Dopo una manciata di film in cui aveva riscattato la femminilità dagli stereotipi di una società maschilista e vagamente misogina, Tarantino torna al primo amore affidando le sorti del suo nuovo film alle imprese di un debordante mucchio selvaggio capitanato dal tenente Aldo Raine e riproponendo in chiave vintage, un modello di confraternità maschile ampiamente esibita nel corso della sua carriera cinematografica.
Questa volta però lo stravagante melting pot caratteriale entra nella storia e ne diventa protagonista attraverso le vicende di un gruppo di soldati americani di origine ebraica, chiamati a vendicare l’orribile sterminio attraverso l’uccisione di Adolf Hitler, un Golem alle prese con una guerra ormai perduta (siamo nel 1944, pochi giorni dopo il D day) ma ancora capace di divertirsi con la morte, e di organizzare una premiere a Parigi, in occasione della presentazione del film che celebra le gesta di un esercito sull’orlo del collasso.
Dopo un prologo dal sapore vagamente western, in cui il regista ci presenta l’antefatto della storia ed insieme la famigerata umanità che la compone, il film si avvicina per fasi successive all’evento finale, attraverso una serie di quadri che permettono allo spettatore di entrare nella dimensione dei protagonisti, esplicata dalla fisiognomica dei loro volti e nell’ossessiva ripetizione di talune espressioni (il volto mascellato del tenente, il sorriso mellifluo del Colonnello nazista, e quelle perse nel vuoto di buona parte della ciurma), costruendo nel contempo il tessuto di una trama in cui l’intreccio è solo un modo per collegare un divertissment che Tarantino potrebbe declinare all’infinito, grazie all’overdose comportamentale che ancora una volta caratterizza i suoi protagonisti.
Immerso in un atmosfera lugubre e sporcato da una fotografia che accentua l’irridemibilità delle azioni poste in essere, “Bastardi senza gloria”si riserva lo sberleffo, tradendo continuamente le sue premesse (la storicizzazione degli eventi ed una certa dose di realismo), presentandoci personaggi decentrati per eccesso, come accade all’intera gerarchia nazista sempre sull’orlo di una crisi di nervi, ma anche allo stranulato Colonnello inglese, interpretato in un ruolo cameo da Mike Myers, improbabile portavoce dell’operazione militare, o per difetto, a cominciare dal tenente Aldo Raine, la cui mascella cresce in maniera proporzionale all’understatment con cui affronta le situazioni più efferate (una su tutte il dito conficcato dentro la ferita dell’attrice sospettata di fare il doppio gioco), per non dire della compagnia che lo segue nell’impresa, perennemente in bilico tra l’avanspettacolo più spinto ed una serietà ai limiti del maniacale.
Uno straniamento a cui concorre una forma cinematografica che pesca a destra ed a manca: dal cinema exploitation, citato negli eccessi musicali e nei fermo immagine che focalizzano l’attenzione sui vari personaggi, alla Novelle vogue, ripresa nell’enfasi degli stacchi tra le varie sequenze, con lo schermo che rimane nero più del dovuto, agli inserti con cui il regista inserisce delle frecce per farci cogliere un particolare all’interno di una scena, per non dire del cinema tedesco omaggiato a pieno schermo con il film nel film girato da Eli Roth.
Nell’intento di lasciare spazio ai suoi protagonisti, Tarantino sorvola i dettagli, elimina certe spiegazioni ( la protagonista femminile sopravvissuta al massacro ricompare con un altro nome e nelle vesti di proprietaria del cinema dove si svolgerà l’anteprima del film), riduce all’essenziale la scenografia, ma soprattutto ferma la sua arte pirotecnica, costringendola all’interno di luoghi angusti (la taverna dove si svolge la parte centrale del film), privando le location dei suoi orizzonti naturali (la foresta in cui i Bastardi operano e si nascondono è soffocata da una vegetazione da natura morta), relegando uomini e donne nello spazio di una tavola ( un classico del suo cinema), oppure dentro i limiti di un teatro che appare incapace di ospitare il suo pubblico.
Nulla si muove all’infuori delle parole, cui spetta il compito di far vivere un opera eccessivamente raffreddata e priva della consueta verve a cui il regista ci aveva abituato. Pur diviso in due trame convergenti (la vendetta personale di Shosanna, miracolosamente sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia finirà per coincidere con il piano militare) questa dicotomia non si trasforma mai in uno scarto emozionale (il melodramma della vendetta personale portata avanti dalla donna e le esigenze della ragion di stato, attuate con asettica precisione dall’unità militare) ed il film procede con lo stesso passo, limitando in parte l’efficacia dei caratteri e riducendo al minimo la componente action dei film a sfondo bellico. Ciò nonostante “Bastardi senza gloria” offre soprattutto nel personaggio del colonnello Hans Landa (Christoph Waltz) , una specie di “Sir Bis” di kiplinghiana memoria ma anche in quella di Aldo Raine (Brad Pitt), un Clark Gable senza fascino ma certamente più simpatico, due ruoli dalle potenzialità sfruttate solo in parte ma interpretati con qualità da entrambi gli attori.
Dovendo fare i conti con una popolarità universale e con un autorialità ampiamente dimostrata, Tarantino prova a crescere ricorrendo sempre meno alla sorpresa e puntando ad un cinema più maturo: questione di equilibri interni o risorse ridotte al lumicino, gli avvisi ai naviganti parlano di lavori in corso d’opera.
Gli incassi del botteghino americano per il momento danno ragione all’inversione di tendenza.
All’Europa l’ultima parola sulla riuscita di questo cambiamento.
3 commenti:
Ma chi, in Italia è in grado di pubblicare la recensione di Bastardi Senza Gloria un mese prima dell'uscita? Solo i Cinemaniaci!!!! (ovviamente esclusi i media ufficiali presenti a Cannes)Nickoftime il nostro uomo ovunque.
Ho visto il film ieri sera e rileggendo la tua recensione non sono d'accordo sul "riscatto della femminilità"
Non mi pare che le donne non abbiano occasione di riscatto, visto che il merito della felice conclusione dell'operazione vanno prima di tutto all'ebrea scampata alla strage e poi proprietaria del cinema e anche alla tedesca doppiogiochista che ha comunque il merito di introdurre nel cinema la banda capitanata da Aldo Raine.
Inoltre pagano entrambe con la vita le loro scelte, la prima muore a colpi di pistola solo casualmente perchè aveva scelto di morire nel rogo, la seconda perchè scoperta.
Se poi, per femminilità, intendi il lato sexy credo che il personaggio dell'attrice tedesca che fa il doppio gioco abbia sex- appeal da vendere.
Voglio inoltre sottolineare alcune citazioni Al cinema ITALIANO di serie B.
1)Il colonnello inglese interpretato da Mike Myers si chiama ED FENECH;
2)Eli Roth si presenta al colonnello Hans Landa come ANTONIO MARGHERITI.
Ciao Fabrizio,
Il riferimento al "riscatto della femminilita' si rifaceva all'idea del film, che ritorna alle oriigini del cinema di Tarantino con la cosidetta' confraternita' maschile al centro dela scena; rispetto agli esempi che tu citi , e che secondo me rimangono complementari alla centralita' dei Bastardi, mi sembrano piu' che altro le conseguenze di eventi che nulla hanno a che fare con discorsi di categorie o di sesso.
un saluto.
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