giovedì, marzo 31, 2011

LA VITA FACILE

La vita facile
di L. Pellegrini


Finalmente un bel film italiano. Dopo una serie di prodotti che solleticano la fantasia televisiva del pubblico nostrano, infarcendolo di un qualunquismo che usa la risata come mezzo per dissuaderlo da qualsiasi iniziativa critica, ecco spuntare all’orizzonte il film che non ti aspetti, realizzato da un regista “alternativo” come Lucio Pellegrini, poco prima nelle sale con l’ennesimo rifacimento dei soliti ignoti, e qui pronto a raddoppiare con un'altra uscita che però si discosta e non di poco dalle sue esperienze precedenti.

Film della maturità si potrebbe dire, se la parola non rappresentasse un ipoteca su un futuro ancora da scrivere, per la presenza di personaggi che con la giovinezza e le loro scelte sono chiamati a fare i conti. Ma soprattutto film con la “F” maiuscola per la volontà di costruire una storia che non si ferma al glamour dei suoi interpreti, Accorsi e Favino - come dire un pezzo importante della nouvelle vague italiana - all’effetto delle loro battute, e che soprattutto non usa il malessere della società per imbastirci sopra una serie di speculazioni di ovvio qualunquismo.

La vicenda di Luca e Mario divisi da una donna ma soprattutto da una visione del mondo quantificata dalla distanza tra le strutture fatiscenti dell’ospedale africano gestito dal primo ed i corridoi asettici della clinica in cui opera il secondo, è il pretesto per fare il punto su una generazione che ha messo da parte amore ed ideali politici per trovare il proprio posto nel mondo.
Così quando Mario con la scusa di aiutare l’amico si trasferisce in Africa, le ragioni di quella diversità ma soprattutto la natura delle loro personalità diverranno la chiave per un esperienza catartica, capace di portare a galla antiche ipocrisie risolvendole alla luce di un confronto giocato in una terra che non ammette vie di mezzo.

Ambientato quasi interamente in un paesaggio africano che non diventa mai stereotipo, La vita facile smentisce il suo titolo presentandoci un’umanità perennemente in affanno, intrappolata in una dimensione di precarietà che seppur a diversi livelli, Mario impegnato a mantenere un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità e Luca medico senza frontiere e senza mezzi, si rivela l’unica costante in un pluralismo di caratteri ed aspirazioni.
Enfatizzando il contrasto tra la vastità degli spazi naturali con i limiti degli interni borghesi oppure anteponendo lo stile di vita frugale ma sincero del personale impegnato nella missione umanitaria con quello affettato e di convenienza del mondo imprenditoriale, Pellegrini rende ancora più evidente la grettezza dei nostri tempi.
Ma il vero capolavoro lo compie quando lavorando sulle psicologie dei personaggi (basterebbe pensare al personaggio di Ginevra ago della bilancia e punto di raccordo tra i due amici) permette alla storia di trasformarsi in una specie di thriller esistenziale dopo averci abituato ad un tono a metà strada tra il dramma e la commedia.
Ed è proprio nelle sfumature dei toni, ben sintetizzate dalla complementarità caratteriale dei due protagonisti, Favino estroverso e farabutto, Accorsi ingenuo ed idealista, ma anche dalla comune debolezza (entrambi in un fuga, entrambi soggiogati dalla stessa donna) che La vita facile riesce a dirci qualcosa di diverso, a sollevarci il dubbio che forse è proprio nella comprensione della fallibilità che si nasconde la ricetta della nostra rinascita. Sbaglio quindi sono.
E’ questa la nuova "eresia" a cui anche noi ci uniamo volentieri.

mercoledì, marzo 30, 2011

Film in sala dal 1 aprile 2011

Boris - il film
(Boris - il film)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo

Hop
(Hop)
GENERE: Commedia, Family
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Tim Hill

Kick-Ass
(Kick-Ass)
GENERE: Azione, Commedia, Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Matthew Vaughn

La fine è il mio inizio
(La Fine è il Mio Inizio)
GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Jo Baier

Mia moglie per finta
(Just Go with It)
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Dennis Dugan

Poetry
(Shi)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Corea del Sud
REGIA: Lee Chang-dong

The Ward
(The Ward)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: John Carpenter

lunedì, marzo 28, 2011

SUBMARINO

SUBMARINO
Diretto da Thomas Vinterberg


Orrore. Un neonato si addormenta risvegliandosi morto davanti ai fratellini.
Il corpo di un moribondo riverso sulla strada ed il sorriso spensierato delle persone che gli passano accanto. Il sapore di una fellatio addolcito da un caffè ancora fumante.
Queste ed altre crudeltà sono il biglietto da visita dell'ultimo film di Thomas Vinterberg, nuovamente alle prese con le conseguenze di un disastro famigliare.
Ma se altre volte le ragioni del dolore era qualcosa da nascondere e la storia funzionava come volano di un disvelamento che metteva a nudo le ipocrisie ed il perbenismo di una borghesia in decadenza, coinvolgendo i personaggi in una catarsi finale che era funzionale alla drammaturgia del racconto, questa volta il regista procede al contrario decidendo di mostrare tutto e subito, a cominciare dal prologo iniziale dove i due protagonisti ancora bambini assistono alla morte del fratellino che stanno accudendo al posto della madre, ubriaca ed assente, e di fare derivare la tensione non tanto dalla progressione con cui il protagonista e lo spettatore vengono a capo di una verità indicibile, ma dal fatto di mostrarne le conseguenze, di legare le azioni dei personaggi a quel peccato originale.
E proprio di peccato si può parlare, non solo per i significati che la parola assume nel paese che ha dato i natali ad un filosofo come Søren Kierkegaard, ma anche per il modo con cui Nick e Martin si rapportano a quell'esperienza.
Una responsabilità che i due si assumono pienamente e che si rivela nella vita punitiva che si sono costruiti.
Il primo vivendo come un recluso nello spazio ristretto di una cameretta e frequentando derelitti come lui (compresa Sofie, la vicina di casa che gli regala saltuari diversivi sessuali), il secondo vedovo e tossicodipendente alle prese con un figlio da allevare ed uno stipendio derivato dallo spaccio della droga.
Prigioni della mente ma anche del corpo che rimandano continuamente ad un senso di paternità ambivalente, desiderato come il film lascia intravedere negli spaccati di vita dedicati alle scene di vita familiare tra Martin ed il figlio ed anche negli sguardi che Nick rivolge al bambino di Sofie (anche qui siamo in presenza di un matrimoni fallito e di un infanzia rubata), oppure rifiutata per la consapevolezza di non esserne all'altezza come accande appunto a Martin attraverso il gesto drammatico quanto liberatorio che da una svolta a quel legame imperfetto ed allo stesso tempo funziona come elemento salvifico per gli altri personaggi.

Lontano dal Dogma Vinterberg sembra l'artefice di un cinema più propenso a raccontare che a suggerire. Per fare questo il regista allontana la telecamera dai suoi protagonisti per inserirli in uno spazio concreto in cui il quotidiano nel suo indifferente divenire contribuisce non poco a costruire il senso di alienazione che pervade la vicenda.
Componendo quadri di assoluta disperazione sullo sfondo di una città immersa nel gelo e nel grigiore di un inverno dai toni esistenziali il regista sembra farsi cantore di un umanità disperata che sembra la versione in nero di quella bukowkiana. Una fotografia prosciugata dei colori primari, certe inquadrature che rendono bene il senso di costrizione vissuto dai protagonisti (i mezzi primi piani di Nick ripresi dall'alto e che sembrano pesargli sulla faccia) sono gli altri segni di uno stile al servizio della storia.

Tratto da un opera letteraria, "Submarino" mostra qualcosa di nuovo dal punto di vista formale ma ci dice forse che il regista danese è pronto a cercare altre strade, onde evitare di ripetersi in tematiche già trattate e su cui questo film ritorna con poche variazioni.

Tenendo presente l'immagine iniziale con i bambini sotto il lenzuolo, oppure ripensando ai primi piani degli stessi con la faccia divorata dal buio, si potrebbe dire che "Submarino" nel suo riferirsi ad un mondo sotterraneo rappresenta un titolo azzeccato nel trasporre in senso figurato il pieno ed il vuoto della storia, la condizione di isolamento ed allo stesso tempo la voglia di essere insieme dei personaggi, indipendentemente dal modello familiare e nonostante i non detti dei loro silenzi.


pubblicata su ondacinema.it

TOURNEE

TOURNEE
Regia: Mathieu Amalric


Joachim (M. Amalric) è un ex produttore televisivo caduto in disgrazia, che dopo un lungo soggiorno negli States torna in Francia nelle vesti di impresario con uno spettacolo teatrale sperando nella grande rivincita.
Con le sue vitali ed eccessive starlette, virtuose del new burlesque, batte piccoli locali di provincia sognando di portare il suo spettacolo a Parigi.
L'operazione si rivelerà molto difficile a causa dei cattivi ricordi che la figura di Joachim ha lasciato nei suoi ex colleghi e dei difficili rapporti con impresari e gestori di teatri.
Tra le mode del momento quella del new burlesque è una delle più abusate.
Al cinema, negli ultimi mesi, lo abbiamo visto rappresentato in maniera banale e patinata nel musical Burlesque con la coppia Aguilera-Cher, operazione puramente commerciale dal valore artistico praticamente nullo.
Ora è la volta del regista-attore francese Mathieu Amalric (Lo scafandro e la farfalla - 2007), che alla guida di un cast praticamente perfetto riesce a consegnare allo spettatore una storia credibile dove il burlesque con le sue piume e paillettes, le provocazioni sexy e il trucco esagerato fa da sfondo.
Sul palcoscenico nessuna giovanissima da rivista patinata per adulti né tantomeno stagionate siliconate all'inverosimile, ma donne prosperose e debordanti capaci di movenze da gatte.
Un ritratto vivo e palpitante di un mondo che di notte vive di falsi splendori e futili successi, ma che di giorno deve fare i conti con incertezze e inquietudini vissute in anonimi scompartimenti di treni o stanze di alberghi.
Tournèe è un'orgia di sensazioni contrastanti, ma soprattutto una discesa nei luoghi dell'anima, nel profondo dei sentimenti, che il regista simboleggia con il livello dei locali dove si esibiscono le sue splendide artiste e degli alberghi dove alloggiano, che si abbassa sempre di più con l'avanzare della storia.
Film a tratti struggente e forse anche crudele ma di indiscutibile bellezza, penalizzato più del dovuto dal doppiaggio italiano.
Premiato a Cannes 2010 per la miglior regia anche se in realtà non mancano alcuni errori nei dettagli.
Intelligente e amaro.

venerdì, marzo 25, 2011

Greemberg

Greemberg
regia di Noah Baumbach



Due pesci nello stesso acquario non è detto che vadano d’accordo: spazi da condividere e la difficoltà di riconoscersi nell’altro possono essere un problema. Harry (Greemberg) e Florence sono proprio così, immersi in un microcosmo di apatia che li separa dal mondo e da se stessi. Una dimensione autistica che il film rende evidente fin da subito, presentandoci le rispettive distanze attraverso immagini semplici ma dirette: lui arroccato dentro la villa del fratello nel quale dovrà smaltire i postumi di un esaurimento nervoso, lei all’interno di una macchina che attraversa la città: l’occhio del regista li segue nel loro agire impacciato, assecondando le linee di gesti continuamente ripensati: due bolle d’aria sul punto di esplodere se non fosse per la paura di doversi confrontare con quello che c’è fuori. Il loro incontro è tanto casuale quanto necessario a definire un esistenza altrimenti destinata a reiterare l’anonimato di lavori che non sono tali (lui musicista fallito ed ora carpentiere, lei impiegata a tempo pieno del di lui fratello) ed il vuoto di amori andati a male.

Ultimo capitolo di un'ideale trilogia ("Il calamaro e la balena", "Margott at the wedding") , Baumbach completa il suo percorso cognitivo con un film che radicalizza i temi e le nevrosi già presenti nei precedenti lavori. Se nella prima fase la famiglia e le sue dinamiche erano rappresentate all’interno di un panorama istituzionalizzato ed in fin dei conti ancora valido, seppure indebolito nella sue figure dominanti (padri madri, mogli e mariti sono sempre sotto tutela), qui il processo di detrimento condiziona i personaggi non solo in termini sociali, privandoli dei normali punti di riferimento, ma anche a livello psicologico, togliendo loro qualsiasi spirito d’iniziativa: Harry e Florence appaiono così catapultati all’interno di un palcoscenico dove tutto il resto, gli amici, le ex mogli, e quel che resta del consesso familiare non sono altro che un espediente per dare voce alla propria coscienza e rileggere il passato alla luce delle nuove consapevolezze. Ne deriva una sorta di seduta psicanalitica che non risparmia nulla e nessuno, e fa tabula rasa di ogni compromesso. Greenberg diventa allora un “Drugo” privo di umorismo, un Savonarola destinato a portarsi dietro le stimmate della propria insoddisfazione. Il finale aperto e lo spiraglio di un nuovo inizio riescono solo in parte ad allentare la sensazione di una realtà senza scampo.

Alla stregua di molti registi della nuova generazione, anche Baumbach gira con un occhio rivolto al cinema americano degli anni '70, a cui ruba non solo l’attenzione maniacale nella costruzione psicologica dei personaggi ma anche la tendenza ad analizzare la società americana attraverso l’esemplarità dei personaggi che descrive: ed anche questa volta lo fa appoggiandosi ad una sceneggiatura estremamente dialogata e con una direzione attoriale che punta molto sulle differenze fisiognomiche (il corpo da amazzone di Florence e quello gracile e nervoso di Harry) e sulla capacità di Ben Stiller di far convivere una popolarità prettamente comica all’interno di un personaggio lontano da quel temperamento. Lo straniamento che ne deriva insieme alla capacità di traghettare lo spettatore all’interno di un mondo a compartimenti stagno, completamente impermeabile ai cambiamenti della storia, sono al tempo stesso il pregio ed il limite di un film che rischia l’autoreferenzialità.


23/08/10

Recensione pubblicata su ONDACINEMA

giovedì, marzo 24, 2011

Film in sala dal 25 marzo 2011

Amici, Amanti e...
(No Strings Attached)
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Ivan Reitman

El cantante
(El cantante)
GENERE: Biografico, Drammatico, Musical
ANNO: 2006
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Leon Ichaso

Frozen
(Frozen)
GENERE: Drammatico, Thriller
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Adam Green

Lo stravagante mondo di Greenberg
(Greenberg)
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Noah Baumbach

Non lasciarmi
(Never let me go)
GENERE: Drammatico, Thriller
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna, USA
REGIA: Mark Romanek

Questo mondo è per te
(Questo mondo è per te)
GENERE:
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Francesco Falaschi

Silvio Forever
(Silvio Forever)
GENERE: Documentario
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Roberto Faenza, Filippo Macelloni

Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata
(Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata)
GENERE: Thriller
ANNO: 2011 DATA: 25/03/2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Carlo Vanzina

Space Dogs 3D
(Belka i Strelka. Zvezdnye sobaki)
GENERE: Animazione
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Russia

Sucker Punch
(Sucker Punch)
GENERE: Azione, Thriller, Fantasy
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Zack Snyder

martedì, marzo 22, 2011

Intervista a Nicola Palmeri

Intervista a Nicola Palmeri


Come mai un documentario su Tano Cimarosa, ci pensavi da tempo, oppure un'occasione presa al volo?

All’inizio volevo fare un corto con lui. Avevo un soggetto che poteva essere perfetto, ma non c’erano i presupposti per realizzare un buon lavoro. Sia perché non c’erano i soldi sia perché lui stava già poco bene di salute e quindi le cose si sarebbero complicate. Non mi andava di farlo tanto per girare e poter dire che avevo fatto un corto col mitico Cimarosa. Decisi semplicemente di intervistarlo per confezionare un video, un omaggio. Ma appena lo vidi davanti alla mia videocamera rimasi colpito da quel suo volto visto e rivisto nei tanti film. Decisi allora di andare a Roma per continuare ad intervistarlo. Grazie all’aiuto di un’amica che avevamo in comune riuscii ad entrare nell’appartamento dove viveva a Roma. Era una casa piccola, tappezzata da tantissime sue foto. C’era tutta la sua vita. E c’erano tantissimi pupi costruiti da lui. Una casa davvero particolare. Devo dire che in Sicilia mi è capitato spesso di incontrare personaggi che come Tano hanno fatto delle loro abitazioni una sorta di museo con i cimeli della loro vita. Ma quella di Cimarosa era particolare perché non era solo la sua storia ad essere appesa alle pareti ma era per certi versi anche la storia del cinema italiano, o meglio di quel tipo di cinema che aveva fatto lui.

Cimarosa si è mostrato subito disponibile oppure hai dovuto conquistare la sua fiducia?

No anzi, era felicissimo che si stesse facendo un documentario su di lui. Voleva sapere chi avevo contattato e si è messo subito a disposizione come lui stesso racconta davanti alla telecamera in una scena del backstage del film stesso.

Progetti per il futuro?

Ho appena finito di scrivere a due mani la sceneggiatura di un corto. Spero di poterlo girare al più presto, compatibilmente con le altre mie produzioni e con gli altri progetti che riguardano la mia seconda passione che è l’informatica.

LO CHIAMAVANO ZECCHINETTA

LO CHIAMAVANO ZECCHINETTA
Regia: Nicola Palmeri


Il documentario ripercorre la lunga carriera dell'attore siciliano TANO CIMAROSA (scomparso nel 2008) attraverso i racconti del protagonista, la voce del compianto Gregorio Napoli (che in alcuni frangenti imita le gag di Ciprì e Maresco che lo videro spesso protagonista) e le testimonianze di Giuliano Gemma, Nino Frassica, Leo Gullotta, Tony Sperandeo, Franco Nero e altri artisti e attori amici di Tano Cimarosa.

Il ruolo di Zecchinetta ne Il giorno della civetta (Damiano Damiani, 1967) impose il volto di Tano Cimarosa nel panorama cinematografico italiano, facendone uno dei caratteristi più richiesti dai registi di casa nostra.

Tano Cimarosa e Nicola Palmeri Oggi dare del caratterista ad un attore pare come voler sminuire le sue capacità, basta un passaggio televisivo, una particina in qualche fiction e un po di gossip costruito ad arte su qualche rivista conseziente per far si che un qualunque attore reclami ruoli da star.

Tutto questo ha concorso (insieme ad altri fattori) a portare alla scomparsa di un mondo che ha contribuito in maniera determinante a rendere "grande" il cinema italiano dagli anni '50 sino alla fine degli '80 e di conseguenza ad un impoverimento di quello attuale.

Una galleria sterminata di volti e personaggi di secondo piano, che con professionalità e impegno hanno arricchito tante pellicole.

Senza dilungarci, ma al solo scopo di rendere più chiaro quanto detto, basti pensare alla Tina Pica di tante commedie degli anni '50 e '60; al Mario Brega della Trilogia del dollaro di Sergio Leone o a cosa sarebbero stati i tanti Fantozzi senza Gigi Reder; per non parlare di attori come Memmo Carotenuto e Tiberio Murgia, solo per citarne alcuni.

Tano Cimarosa è stato uno dei più grandi esponenti di questa categoria di attori, prendendo parte ad oltre 50 film.

Ha lavorato con i più grandi registi del panorama nazionale, ed è stato l'attore feticcio di Damiano Damiani e Giuseppe Tornatore che lo hanno voluto in molte delle loro pellicole.

Palmeri racconta il Cimarosa attore, attraverso annedoti, ricordi, incontri.

Descrive con precisione l'uomo che si fece maschera grazie al talento naturale che lo rese il più siciliano dei siciliani da film.

"Lo chiamavano Zecchinetta" non è un documentario che si prefigge di esaltare le doti di Tano Cimarosa, ma piuttosto cerca di trasmettere, con leggerezza e sponataneità, la passione e forse anche quel pizzico di orgoglio di un artigiano della recitazione, di un puparo messinese che divenne attore.



per saperne di più: "Lo chiamavano Zecchinetta", un docufilm in download gratuito per uno dei più grandi caratteristi siciliani" (cinerepublic)

venerdì, marzo 18, 2011

RANGO

RANGO
Regia: Gore Verbinski


Rango (il nome è un esplicito riferimento a Django 1966 di S. Corbucci) è una lucertola che vive in un terrario.

A causa di un incidente stradale, il contenitore in cui vive viene scaraventato via dall'autovettura che lo trasporta e lui si ritroverà nel deserto tra Usa e Messico, dove sarà costretto a fronteggiare cactus, pistole e sombreros con sotto facce da bandito.

Avventura western in salsa messicana con chiaro riferimento a Sergio Leone e allo spaghetti-western in generale (che al contrario del western americano era spesso ambientato in questi luoghi).

Diretto da Gore Verbinski (trilogia dei Pirati dei caraibi), sceneggiato da John Logan (Il Gladiatore 2000 - The Aviator 2004) e realizzato dalla Industrial Light & Magic di George Lucas, alla loro prima esperienza con l'animazione.
Nella versione originale la voce di Rango è quella di Johnny Depp.

Cartone divertente per tutte le fasce di età, dove le poche situazioni comiche per bambini si fondono con i tanti riferimenti cinematografici......e a un certo punto si materializza anche Clint Eastwood!

giovedì, marzo 17, 2011

Film in sala dal 18 marzo 2011

Amici miei - come tutto ebbe inizio
(Amici miei - come tutto ebbe inizio)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Neri Parenti

Beyond
(Beyond)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Svezia, Finlandia
REGIA: Pernilla August

Dylan Dog
(Dylan Dog: Dead of Night)
GENERE: Horror, Thriller, Mystery
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Kevin Munroe

Gnomeo e Giulietta
(Gnomeo and Juliet)
GENERE: Animazione, Fantasy, Family
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna, USA
REGIA: Kelly Asbury

Nessuno mi può giudicare
(Nessuno mi può giudicare)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Massimiliano Bruno

Sorelle mai
(Sorelle mai)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Marco Bellocchio

Street Dance 3D
(StreetDance 3D)
GENERE: Drammatico, Sentimentale, Musicale, Dance movie
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna
REGIA: Max Giwa, Dania Pasquini

Tournée
(Tournée)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Mathieu Amalric

lunedì, marzo 14, 2011

THE FIGHTER

THE FIGHTER
Regia: David O. Russel


La vera storia di Mickey Ward, pugile privo di grande talento ma duro come una roccia, che nonostante le fratture alle mani, procurategli da un poliziotto, riesce a diventare campione del mondo.
Mickey, vive con la numerosa famiglia a Lowell, Massachusetts, dove il fratellastro Dickie (C. Bale) ex pugile di buon livello, ora schiavo del crack, è una leggenda (locale) della boxe.
Dickie e la madre Alice (M. Leo) sono anche, rispettivamente, allenatore e manager di Mickey.
I due non riescono nei loro ruoli, in quanto spesso mandano allo sbaraglio contro avversari impossibili il giovane Mickey, al solo scopo di racimolare qualche dollaro.
Strana storia quella di David O. Russel, regista di talento che era inspiegabilmente scomparso dalle scene dopo il validoThree Kings (1999).
C'è chi insinua che il suo non sia stato un esilio volontario, ma piuttosto che abbia pagato le furiose liti con Christopher Nolan e George Clooney, esilio che ha avuto fine quando Mark Wahlberg (protagonista e produttore del film) lo ha chiamato per dirigere questo The Fighter.
Il cinquantaduenne regista non delude e dimostra di conoscere il mestiere, dirigendo con mano sicura un film carico di retorica, come ovvio per un film sulla boxe e dalla consueta trama con discesa all'inferno e risalita verso la gloria del pugile di turno, ma comunque non banale e con una galleria di personaggi tutti ben interpretati da comprimari di alto livello.
Grande merito del regista è quello di far emergere l'ignoranza, lo squallore, l'emarginazione di quell'America che raramente vediamo rappresentata sugli schermi in maniera cosi realistica.
Premio Oscar come migliori attori non protagonisti per Christian Bale e per la tostissima Melissa Leo che qualche tempo fa avevamo segnalato per l'ottima intrpretazione in Frozen River.

venerdì, marzo 11, 2011

Il buongiorno del mattino

Il buongiorno del mattino (Morning Glory)
di Roger Michell



Il buongiorno del mattino (Morning Glory) è una commedia che ricalca con poche variazioni personaggi e situazioni di un campione del genere come "Il diavolo veste Prada": anche qui c’è una giovane di belle speranze alle prese con un moloch lavorativo; anche qui il mondo si divide in buoni e cattivi senza alcune sfumature e la televisione come la moda risulta allo stesso modo affascinante e crudele.

Se poi il punto di vista del film corrisponde a quello di un personaggio la cui centralità è il frutto di una scelta soggettiva piuttosto che meritocratica, Becky come Andrea la segretaria di Miranda Priestly è una pedina del sistema valorizzata da un primato assegnatole dall’esterno piuttosto che da un evidenza desunta dal contesto in cui opera dove invece la palma del primato spetta ad altri, allora le analogie diventano quasi imbarazzanti.

D’altronde muovendosi in una situazione di rimozione generale che riguarda tanto gli aspetti del reale, ripulito di qualsiasi complessità, che quelli individuali, condizionati da pulsioni sessuali continuamente represse se non completamente assenti, la Commedia puritana pur mantenendosi attaccata alle proprie tradizioni nella costruzione delle sue storie, con la solita dialettica tra personaggi antitetici che finiranno per amarsi, e nei dialoghi, controllatissimi anche laddove si vorrebbe far credere il contrario, tenta di risollevarsi adottando un format intergenerazionale contente vecchie volpi come Harrison Ford e Diane Keaton, bloccati una recitazione così legnosa da contribuire non poco all’insuccesso del film, e nuove leve dello star system hollywoodiano come Rachel Mc Adams, in odore di santità per la partecipazione con un ruolo importante al nuovo film di Terrence Malik e qui impegnata ad interpretare un concentrato di virtù così esagerato da risultare incredibile persino ai fans più sfegatati.

Un tentativo destinato a riuscire quando le Muse ispirano i propri adepti (è il caso del Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato o della Streep nel ruolo della perfida Miranda Priestly ), ma il più delle volte semplice stratagemma per ampliare la fascia d’età dei possibili fruitori.

E questo è appunto il caso di "Morning Glory", titolo dello show televisivo che fa da sfondo ad una vicenda incentrata sui tentativi di una giovane produttrice di evitare la cancellazione di quel programma, gravemente condizionato dalla scarsa attitudine di una vecchio giornalista costretto alla conduzione da una clausola contrattuale scovata dall’instancabile ragazza e deciso per questo a vanificarne gli sforzi.

Monopolizzato dal conflittuale rapporto tra i due contendenti ed alleggerito dagli interventi semiseri degli altri comprimari, ivi compresi quelli di una Diane Keaton fortemente declassata da una sceneggiatura che riduce il suo ruolo ad un nulla rumoroso, il film si mantiene sulla superficie delle cose, promuovendo un etica del lavoro fintamente criticata ma in realtà consolidata in una progettualità matrimoniale che nella scena conclusiva di chapliniana maniera trova la sua triste apoteosi, e riducendo la televisione e le sue liturgie ad una serie di aneddoti, a volte divertenti a volte fastidiosi, che accompagnano la querelle al risaputo lieto fine.

Ultimo esempio di un genere fortemente in crisi, (ancora peggio ha fatto Albert Brooks con lo sconcertante "Come lo sai?") il film diretto da Roger Michell segna un altro passo a favore di quelle produzioni concorrenti che pur segnalandosi per la loro arroganza verbale ed una certa sciatteria riescono però a dialogare con il proprio pubblico costruendosi una precisa identità, esattamente il contrario di quello che avviene in "Morning Glory".


pubblicato su ondacinema.it

giovedì, marzo 10, 2011

Film in sala dall'11 marzo 2011

Carissima me
(L'Age de raison)
GENERE: Commedia, Sentimentale
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Yann Samuell

Gangor
(Gangor)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Italia, India
REGIA: Italo Spinelli

Holy Water
(Holy Water)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna
REGIA: Tom Reeve

I ragazzi stanno bene
(The Kids Are All Right)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Francia, USA
REGIA: Lisa Cholodenko

Il rito
(The Rite)
GENERE: Drammatico, Horror
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Mikael Håfström

Le Stelle Inquiete
(Le Stelle Inquiete)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Emanuela Piovano

Ramona and Beezus
(Ramona and Beezus)
GENERE: Commedia, Family
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Elizabeth Allen (III)

Rango
(Rango)
GENERE: Animazione, Azione, Avventura
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Gore Verbinski

Tutti al mare
(Tutti al mare)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Matteo Cerami

mercoledì, marzo 09, 2011

127 ORE

127 ORE
Regia: Danny Boyle


La vera, incredibile storia di Aron Ralston (James Franco), un alpinista americano, in questo caso superficiale, intrappolato in un canyon dello Utah.
Danny Boyle è regista dalle indubbie capacità, che alterna grosse produzioni a film dal budget medio-basso.
Se si esclude il trionfo di The Millionaire (8 Oscar) il regista inglese ha messo a segno i suoi colpi migliori quando si è cimentato con produzioni "minori" come 28 giorni dopo (2002) e l'ormai film di culto Trainspotting (1996), mentre quando ha avuto a disposizione budget importanti è andato incontro a flop clamorosi come nel caso di The Beach (2000).
Forse è questo il motivo che lo ha spinto a rinunciare alle mega offerte hollywoodiane piovutegli addoso dopo il successo planetario di The Millionaire, per girare questo 127 Ore.
Nel raccontare questa storia, Boyle sfida se stesso, cercando di portare sullo schermo l’assenza di movimento.
Ci riesce usando l'escamotage del flashback e delle allucinazioni di cui è vittima il protagonista.
Ci riesce grazie ad alcuni virtuosismi, alla fotografia, al montaggio pop e soprattutto grazie ad alcune trovate come quella che simula la presenza della mdp all'interno degli oggetti.
Il regista inglese porta il suo protagonista nelle viscere della terra per dimostrare al pubblico che dall'assenza di movimento fisico può scaturire un furioso dinamismo mentale, così mentre il corpo è inchiodato la mente partorisce pensieri e viene violentata da stati allucinatori.
Se durante la visione si tiene ben presente che siamo dinanzi ad una storia realmente accaduta, alcune scene potrebbero risultare insostenibili.
Metafora sul rapporto uomo-natura e chiaro messaggio, in salsa americana, della rinascita spirituale dopo la sofferenza fisica.
Fastidiosamente infarcito di pubblicità, per niente occulta.
Presentato in anteprima durante l'ultimo Torino Film Festival.

Fair Game

Fair Game


Le bugie che portarono alla guerra irachena e la voglia di un attore di rappresentare quella parte di America che provò a ribellarsi: ingredienti di un cinema impegnato diluiti nella forma di un prodotto di consumo che se non nella sostanza si avvicina almeno nello spirito al desiderio di rappresentare il proprio tempo e gli uomini che ne fanno parte.

Ed in questo senso il film di Doug Liman non omette niente, partecipando lo spettatore di nomi e cognomi ed agevolando la lettura delle vicende piuttosto complicate che segnarono la vita di Valerie Plam, agente della Cia sottocopertura la cui copertura fu rivelata pubblicamente dall’amministrazione Bush come risposta ad un articolo in cui il di lei marito smentiva l’esistenza di una minaccia nucleare da parte dell’Iraq.

Il film segue la vicenda in maniera cronologica, privilegiando il punto di vista di chi si deve difendere dall’attacco del Leviatano: supportato dai resoconti scritti di chi quella storia la visse veramente Doug Liman non riesce ad evitare certa enfasi retorica soprattutto nell’esposizione troppo sintetica che non deve omettere nulla delle ragioni degli uni e degli altri, oppure espedienti troppo conclamati come quelle delle cene amicali inserite nel film in maniera sistematica per fornire attraverso le discussioni estemporanee il polso di un opinione pubblica altrimenti emarginata dalla condizioni di isolamento che caratterizzò la vita dei due coniugi.

Interpretato con inaspettata sobrietà da un Sean Penn che sembra volersi rifare alla vocazione liberal che fu già di Redford/Hoffman in “Tutti gli uomini del presidente” e che nell’attore, presente nei luoghi della guerra per sostenere i diritti del popolo inerme e vittima predestinata dei bombardamenti americani, assume un plus valore di assoluta credibilità, e con una Naomi Watts professionalmente ineccepibile, Fair game non fa fatica a deludere politologi ed appassionati per la mancanza di approfondimento, così come sul piano strettamente cinematografico tutti coloro che di fronte a tali ingiustizie invocano crociate e furori calvinisti.

In realtà nella paura di risultare fazioso il film raffredda il pathos, cercando di privilegiare l’evidenza dei fatti. Non sempre gli riesce, soprattutto nel versante privato in cui prevale una drammaturgia di facile consumo, costruita contrapponendo l’onestà dei protagonisti al malaffare del mondo esterno.

Difetti che solo in parte posso spiegare la disaffezione del pubblico addestrato a ben altra rozzezze e che invece deve essere ricercata nello scarso appeal cinematografico del tema (la dietrologia delle nuove guerre non sono mai state premiate al botteghino) e nella scarsa disponibilità dei due interpreti a flirtare con uno spettatore che ama essere vezzeggiato.

Ciò nonostante il film è migliore dell’accoglienza ricevuta e merita almeno una visione.

lunedì, marzo 07, 2011

IL GRINTA

IL GRINTA
di J. e E. Coen


La quattordicenne Mattie Ross (H. Steinfeld) assolda lo sceriffo Cogburn (J. Bridges) per catturare Tom Chaney (J. Brolin) che le ha ammazzato il padre.
Alla caccia all'uomo, rifugiatosi in territorio indiano, si unirà il ranger texano La Boeuf (M. Damon).
Nel 1969 piombò sugli schermi l'innovativo e revisionista Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah.
Tra il 1964 e il 1966 Sergio Leone con la sua "Trilogia del dollaro" aveva stravolto i canoni del western classico.
Ecco perché quando nel 1969 arrivò nelle sale il Grinta interpretato da John Wayne e diretto da Harry Hathaway, risultò essere una pellicola arrivata fuori tempo massimo, un film vecchio stile o forse vecchio e basta.
Per questo motivo fondamentale, per i fratelli Coen, non avrebbe avuto senso mettere in piedi un remake del film di Hathaway.
Infatti, i fratelli del Minnesota, per quanto possibile, cercano di tenersi lontano dalla pellicola che portò all'oscar il duca e ci offrono una personale rilettura del racconto (pubblicato a puntate sul Saturday Evening Post nel 1968) di Charles Portis.
Joel e Ethan Coen si insinuano nelle pagine del romanzo, rileggendolo e fornendo la loro personale visione della vicenda, che porta ad un ridimensionamento del ruolo del ranger La Boeuf e soprattutto rende molto più agguerrita e bellicosa la quattordicenne Mattie Ross.
Esteticamente virano con decisione prima sul truculento, nella scena del capanno, e poi sfiorano il lisergico sia quando si materializza l'indiano che porta via il cadavere dell'impiccato sia durante la sfiancante galoppata notturna.
Il direttore della fotografia Roger Deakins, inoltre, ci mette del suo trasformando lo scontro notturno tra La Boeuf e la banda di Lucky Ned (B. Pepper) in una partita di baseball giocata con la luce artificiale.
Praticamente perfetto l'imponente J. Bridges nei panni dello sceriffo alcolizzato, dai modi rudi e sbrigativi.
Film sul distacco, la separazione, la perdita.
Ennesima sfida dei fratelli Coen, che per la prima volta sono riusciti ad abbattere il muro dei cento milioni di dollari di incasso negli Stati Uniti, cosa non riuscita neanche a capolavori come Il grande Lebowsky (1998) e Non è un paese per vecchi (2007).
Curiosità: nel Grinta del 1969 la benda del protagonista era sull'occhio sinistro, in questa versione è posizionata su quello destro.

giovedì, marzo 03, 2011

Film in sala dal 3 marzo 2011

Beyond
(Beyond)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Svezia, Finlandia
REGIA: Pernilla August

Easy girl
(Easy A)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Will Gluck

Il buongiorno del mattino
(Morning Glory)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Roger Michell

Il gioiellino
(Il gioiellino)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Francia, Italia
REGIA: Andrea Molaioli

La vita facile
GENERE: Drammatico, Sentimentale
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Lucio Pellegrini

Piranha 3D
(Piranha 3-D)
GENERE: Horror
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Alexandre Aja

The Fighter
(The Fighter)
GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: David O. Russell

Una cella in due
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Nicola Barnaba