giovedì, gennaio 04, 2007
Tutti gli uomini del re
Tutti gli uomini del re paga in termini di giudizio critico la presunzione del suo interprete principale, incapace di contenere una mania di onnipotenza che dopo l’Oscar è diventata addirittura autodistruttiva, come peraltro è nelle corde dell’attore. Il film si appesantisce con una recitazione tarantolata, e ben al di sopra dei limiti consentiti, con paresi facciali e tic nervosi più adatte ad un contesto ambulatoriale che al tono compassato ma sicuramente coerente del resto del cast. Forse tutta la foga incarnata dal personaggio di Sean Penn serve a mascherare i vuoti di una sceneggiatura che non riesce a spiegare la parabola politica ed emotiva delle parti in causa e si affida alle sensazioni che producono i paesaggi decadenti della Louisiana ed alla fascinazione ambigua e conturbante dei suoi cortigiani tra cui spicca un Jude Law ormai abbonato ad operazioni del genere e Kate Winslet in una parte che limita la sua sensuale bravura. Le indecisioni riguardano anche il tono generale dell’operazione che inizia come dramma politico , raccontando il personaggio di Willie Stark e la sua ascesa e successivamente se ne discosta lasciando che il melò prenda il sopravvento, quando approfondisce il passato ed i legami che uniscono i personaggi di contorno e le motivazioni peraltro risibili che li inducono a subire l’attrazione del politicante. Ed a ben vedere è proprio questo cambio di direzione che permette al film di trovare una certa coerenza con lo sforzo produttivo posto in essere: la nostalgia che si cela dietro i silenzi interminabili e gli sguardi frustrati dagli amori impossibili sullo sfondo di una natura magnifica ed imperturbabile riescono in parte a mitigare i danni provocati dal ciclone Sean Penn ed a rendere il film nel suo complesso meglio di quanto le premesse sembravano indicare.
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