giovedì, dicembre 28, 2006
Déà vu - Corsa contro il tempo
Tony Scott è un AUTORE che rimane fedele a se stesso: per molti è un difetto per chi scrive una garanzia. . I suoi film appartengono al cosiddetto prodotto medio a cui oggi pochi film di alto budget possono aspirare per la mancanza di mestiere e l’anonimato stilistico dei loro demiurghi. Sopravvissuto all’edonismo cinematografico degli anni 80 di cui fu tra gli alfieri più importanti Scott sembra vivere agli inizi di questo secolo una nuova giovinezza se è vero che in poco più di due anni ha proposto 3 film di cui 2 nell’ultima stagione nella quale arriva dopo il lisergico e nel genere blockbuster quasi sperimentale DOMINO il nuovo DEJAVU’ e con lui un modo di fare cinema sfrontato, che bada a portare a casa il risultato prendendo di petto la realtà, registrandone tendenze ed umori che metabolizza in una macchina onnisciente e centrifuga. Così l’indagine, che nei film del nostro assomiglia sempre ad una operazione militare, assume toni Orwelliani per la capacità di andare, grazie ad una tecnologia da fantascienza, oltre i limiti stabiliti dal codice deontologico ed entrare nelle pieghe spazio temporali oltre che private delle persone. Le paure di una società sotto assedio ed il ricorso a metodi conoscitivi che armonizzano scienza e religione costituiscono il substrato inconscio di un indagine più’ emotiva che reale, pasticciata sul piano della scrittura, con tutti quegli andirivieni temporali ed ipotesi scientifiche che lette in un contesto reale fanno quasi ridere, ma estremamente efficace sul piano del ritmo e della progressiva immedesimazione dello spettatore nei confronti dei personaggi, quando i primi piani rubati all’inconsapevole vittima disegnano poco alla volta un ricordo struggente ed identificano un ritratto di donna da salvare a tutti i costi. La nuova apocalisse viene scongiurata attraverso un interpretazione dei fatti poco plausibile, basata su complicate ed embrionali ipotesi scientifiche che hanno però il merito di farci riconsiderare in tutta la sua importanza l’insopprimibile fattore umano qui rappresentato dal corto circuito amoroso che riporta alla vita il personaggio principale quando ormai dava per scontato la sua deriva personale. Nonostante una discontinuità ormai patologica sul piano della scrittura ed un gusto per l’eccesso a volte incontenibile, Dejavù è attraversato da un ottimismo di fondo che a dispetto di tante nature morte presenti nelle sale, risulta sincero e coinvolgente, capace di portare lo spettatore al cuore a patto che ci si lasci andare, abbandonando pregiudizi e ideologiche letture. E poi come si può rinunciare ad un attore come Denzel Washington capace di essere il valore aggiunto di ogni film e di una non più sconosciuta Paula Patton le cui doti fisiche non impediscono allo spettatore di apprezzarne il senso della misura e una presenza scenica che travalica i limiti del ruolo affidatole.
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