martedì, febbraio 19, 2008

Il petroliere

L'America di Andersson è da sempre un Paradiso perduto non solo per le citazioni bibbliche(le colpe dei padri ricadono sui filgi dice la voce over di Magnolia) ed i riferimenti religiosi (la dissoluzione del nucleo famigliare è il peccato originale che nega la vita)continuamente richiamati ma anche per la condizione di esilio che afflige la sua umanità. Briciole di esistenza destinate all'oblio se non intervenisse la presa di coscienza di sè e degli altri che, in una condivisione esistenziale simile a quella descritta da Leopardi nella sua Ginestra, li emancipa da cotanto dolore.In questo senso le coordinate umane e psicologiche del "Cercatore di petrolio"impersonato in maniera sciamanica da D.D.Lewisnon si discostano da tali premesse; anche qui il passato familiare è all'origine di tutto ed è qualcosadi oscuro e doloroso.
Un nodo mai risolto a cui si risponde con un esistenza irrequieta e raminga fatta di pozzi di petrolio e paternità acquisite,di visioni profetiche e sguardi accecati dall'odio e la paura; un movimento sistematico ed ossessivo che è ricerca ed insieme fuga da quella risposta di amore che neanche Dio vuole soddisfare. L'incontro con il predicatore(Paul dano splendidamente ambiguo), è lo scontro tra due ossessioni (di Dio e dell'affermazione di sè)che si manifestano per antitesi visive (il petrolio è caratterizzato da un evidenza oggettiva a cui corrisponde un Dio antimaterico)e comportamentali (il predicatore è l'uomo dell'affabulazione, il petroliere del pensiero che diventa fatto)che finiscono per essere la faccia della stessa medaglia e di una sorte comune. Anderson si immerge nella Storia con precisi riferimenti temporali (siamo a cavallo tra 800 e 900)e filologici(la ricostruzione degli ambienti e delle atmosfere sembrano uscire da un album fotografico dell'epoca)che filtra attraverso uno sguardo lucidamente moderno (basti pensare all'uso ancora una volta vincente dell'apparato musicale creato da Gymmy Greenwood, chitarrista dei Radiohead, un crogiuolo di suoni e rumori che sembrano provenire dall'alba dei tempi e da una dimensione mai esistita)ed allo stesso tempo antico, per la presenza degli archetipi della modernità americana(la Ferrovia, la conquista del territorio e delle anime, la Frontiera e l'Etica protestante di matrice calvinista)di cui il film si serve per cristallizzare il momento della svolta, quello in cui il potere economico e quello religioso unirono le proprie forze in un patto di mutuo soccorso e di reciproca leggittimazione. La prosperità economica come segno evidente della Grazia di Dio, la fede come oggetto di scambio e chiave di accesso ai beni terreni sono i parametri di questa alleanza destinata a rinnovarsi nel tempo. La regia riesce a farci sentire la forza primordiale che muove il protagonista (un uomo che sembra condividere gli enigmatici silenzi dello spettacolo naturale che lo circonda)ed insieme il tormento che precede l'estasi dell'epifania petrolifera, sovrapponendoli al realismo del paesaggio che si carica di valenze simboliche ed evocative fatte di colori (magnifica fotografia di Bob Elswitt)che esplodono sullo schermo ed oggetti disposti nello spazio con una geometria di metafisica precisione. Forma e sostanza di un opera che si pone nella continuità di quel cinema della New Hollywood di cui si sentiva la mancanza. Un capolavoro.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

premetto che non ho visto juno, ma cinemaniaci concordate con me che l'oscar come miglior film domani mattina andrà a IL PETROLIERE, vero?

veri paccheri ha detto...

già, anche secondo me è un capolavoro. un film "colossale", un'interpretazione perfetta, sia del protagonista che di paul dano (così bvravo da risultare quasi irritante!!!). le tre ore di proiezione scorrono lisce lisce.
belal recensione, nick, davvero ispirata.
sugli oscar: che dire? anche per me questo there will be blood meriterebbe il premio di miglior film o almeno miglior di regia.

Anonimo ha detto...

Come direbbe troisi, scusate il ritardo...scrivo quando gli oscar hanno espresso i loro verdetti..ho visto il film dei Cohen di cui scriverò..ed anche quello di Barton...e vi dico che si il petroliere era il film da premiare non solo perchè è un bel film come quello dei cohen ma perchè a tratti sembra quasi un film sperimentale..mi dispiace che molti ci abbiano visto solamente una grande interpretazione di Lewis..la performance fa parte del film. lo valorizza ma come in una buona squadra è l'opera in generale che lo mette in condizione di esprimenrsi cosi bene..è Anderson che dirige la compagnia...un saluto da nickoftime

Anonimo ha detto...

concordo con te nickoftime.ho trovato interessante la recensione di cristina piccina sul manifesto (una facciata intera), purtroppo non riesco trovarla sul web. grazie nickoftime ho cominciato a leggere caprara sul mattino.

Anonimo ha detto...

lA CRISTINA NON L'HO MAI LETTA ..DI SOLITO SUL MANI SCRIVE LA vALLAN CHE TU CONOSCI BENE...sono contento di poter condividere qualche pensiero su caprara..è un critico un pò messo da parte ma per me è un grande..come ti ho gia detto al di là dell'indubbia competenza e della schiettezza poco politicaly correct..amo il suo modo di scrivere..arrivo a dirti che leggo ogni giorno una sua critica per cercare di ricreare in me un poco del suo talento..ah dimenticavo mi dici qualcosa sul petroliere...aspetto tua risposta ciao
nickoftime

Anonimo ha detto...

cristina piccina/i er la prima volta che la leggevo sul manifesto. la recensione è stata pubblicata il giorno seguente alla proiezione a berlino. forse un inviata occasionale (purtroppo). non ho niente contro la vallan o il manifesto, non mi sono piaciute le loro uscite contro il torino film festival. (avete notato che il manifesto e l'unità sono tra i quotidiani letti da nanni moretti in caos calmo?). sul petroliere concordo al 100% quanto tu hai scritto, proprio bella la recensione. complimenti!. anche quella di caprara è interessante anche se non cita la parte antireligiosa nel film. secondo me riesce a fare anche un quadro sulla società statunitense attuale. si pensa a obama o clinton quanto hanno dovuto cedere alla potenza dei teodem o teocon statunitensi.

Anonimo ha detto...

Ho visto il film in ritardo.Lo trovo bello ma non un capolavoro.Bellissima la recensione di nickoftime. Fabrizio

Anonimo ha detto...

Non per essere pignolo, ma il chitarrista dei radiohead non si chiama Gymmy ma Jonny...=)
ciao ciao.