I guardiani del destino
Certamente non mancano certe scorciatoie come quella di dotare il personaggio di David Norris di un pedigree eccessivamente empatico (il giovane non solo è orfano ma ha perso fratello e genitori) e politicamente corretto (nei discorsi della campagna elettorale fanno capolino le ombre di Kennedy ed Obama ed in generale si respira aria di un ennesimo new deal di cui il personaggio si farebbe portatore) oppure di sfruttare al meglio la semina altrui, proponendo soluzioni visive ampiamente sfruttate, soprattutto nell’ architettura degli ambienti che in un incrocio tra antico e moderno riproducono una città fuori dal tempo (stiamo parlando di New York), caratterizzata ed allo stesso tempo anonima, capace di rappresentare un esistenzialismo fatto di moltitudine e rarefazione e rendendo in maniera concreta il senso di quel "doppio" che si manifesta davanti agli occhi del protagonista. Labirinti urbani e della mente dove i personaggi si muovono in preda ad uno straniamento reso da una fotografia deformata, con pareti che assomigliano a montagne, e spazi ripresi in prospettiva, profondi come una gola che sta per inghiottire, e slabbrati da un fattore umano ormai risibile. Ma le contaminazioni - si parla anche di un ispirazione dalla fiction televisiva “The lost room” per quanto riguarda la “soprannaturalità” degli oggetti di uso comune - fanno ormai parte del cinema moderno e ad un prodotto come "The Adjustment Bureau" si chiede solo di utilizzarle nel modo migliore. Ed in questo il film di Nolfi ci riesce.
di George Nolfi
con Matt Damon, Emily Blunt
USA, 2011
genere, thriller, fantascienza
durata, 106'
con Matt Damon, Emily Blunt
USA, 2011
genere, thriller, fantascienza
durata, 106'
Cosa fareste se un giorno qualcuno vi dicesse che la vostra vita è già stata prevista e la donna di cui vi siete innamorato non rientra in quel programma? Questo è quello che succede a David Norris politico idealista dal futuro luminoso dopo aver incontrato Lisa, ballerina classica altrettanto talentuosa. Il film è tutto qui, concentrato in questa domanda a cui il protagonista tenterà di rispondere sfidando un destino che non esiste e il sistema che lo sovrintende, una sorta di organizzazione parallela organizzata come una loggia massonica e dotata di un esercito di Man in black (I guardiani) capaci di viaggiare nello spazio e di prevedere le mosse delle loro prede.
Tratto dall’omonimo racconto di Philip Dick, da anni ancora di salvezza per la fantascienza in celluloide, "I guardiani del destino" è il realtà il frutto di una sceneggiatura messo a punto dallo stesso regista, in passato autore di script come "Ocean twelve" e "The Bourne ultimatum", e qui all’ esordio dietro la macchina da presa. Così condividendo con la sua fonte l’incipit che assegna al caso il compito di svelare le oscure macchinazioni che regolano l’esistenza delle persone aggiustando eventuali scostamenti, e pur mantenendo inalterata la dialettica tra “Controllo e libero arbitrio”, proposta sistematicamente nei tentativi di Norris di sganciarsi dai suoi controllori, George Nolfi li sviluppa in maniera autonoma, facendoli dipendere da una love story inserita per l’occasione che, alla pari di un film come "Inception", tanto per fare un nome, funziona non solo come motore della storia ma assegna nuovamente alla figura femminile un ruolo decisivo.
Filologia ed innovazione vanno quindi di pari passo nella scrittura di un film capace di proporre soluzioni piuttosto curiose anche nella creazione di un background fantasmagorico che preleva direttamente dal quotidiano (i Guardiani si servono di oggetti d’uso comune per dare vita alle loro magie) per trasformarlo in uno strumento di potere, contribuendo a mantenere la storia nell’alveo del verosimile ed anche a definire un estetica che ha la complessa semplicità del b- movie. Ma il segno caratteristico della pellicola, come si sarà già capito, è soprattutto la convivenza di un dualismo che la vicenda propone dentro e fuori lo schermo. In questo senso contribuiscono alla causa una serie di fattori da ricercarsi per esempio nel modo in cui il film fa convivere l’eccezionalità dei personaggi con la normalità delle loro azioni (le occasioni del contatto, nel marciapiede di una strada, nel bagno di un hotel oppure sui sedili di un autobus rimandano anche per la funzione di quei luoghi a mondanità di gente comune), oppure nella confronto tra un potere legittimo, ribadito dalle regole che il candidato Norris deve seguire per vincere le elezioni, ed uno occulto, svincolato da qualsiasi disciplinamento istituzionale e rispondente a misteriosi meccanismi, per non parlare della scelta che ad un certo punto investe il protagonista costretto ad ubbidire per evitare il ribaltamento di una vita che per lui e la sua amata si annuncia favoloso, fino ad arrivare agli aspetti produttivi, imprescindibili per un opera che vuole stare sul mercato in maniera competitiva, e che hanno caratteristiche da blockbuster, per il supporto di una Major come la Universal, ma budget da operazione indipendente.
Certamente non mancano certe scorciatoie come quella di dotare il personaggio di David Norris di un pedigree eccessivamente empatico (il giovane non solo è orfano ma ha perso fratello e genitori) e politicamente corretto (nei discorsi della campagna elettorale fanno capolino le ombre di Kennedy ed Obama ed in generale si respira aria di un ennesimo new deal di cui il personaggio si farebbe portatore) oppure di sfruttare al meglio la semina altrui, proponendo soluzioni visive ampiamente sfruttate, soprattutto nell’ architettura degli ambienti che in un incrocio tra antico e moderno riproducono una città fuori dal tempo (stiamo parlando di New York), caratterizzata ed allo stesso tempo anonima, capace di rappresentare un esistenzialismo fatto di moltitudine e rarefazione e rendendo in maniera concreta il senso di quel "doppio" che si manifesta davanti agli occhi del protagonista. Labirinti urbani e della mente dove i personaggi si muovono in preda ad uno straniamento reso da una fotografia deformata, con pareti che assomigliano a montagne, e spazi ripresi in prospettiva, profondi come una gola che sta per inghiottire, e slabbrati da un fattore umano ormai risibile. Ma le contaminazioni - si parla anche di un ispirazione dalla fiction televisiva “The lost room” per quanto riguarda la “soprannaturalità” degli oggetti di uso comune - fanno ormai parte del cinema moderno e ad un prodotto come "The Adjustment Bureau" si chiede solo di utilizzarle nel modo migliore. Ed in questo il film di Nolfi ci riesce.
(pubblicata su ondacinema.it)
9 commenti:
Ha il merito di sembrare un film anni '50 ambientato nel futuro. La semplicità che sfiora l'ingenuità, la linearità della storia, i personaggi, le situazioni, sembrano usciti direttamente dalla televisione in bianco e nero di quegli anni, soltanto con dei vestiti e degli accessori moderni.
ciao..hai ragione...inoltre ci sono quegli oggetti quotidiani che si trasformano in armi favolose...non sai quanto mi piacerebbe avere in ufficio una di quelle porte..in certi momenti di stress la potrei aprire e ritrovarmi in una spiaggia magnifica oppure direttamente nel centrale di wimbledon...o a casa dei miei amici...e poi c'è quella bella storia d'amore...sono affascinato da quelle trame in cui i due innamorati si rincorrono nel tempo e nello spazio..dove si incontrano e si perdono continuamente prima di coronare il loro sogno...uno dei miei film cult è "A love like hot", commedia con Amanda Pitt ed il marito di Demi moore..qui succede lo stesso in maniera più drammatica...e poi qui Emily Blunt è in una forma strepitosa non ti pare?..
nickoftime
Sì, molto attraente la mistica del quotidiano oggetto di potere di basso profilo, mi piace dai tempi di pippicalzelunghe che ne usava in grande quantità ed era bellissimo scoprire la magia così sorprendentemente a portata di mano... La prima storia di amanti che si rincorrono nel tempo e nello spazio che io ricordi mi ha segnata e affascinata profondamente, lei era Lara, lui Juri Zivago e l'epilogo inesorabilmente tragico. Quindi per me le storie d'amore come quella di David ed Elise sono a risarcimento e ricompensa del brutto scherzetto giocato da pasternak.
..bellissimo ed allora ti dico che il film di Zivago il film in questione lo ricorda..soprattutto in quella scena in cui Norris siede sul tram e vede lei dal finestrino....so erano persi di vista e poi improvvisamente la visione...meno male che poi il film si fà gli affari suoi e lascia perdere il capolavoro con Omar Sharif...
nickoftime
ahahahah!!! proprio così! quando ho visto David scendere dal bus e correre e girare l'angolo alla ricerca di Elise mi è venuto un brivido, cavolo no! tutti a fare il tifo per lui come in Palombella Rossa", però si era appena a metà film e non poteva succedergli niente di male... Che bello, i tempi sono cambiati, la sofferenza atroce non è più la regina della catarsi, ci stiamo svegliando.
e già.. a proposito dei tempi che cambiano e di risvegli ti suggerisco la visione di 6 giorni sulla terra con le teorie di Malanga..tornando al nostro...la romanza è perdavvero struggente anche in altri momenti del film..anche quando lei è all'ospedale e lui è chiamato ad una decisione che si avvicina quasi ai livelli de la scelta di Sophie...e poi che dire di quell'incontro nei bagni dell'hotel...da li' vedi subito il tono del film ed anche la giustezza degli attori e della loro chimica amorosa...
nickoftime
Forse sono troppo romanticona ma suggerisco a Parsec "Ovunque nel tempo" con il compianto Christopher reeve nei panni di un uomo che viaggia nel tempo per inseguire la sua amata. lacrime a fiumi....
..ovunque nel tempo è uno dei miei cult romantici quindi confermo...
nickoftime
Ciao Cinefilante, ti ringrazio del consiglio, il titolo mi piace tanto, spero di trovarlo.
Posta un commento