lunedì, luglio 26, 2021

ESTATE '85

Estate ‘85

di François Ozon

con Félix Lefebvre, Benjamin Voisin, Valeria Bruni Tedeschi

Francia, Belgio, 2020

genere: drammatico, sentimentale

durata: 100’

Adattamento del romanzo “Danza sulla mia tomba”, “Estate ’85” è il film di François Ozon, presentato in concorso al Festival di Cannes.

La storia è quella del giovanissimo Alexis, sedicenne che, a seguito di un incidente in barca, si imbatte nel diciottenne David che lo salva e con il quale instaura inizialmente una forte e profonda amicizia. Si comprende fin da subito che Alexis ha bisogno di un amico, ma David si trasforma presto in qualcosa di più e tra i due nasce un legame che va oltre la semplice amicizia. Il protagonista viene assunto nel negozio della madre di David e inizia a trascorrere ogni giornata dell’estate ’85 insieme a lui. Questo finché non entra in scena Kate, giovane inglese arrivata come ragazza alla pari. La sola sua presenza porterà scompiglio tra i due e soprattutto a una drastica conseguenza, in realtà già anticipata fin dai primi momenti del film. “Estate ‘85”, infatti, è raccontato alternando nel giusto modo il presente al passato, con flashback che raccontano l’incontro tra i due e la loro relazione che contrastano un presente cupo e triste.

A convincere in modo particolare sono le interpretazioni dei due giovanissimi protagonisti. In particolare Félix Lefebvre ben si adatta ad un personaggio non semplice, spesso cupo e con tante sfumature, differentemente da quello che si potrebbe pensare.

Una storia interessante con svariati temi al suo interno, raccontata in modo pulito dal regista che ci ha abituato a narrazioni analoghe.

Una teen drama all’apparenza, ma che nasconde molto di più, tra citazioni e ringraziamenti al cinema stesso. Memorabile, a tal proposito, il momento in cui David mette all’orecchio di Alexis una cuffia che, nel mezzo di una discoteca piena di gente danzante a ritmo di musica dance, lo estranea completamente facendo fare a lui (ma anche al pubblico) un tuffo non solo metaforico nell’estate ’85. E accanto a questo merita di essere sottolineata anche la scelta delle canzoni, dai Depeche Mode ai The Smiths passando per i The Cure.

Ozon cerca, andando oltre la “semplice” storia, di raccontare allo spettatore il cinema, la magia della settima arte e il modo in cui lui è probabilmente stato rapito da essa. Anche se non al centro esatto della scena, torna più o meno prepotentemente in diversi momenti. Non solo grazie alle citazioni, ma anche a sequenze che mostrano i due recarsi in sala e gustarsi il piacere di vedere un film sul grande schermo. Una strizzata d’occhio a un mezzo che continua imperterrito ad appassionare sempre più persone. E un invito ad approfondire tutto ciò.

Un film dove troviamo anche una presenza italiana, quella di Valeria Bruni Tedeschi, nel ruolo della madre, un po’ strampalata e stralunata, di David. Una donna che, nella sua stranezza e, per certi versi, eccentricità, nasconde molto di più. Come del resto anche il figlio stesso, continuamente alla ricerca di qualcosa di nuovo, senza mai riuscire a trovare (o a voler trovare) un equilibrio o una stabilità.

“Estate ‘85” è la giusta freschezza mescolata al dramma a cui ci ha, da sempre, abituati François Ozon.


Veronica Ranocchi

domenica, luglio 25, 2021

A CLASSIC HORROR STORY

A classic horror story

di Roberto De Feo e Paolo Strippoli

con Matilda Lutz, Francesco Russo, Yuliia Sobol

Italia, 2021

genere: horror

durata: 95’

Come ci anticipa il titolo, il nuovo film di Roberto De Feo e Paolo Strippoli è esattamente una classica storia horror. Abbiamo tutti gli elementi in grado di rendere horror un film. C’è il gruppo di persone inizialmente sconosciute che, per un caso fortuito, si ritrovano a vivere esperienze orrorifiche insieme (e all’interno del gruppo ci sono i più classici stereotipi, dalla ragazza solo, alla coppia di fidanzati, passando per il padre di famiglia e il ragazzo emarginato con un po’ di problemi). C’è l’improvvisa rottura dell’apparente equilibrio iniziale. E c’è lo smarrimento in un luogo indefinito dove i protagonisti vengono costantemente seguiti da presenza misteriose che, a poco a poco, mietono vittime.

Tutto sembra essere, quindi, classico. E di fatto lo è. “A classic horror story” altro non è che un insieme di alcuni film horror, più o meno classici e di citazioni. Dai più recenti ai grandi cult del passato il film tutto italiano e disponibile su Netflix riesce ad accompagnare lo spettatore in un viaggio dell’orrore, ma non solo. Anche in una riflessione attuale, neanche troppo velata. La “crudeltà” che il genere horror predilige non è altro che, seppure agli estremi, quello che “piace” nel quotidiano. Basti pensare, come ci suggerisce uno dei personaggi del film, a quello che ogni giorno si vede in tv o si legge tra le notizie.

E il messaggio che passa è proprio questo, aiutato da una scena metacinematografica sul finire.

Buone e convincenti le interpretazioni degli attori protagonisti che contribuiscono ad arricchire un film altrimenti fin troppo citazionistico. Un po’ per le interpretazioni (mai troppo sopra le righe), un po’ per la scelta delle musiche e dei colori “A classic horror story” è un buon prodotto che inizia a far emergere il genere anche in Italia.

Si potrebbero analizzare all’infinito tutti i riferimenti del film, dalle azioni alle scelte dei protagonisti, passando per le frasi pronunciate da alcuni di essi. Ma la verità è che, grazie a tutte queste citazioni, diventa, in parte, un prodotto nuovo, frutto di una “messa in scena” banale e, al tempo stesso, innovativa.

Che i due autori abbiano iniziato un filone fortunato con il genere horror, dopo il loro precedente “The Nest” che tanto successo aveva ottenuto nel pubblico? Riuscirà a decretare la svolta di un genere da sempre sottotono per il nostro paese?


Veronica Ranocchi

lunedì, luglio 05, 2021

IL CATTIVO POETA

Il cattivo poeta

di Gianluca Jodice

con Sergio Castellitto, Francesco Patanè, Tommaso Ragno

Italia, Francia, 2020

genere: biografico, storico, drammatico

durata: 106’

Gabriele D’Annunzio interpretato da Sergio Castellitto e diretto da Gianluca Jodice è il protagonista de “Il cattivo poeta”.

Il film si concentra sugli ultimi anni del poeta e sulla vita ormai sopra le righe di quello che non viene quasi mai chiamato per nome, ma solo con l’appellativo di Maestro o Vate.

Giovanni Comini è un bresciano sostenitore del fascismo che viene promosso federale. Subito dopo la promozione, vista la sua propensione per la poesia, viene inviato a spiare Gabriele D’Annunzio. Il suo compito diventa quello di entrare nelle grazie del grande poeta e spiarlo per conto del regime. Questo perché D’Annunzio sembra ormai da tempo insofferente al fascismo e tutt’altro che favorevole a un’alleanza tra Hitler e Mussolini che porterebbe inevitabilmente allo sfociare in un nuovo conflitto mondiale. Il regime teme che una personalità di tale rilevanza pubblica e nazionale, esprimendosi contro le decisioni del fascismo, possa mettere a repentaglio la fiducia popolare.

Comini inizia, quindi, a frequentare il Vittoriale e, col passare del tempo, comincia a subire il fascino di D’Annunzio che, fin da subito, comprende le reali intenzioni del giovane. Cerca di prodigarsi per aiutarlo a incontrare il Duce in modo che lo stesso poeta possa dissuadere Mussolini dal prendere contatti con Hitler e stringere un’alleanza con quest’ultimo. E, in parallelo, il federale comincia anche ad avere dei dubbi sul regime e sui valori portati avanti da esso.

Un film che si limita a raccontare senza commentare o entrare nel merito della questione. Una regia pulita per una storia che va oltre quella che tutti conosciamo sul poeta del Vittoriale. Se da una parte è positivo il concentrarsi solamente su una parte della vita del protagonista per analizzarla e non cadere nei cliché del classico biopic, dall’altra fa storcere il naso la mancata “onnipresenza” del Vate che avrebbe probabilmente meritato il ruolo da protagonista indistinto. Il camuffare il film da thriller con la “sottotrama” di Comini che lo spia per conto del regime è un intelligente escamotage che, però, nasconde in parte il personaggio eccentrico e sopra le righe che è stato Gabriele D’Annunzio. Interessante e particolare la scelta di far essere il generale Comini il vero protagonista della storia, in modo tale da poter dare un proprio giudizio sulla situazione storica attuale attraverso le scelte da lui compiute, ma, al tempo stesso, questo sembra quasi far dimenticare l’oggettiva grandezza del poeta che, in un modo o in un altro, ha segnato la storia del nostro paese.

Da segnalare l’interpretazione, la gestualità e le battute, che riprendono quelle del Vate e che lo dipingono in maniera quasi impeccabile. Anche se, talvolta, tendono a travolgere il resto della narrazione.

Una descrizione degli eventi storici, quali l’incontro con Mussolini o il dissenso nei confronti dell’alleanza con la Germania da parte di D’Annunzio, molto fedele, anche se solo accennata e intuibile da commenti o frasi pronunciate dai personaggi. Questo a favore di un’attenzione al mostrare momenti e situazioni più eccentriche che potessero dipingere il protagonista (e gli altri personaggi) in modo particolare e, a volte, anche caricaturale.

Un film per conoscere un’altra parte della storia d’Italia e di un personaggio che, nel bene o nel male, ha fatto parlare di sé e ha donato tanto al paese.


Veronica Ranocchi