La sciagura è un fulmine a ciel sereno per due uomini che fino a quel momento erano profondamente calati nel loro ruolo quotidiano (Freeman saggio patriarca col il pallino della cultura in pillole che dispensa rispondendo ai quiz televisivi, Nicholson, capitalista misogeno e caustico, che ha sostituito gli affetti famigliari con il culto di mammona) e che improvvisamente si ritrovano a condividere una stanza d’ospedale ed un destino che li costringe a confrontarsi, attraverso una serie di schermaglie che preannunciano l’inevitabile amicizia, concedendosi una pausa dai problemi contingenti (ancora una volta attraverso il viaggio simbolo di quel movimento reale e metaforico che da sempre è il marchio della cultura americana) e riconciliandosi con quella parte di sé che la vita aveva soffocato.
The Bucket list, realizzato da Rob Reiner (The Sure thing e When Harry meets Sally) con una professionalità che non lascia spazio alla fantasia, è una commedia agrodolce che esorcizza la morte e ci mostra la paura come conseguenza di una serie di azioni mancate, che il film concentra soprattutto nel personaggio di Nickolson, incapace di confessare prima di tutto a se stesso l’amore verso una figlia allontanata dalle incomprensioni famigliari, ma anche in quello di Freeman nel ritrovato rapporto coniugale affievolito dalla routine di una fedeltà mai messa in discussione e favorito da un invenzione del compagno di avventure tanto semplice quanto efficace nel dimostrare che nessuno è perfetto, ma tutto è migliorabile.
Il sodalizio divistico, oltre ad essere il punto di forza del film, deve la sua efficacia alla complementarità della recitazione: esibita e cialtrona quella del vecchio Nick, che nella seconda parte dai toni maliconici e decisamente commovente, rinuncia - se Dio vuole - al mefistofelico sorriso e torna a recitare; cool e leggiadra quella di Freeman, appena visto aitante e baldanzoso in Ten items or less, e qui in un ruolo completamente opposto, semplicemente perfetto per tempi e misura.
Il film perde colpi soprattutto nella parte centrale e al dunque con una serie di cartoline che scandiscono per tappe successive i momenti dello spensierato viaggio e risultano un espediente poco riuscito per allungare un'opera che non ha il respiro di un lungometraggio.