A classic horror story
di Roberto De Feo e Paolo
Strippoli
con Matilda Lutz,
Francesco Russo, Yuliia Sobol
Italia, 2021
genere: horror
durata: 95’
Come ci anticipa il
titolo, il nuovo film di Roberto De Feo e Paolo Strippoli è esattamente una
classica storia horror. Abbiamo tutti gli elementi in grado di rendere horror
un film. C’è il gruppo di persone inizialmente sconosciute che, per un caso
fortuito, si ritrovano a vivere esperienze orrorifiche insieme (e all’interno
del gruppo ci sono i più classici stereotipi, dalla ragazza solo, alla coppia
di fidanzati, passando per il padre di famiglia e il ragazzo emarginato con un
po’ di problemi). C’è l’improvvisa rottura dell’apparente equilibrio iniziale.
E c’è lo smarrimento in un luogo indefinito dove i protagonisti vengono
costantemente seguiti da presenza misteriose che, a poco a poco, mietono
vittime.
Tutto sembra essere,
quindi, classico. E di fatto lo è. “A classic horror story” altro non è che un
insieme di alcuni film horror, più o meno classici e di citazioni. Dai più
recenti ai grandi cult del passato il film tutto italiano e disponibile su
Netflix riesce ad accompagnare lo spettatore in un viaggio dell’orrore, ma non
solo. Anche in una riflessione attuale, neanche troppo velata. La “crudeltà”
che il genere horror predilige non è altro che, seppure agli estremi, quello
che “piace” nel quotidiano. Basti pensare, come ci suggerisce uno dei
personaggi del film, a quello che ogni giorno si vede in tv o si legge tra le
notizie.
E il messaggio che passa
è proprio questo, aiutato da una scena metacinematografica sul finire.
Buone e convincenti le
interpretazioni degli attori protagonisti che contribuiscono ad arricchire un film
altrimenti fin troppo citazionistico. Un po’ per le interpretazioni (mai troppo
sopra le righe), un po’ per la scelta delle musiche e dei colori “A classic
horror story” è un buon prodotto che inizia a far emergere il genere anche in
Italia.
Si potrebbero analizzare
all’infinito tutti i riferimenti del film, dalle azioni alle scelte dei
protagonisti, passando per le frasi pronunciate da alcuni di essi. Ma la verità
è che, grazie a tutte queste citazioni, diventa, in parte, un prodotto nuovo,
frutto di una “messa in scena” banale e, al tempo stesso, innovativa.
Che i due autori abbiano
iniziato un filone fortunato con il genere horror, dopo il loro precedente “The
Nest” che tanto successo aveva ottenuto nel pubblico? Riuscirà a decretare la
svolta di un genere da sempre sottotono per il nostro paese?
Veronica Ranocchi
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