi del protagonista. Labirinti urbani e della mente dove i personaggi si muovono in preda ad uno straniamento reso da una fotografia deformata, con pareti che assomigliano a montagne, e spazi ripresi in prospettiva, profondi come una gola che sta per inghiottire, e slabbrati da un fattore umano ormai risibile. Ma le contaminazioni - si parla anche di un ispirazione dalla fiction televisiva “The lost room” per quanto riguarda la “soprannaturalità” degli oggetti di uso comune - fanno ormai parte del cinema moderno e ad un prodotto come "The Adjustment Bureau" si chiede solo di utilizzarle nel modo migliore. Ed in questo il film di Nolfi ci riesce.
(pubblicata su ondacinema.it)

martedì, giugno 14, 2011

BRONSON

Un animale in gabbia. Michael Gordon Peternson, in arte Bronson, è il protagonista dell’ultimo film (in termini di distribuzione) di una regista improvvisamente popolare per il premio vinto all’ultima kermesse festivaliera. Ironia della sorte, perché se Bronson (personaggio realmente esistito) voleva essere famoso, e lo diverrà, a forza di cazzotti, dati e presi, all’interno delle prigioni in cui fu detenuto per la maggior parte della vita, così il film del regista danese lo è diventato in termini di spendibilità commerciale, grazie ad una visibilità diversa, indiretta, ma pur sempre legata ad un fenomeno circoscrivibile ai meccanismi della comunicazione.

Prodotto nel 2008 e girato in Inghilterra, Bronson (un irriconoscibile Thomas Hardy) sembra risentire, almeno a livello cinematografico, delle atmosfere grottesche e surreali che erano già state di Kubrick e del suo “Arancia meccanica”. In fondo entrambe le storie si toccano dal punto di vista cronologico e ci parlano di uomini fuori controllo. E se l’istanza sociologica era nel film del regista inglese una delle chiavi di lettura attraverso cui cercare di interpretare i comportamenti di Alex DeLarge, cosa che non avviene nel film in trattazione, quasi esclusivamente girato dentro la testa del suo personaggio, cionondimeno le similitudini continuano nello stile, che in entrambi i casi, anche se in Bronson in maniera esasperata, ci mostrano una componente visuale e sonora, utilizzata come linguaggio che si sostituisce alla parola scritta, per rendere in maniera sensoriale, le distorsioni mentali dei due protagonisti.

Ma lasciando Kubrick alla sua storia, e volendo rendere giustizia all’originalità dell’autore danese, non si può fare a meno di notare un segno di continuità con la sua più recente produzione (Walhalla Rising), non solo nell’ esposizione di super-corpi, modellati ancora una volta secondo un estetica che li riporta alle loro pulsioni primarie (la carne non pensa, agisce), ma per la presenza di una violenza non solo antagonista, ma anche mezzo di espressione artistica, usata per sublimare una realtà insoddisfacente.
Passaggi che il film scandisce attraverso una serie di momenti che dalla mancata redenzione (la proposta amorosa rigettata è la testimonianza di un impossibile cambiamento), al tentativo di recuperare il detenuto attraverso l’esercizio artistico (il disegno, appreso da un insegnante molto particolare), per arrivare all’apoteosi finale, dove arte e violenza, questa volta unite nell’azione del protagonista, simboleggiano l’ennesimo sberleffo di un ribelle tout court.

Apprezzabile sotto il profilo produttivo per la capacità di ottimizzare le risorse, Bronson appare in certi momenti inconsistente per la fin troppo esibita teatralità di certe scene, per alcune ripetizioni (soprattutto nella proposizione delle scene di combattimento) e per una sceneggiatura che non riesce a dirci qualcosa di più a proposito del famigerato individuo. Thomas Hardy è strepitoso in una performance che almeno fisicamente potrebbe far invidia a certi maestri dell’Actor Studio. Peccato averlo scoperto solamente adesso.

giovedì, giugno 09, 2011

Film in sala dal 10 giugno

X-Men - L'inizio
(X-Men: First Class)
GENERE: Azione, Fantascienza, Avventura
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Matthew Vaughn
CAST: James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence, January Jones, Aaron Johnson, Nicholas Hoult

13 Assassini
(Jûsan-nin no shikaku)
GENERE: Azione
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Giappone
REGIA: Takashi Miike
CAST: Kôji Yakusho, Yusuke Iseya

Le donne del 6° piano
(Les femmes du 6ème étage)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Philippe Le Guay
CAST: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura, Lola Dueñas, Berta Ojea

London Boulevard
(London Boulevard)
GENERE: Poliziesco, Sentimentale
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna, USA
REGIA: William Monahan
CAST: Keira Knightley, Colin Farrell, Jamie Campbell Bower, David Thewlis, Ray Winstone, Anna Friel

Paul
(Paul)
GENERE: Commedia, Fantascienza, Avventura
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Francia, Gran Bretagna
REGIA: Greg Mottola
CAST: Nick Frost, Simon Pegg, Seth Rogen, Jason Bateman, Kristen Wiig, Bill Hader

Un anno da ricordare
(Secretariat)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Randall Wallace
CAST: Diane Lane, John Malkovich, Scott Glenn, James Cromwell, Dylan Walsh, Fred Dalton Thompson

martedì, giugno 07, 2011

UNA NOTTE DA LEONI 2

UNA NOTTE DA LEONI 2
Regia: Todd Phillips


Sono trascorsi due anni dalla folle notte di Las Vegas in cui Stu (Ed Helms), Phil (Bradley Cooper) e Alan (Zack Galifianakis) rischiarono di far saltare il matrimonio del loro amico Doug (Justi Bartha).
Ora è il dentista Stu in procinto di sposarsi e decide di invitare Doug e Phil all'evento che avrà luogo in Thailandia presso la villa dei futuri suoceri.
L'unico problema è che il pazzoide Alan non si è mai scordato l'incredibile notte a Las Vegas e, venuto a sapere del matrimonio di Stu, fa di tutto per farsi invitare, ansioso di poter passare un'altra notte assieme ai suoi amici.
Una volta giunti sul posto, con mogli al seguito, tutto sembra procedere per il meglio, ma alla vigilia delle nozze l'allegra comitiva di amici si risveglia in una topaia non ricordando assolutamente nulla della notte precedente.
Dopo il mezzo miliardo di dollari incassato dal primo capitolo, record assoluto per una commedia R-rated (negli Usa, diciassettenni accompagnati dai genitori), era inevitabile l'arrivo sugli schermi di Una notte da leoni 2.
Squadra che vince non si cambia e, come legge hollywoodiana vuole, non cambia neanche la sceneggiatura, così ci si ritrova sullo schermo la copia del primo capitolo con la sola eccezione del cambio di location, che da Las Vegas si sposta a Bangkok.
La pellicola funziona abbastanza ed è sufficentemente divertente ma niente di più, mentre avrà il gusto del riciclato per chi ha assistito alla prima avventura e non è divenuto un fan scatenato dei "leoni".
Bravo Todd Phillips, che infarcisce la sua commedia con alcune riprese dall'alto che mettono in evidenza la bellezza della costa thailandese e lo squallore delle baraccopoli delle periferie urbane e un inseguimento auto-moto degne di un buon gangster movie.
Fracassone, cafone, simpaticamente sporcaccione, Una notte da leoni 2 associato a una bibita e al popcorn rappresenta una possibilità per chi non riesce a star lontano da una sala cinematografica in un periodo di proposte fiacche, come da sempre sono in Italia i mesi estivi.

domenica, giugno 05, 2011

I GUARDIANI DEL DESTINO


I CINEMANIACI L'HANNO VISTO IN ANTEPRIMA PER VOI...PROSSIMAMENTE SU QUESTI SPAZI. RESTATE SINTONIZZATI

sabato, giugno 04, 2011

Come l'acqua per gli elefanti

Nel cinema hollywoodiano a volte esistono dei paradossi che assomigliano a quelli del calcio perché il problema di Francis Lawrence, regista di “Come l’acqua per gli elefanti”, era quello di molti allenatori che devono assemblare la star di turno con il resto della squadra. Alcuni ci riescono, come il caso di Guardiola con Messi, altri invece finiscono per azzerare il valore dell’innesto stravolgendone le doti naturali. Certamente nel caso di Robert Pattison e delle sue ancora da verificare qualità, il paragone con l’asso argentino potrebbe non essere calzante, ma resta valido in termini di dinamiche di gruppo, se è vero che l’attore, divenuto celebre per il ruolo del vampiro nella saga di Twilight, era considerato il valore aggiunto di un film che già di suo aveva le caratteristiche giuste per attirare il pubblico americano, sicuramente allettato da una vicenda collocata in un momento storico cinematograficamente spendibile (siamo ai tempi della grande depressione), e poi attirato dalla presenza di un cast variegato che univa facce conosciute come quella di Reese Witherspoon (Marlena), una specie di reginetta con i capelli color del sole e la silouette adolescenziale, ad altre meno rassicuranti per fisiognomica canagliesca e sguardo luciferino (August), stiamo parlando di Cristoph Waltz specializzatosi in ruoli “bastardi”, ma giusto contrappunto a quella efebica dell’attore americano. A corredo di cotanta abbondanza un tema, quello dell’amore impossibile (di Jacob per la divina Marlena, sposata ad un uomo, August, a cui deve riconoscenza ma che non ama) e delle sue rivalse, che poteva fare la felicità di migliaia di casalinghe disperate e di tutte le donzelle in cerca di marito, insomma quel tipo di pubblico che da sempre è in grado di determinare gradimenti ed incassi. Succede invece che Lawrence, per la paura di immolare il film alla causa dell’attore in ascesa, o forse per intrinseca mancanza da parte dello stesso, lasci il bel Robert alla sua impalpabile presenza, un espressione monocorde risucchiata di volta in volta nel mestiere di due colleghi di lavoro a cui sicuramente non manca la capacità di attirare su di sé le attenzioni della telecamera. In un triangolo così sbilanciato lo struggimento amoroso, che come vedranno i malcapitati spettatori appartiene non solo ai due virgulti, ma anche al perfido marito, manca nella sua spinta principale, quella proveniente da chi dovrebbe sparigliare le carte, troppo compassato ed acerbo Pattison per dare fuoco alle polveri amorose. Rimane così la capacità di restituire un epoca evitando l’antiquariato a favore di una rappresentazione emotiva che sfrutta l’ambientazione circense per rievocare un momento storico in cui la voglia di ridere esorcizzava . Questo e poco altro, perché Francis Lawrence non è Guardiola, Pattison non è Messi e soprattutto “Come l’acqua per gli elefanti” non è il Barcellona.

giovedì, giugno 02, 2011

Il ragazzo con la bicicletta: l'opinione di Nickoftime


“Voglio trovare mio padre”. Scabra ma densa di significati l’affermazione del piccolo Cyril diventa fin da subito l’unico modo per entrare in sintonia con il suo universo esistenziale. Ancora una volta il cinema dei Dardenne si confronta con un essenzialità che non ha bisogno di spiegazioni. Come la fame fisica di Rosetta o il desiderio di integrazione di Lorna anche quello di Cyril è un bisogno (primario) da soddisfare per poter continuare a vivere. Pulsioni che lo schermo traduce costruendo personaggi che si identificano con le proprie azioni e con quello che possiedono. Le peregrinazioni del giovane protagonista alla ricerca del genitore ed il mezzo con cui esse si realizzano, la bicicletta appunto, diventano il modo per raccontare evitando la retorica degli “umiliati ed offesi”. Un film non allineato la cui tensione si riassume nei gesti sincopati di chi non si arrende allo stato delle cose. Ma continuando a lavorare su questa direzione, e pur apportando varianti piccole ma significative (l’uso della colonna musicale ed un finale che induce ad un cauto ottimismo) i registi valloni incominciano a mostrare i limiti di un arte che lavorando di sottrazione dal punto di vista della messa in scena e riducendo l’intreccio ai minimi sindacali finisce per diventare sempre più uguale a se stessa. E se nelle opere precedenti lo sfondo sociale giustificava la sua presenza perché serviva a far capire le genesi della vicenda, in questo caso tanto la campagna illuminata dal sole e la cittadina in cui vivono i personaggi del film sono più che altro luoghi dell’anima mostrati di volta in volta per sottolineare i pesi del cuore - le inquadrature urbane privono lo sguardo di una possibile via di fuga isolando soggetto e spettatore in un'unica dimensione- o le fughe dello spirito, con la carrellata che accompagna la corsa di Cyril e Samantha (una Cecile De France diligentemente laterale in termini di minutaggio ed enfasi recitativa) , la parrucchiera che decide di prendersi cura di lui, lungo un paesaggio bucolico enfatizzato da colori caldi e dalla presenza dell’acqua, elemento purificatore- ricordiamo che Cyril si è appena pentito di un azione ignominiosa anche per la sua giovane età- ed elemento di una fluidità finalmente naturale, quasi a sottolineare un armonia finalmente raggiunta. Così facendo i Dardenne costruiscono una specie di dittatura delle immagini, obbligando lo spettatore a sottomettersi alla nobiltà dei loro intenti e dei loro soggetti. Lo spingono ad accettare l’assenza di una progressione psicologica- di punto in bianco Samantha lascia il fidanzato che la obbliga a decidere tra lui ed il bambino- oppure a prendere per buone certe reazioni – soprattutto quelle che seguono l’incidente che caratterizza la parte conclusiva del film- forzatamente sottotono per cercare di togliere pathos ad un avvenimento che invece ne dovrebbe avere. La giuria di Cannes ha apprezzato, assegnando al film un premio di valore.

Film in sala dal 3 giugno

ESP - Fenomeni paranormali
(Grave Encounters)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Canada, USA
REGIA: The Vicious Brothers
CAST: Sean Rogerson, Juan Riedinger, Ashleigh Gryzko, Mackenzie Gray, Merwin Mondesir, Michele Cummins

Garfield 3D
(Garfield's Pet Force)
GENERE: Animazione, Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA, Corea del Sud
REGIA: Mark A.Z. Dippe'
CAST: Frank Welker, Marco Mete, Vanessa Marshall, Roberta Pellini

Punto d'impatto
(The Ledge)
GENERE: Thriller
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Matthew Chapman
CAST: Charlie Hunnam, Terrence Howard, Liv Tyler, Patrick Wilson, Christopher Gorham

Tutti per uno
(Les Mains en l'air)
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Romain Goupil
CAST: Valeria Bruni Tedeschi, Linda Doudaeva, Jules Ritmanic, Louna Klanit, Louka Masset, Jeremie Yousaf

Four Lions
(Four Lions)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna
REGIA: Christopher Morris
CAST: Benedict Cumberbatch, Kayvan Novak, Riz Ahmed, Arsher Ali, Nigel Lindsay

Nauta
(Nauta)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Guido Pappadà
CAST: David Coco, Luca Ward, Elena Di Cioccio, Massimo Andrei, Paolo Mazzarelli, Giovanni Esposito

The Hunter
(Shekarchi)
GENERE: Dramma
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Germania, Iran
REGIA: Rafi Pitts
CAST: Rafi Pitts, Mitra Hajjar, Ali Nicksaulat, Hassan Ghalenoi, Amir Ayoubi, Naser Madahi

Zack e Miri amore a... Primo sesso
(Zack and Miri Make a Porno)
GENERE: Commedia
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Kevin Smith
CAST: Seth Rogen, Elizabeth Banks, Jason Mewes, Jeff Anderson, Traci Lords, Craig Robinson

mercoledì, giugno 01, 2011

ZAC & MIRI MAKE A PORNO


Kevin Smiths è forse il rappresentante più iconoclasta fuoriuscito dalla fucina di quel Sundance che proprio in questi giorni torna a far sentire la sua impronta grazie all’ultimo Tarantino: a corto di memoria cinefila e per niente allettato dalle lusinghe delle grandi produzioni, a cui peraltro non potrebbe offrire progetti ad ampio respiro, ma soprattutto limitato dalla magnifica irriverenza con cui tratteggia da anni i luoghi comuni della cultura popolare (soprattutto cinema e cartoon), Smith continua a disegnare le sue striscie di celluloide attorno alla variopinta umanità che costituisce il tessuto culturale ed economico di un America ferocemente condizionata dal monopolio delle grandi catene commerciali.

Personaggi abituati a consumare in fretta interessi e passioni; feroci catalogatori di abitudini e tendenze, tracimate attraverso una visione del mondo a dimensione personale eppure capace di parlare un linguaggio universale perché nutrito dagli stessi bisogni consumistici dei loro spettatori. Una generazione da sempre abituata a sbarcare il lunario con stratagemmi tanto assurdi quanto divertenti, e che qui, dopo i riferimenti più o meno espliciti dei precedenti episodi
(ricordiamo l’esibizione erotica con l’Asino nell’ultimo “Clerks 2”) si cimenta nella mercificazione dell’atto amoroso concepito come mero strumento di guadagno ed allo stesso tempo cinico artificio per mascherare la vulnerabilità della sfera sentimentale.

Senza soldi e con l’affitto da pagare, Zack e Miri ( rispettivamente Seth Rogen ed Emily Banks) sono i protagonisti di un menage che si ferma davanti alle rispettive camere da letto (il sesso complica i rapporti) fino a quando i due, costretti dalle ristrettezze economiche, decidono di risolvere i loro problemi problemi girando un film porno, in cui, insieme ad improbabili compagni di lavoro, dovranno rompere il patto di astinenza, consumando la loro prima volta davanti all’occhio delle telecamere.

Girato con una scioltezza e una semplicità che da sole sono già un atto di irriverenza verso le regole di un movimento (indie) a cui piace esibire il proprio talento, “Zack e Miri” gioca con lo spettatore attraverso la solita costellazione di situazione irriverenti e battute al fulmicotone, in cui la presa in giro di quel film (l’ultimo Superman sbeffeggiato attraverso la proposizione di un Brandon Routh che interpreta un attore porno dichiaratamente gay) o di quella categoria (l’afroamericano ossessionato da possibili riferimenti razzistici) diventano il modo migliore per liberarsi dai propri pregiudizi. Ma questa volta il pretesto è troppo debole per sostenere il parolaio di caratteri e situazioni, mentre la regia, abituata all’esternazione incondizionata, non riesce a cortocircuitare i limiti di una visibilità legata alla commerciabilità del prodotto: Zack e Miri sono troppo buoni ed innamorati per creare scompiglio, mentre i loro compagni di viaggio assomigliano ad i motivi disegnati su una carta da parati. Così facendo il film si sposta sempre di più sulla coppia impegnata a risolvere i propri dilemmi amorosi e tralascia i motivi di interesse (e divertimento) legati alla sgangherata produzione del porno movie. Fatta eccezione per la scena in cui il tifoso ubriaco si ritrova nel mezzo di un amplesso organizzato all’interno del locale dove Zack lavora, riproposizione di un idea di un cinema “casalingo” che appartiene di diritto alla biografia del regista (“Clerks” fu realizzato nell’emporio dove Smith lavorava come commesso), e per le sorprese relative alla festa con i vecchi compagni di scuola, costruite su misura per ribaltare il mito di giovinezza troppo spesso idealizzata e qui demolita attraverso la figura del campione di football di cui Miri è innamorata, la storia procede senza particolare originalità verso uno scontato lieto fine. Occasione mancata o rischio calcolato, Zack e Miri rimane un'altra tappa, seppur deludente, di una commedia umana da dimenticare per i visitatori occasionali, ma comunque imprescindibile per gli aficionados del regista americano