venerdì, ottobre 22, 2010

Dieci Inverni

Dieci Inverni
di Valerio Mieli


Cosa cerchiamo in un film che parla d’amore: è questa la domanda che
sorge spontanea dopo aver visto l’ultimo film di Valerio Mieli. La
questione potrebbe sembrare scontata e forse lo è, ma di fronte ad un
opera che mette in scena tutti i “must” di un gioventù precaria ed in
cerca di identità, è necessario togliere di mezzo inutili distrazioni
e concentrarsi sul cuore del problema.
Ebbene, io direi proprio
L’amore o meglio, lo stato d’animo che lo rende credibile anche in
presenza di una storia non particolarmente originale e che in parte
ricalca nella forma (la relazione tra i due protagonisti divisa in più
atti sviluppati nel corso di arco di tempo predeterminato, i dieci
inverni appunto) ma anche nella sostanza (anche qui seppur con
qualche variazione il trasporto amoroso è segnato dall’assenza di
stabilità e soggetto a variabili incalcolabili) l’approccio di un
caposaldo del genere quale “Un amore” di Gian Luca Maria Tavarelli.

Ma in questo caso, forse per una capacità di mezzi che il film di
riferimento non aveva e che invece Mieli dimostra di saper sfruttare
senza eccessi, mettendo a disposizione degli attori una location
illuminata in tutta la sua malinconica bellezza e pronta a
rispecchiare nelle nebbie del paesaggio veneziano le reticenze verbali
di una coppia che ha paura di innamorarsi, ne risulta un opera capace
di uscire dalle estasi cinefile senza per questo farsi risucchiare dal
facile ritorno di carinerie così in voga nel cinema di questo genere.
Continuamente in bilico tra affollamenti da “appartamento spagnolo”,
adatti alla delicata guasconeria di Silvestro ed intimismi da teatro
cechoviano, perfettamente calibrati alla personalità di Camilla,
studentessa di letteratura russa e come le eroine di quei romanzi
immersa in una tempesta di sentimenti indicibili, Dieci Inverni deve
la sua empatia alla totale immedesimazione dei due attori, calati
dentro i rispettivi personaggi con una spontaneità talmente genuina da
far sembrare certe scene il resoconto di un diario personale. Buffi
nella loro indecisione caratteriali, Silvestro e Camilla (Michele
Riondino e Isabella Aragonese) sono restituiti con precisione
barometrica nell’inadeguatezze tipiche dell’età di formazione, così
come negli slanci impacciati di chi teme di non essere all’altezza.
Privilegiando una recitazione affidata ai mezzi toni e concentrata
soprattutto nel cogliere i mutamenti dell’animo, Mieli ignora
volutamente i corpi, altrove griffati e modaioli, ed affida al
linguaggio dei gesti e dello sguardo il compito di farci partecipare
all’evoluzione di una vicenda, che proprio nella sua conclusione si
concede un colpo di coda un po’ scontato ma che in fondo rende
giustizia ai motivi di ogni innamoramento.


dedicata a tutte le persone che hanno attraversato la mia vita e che ancora l'attraversano.

1 commento:

Dennis ha detto...

interessanti, con il risultato di eventi di film. molti vale la pena di vedere, se non lo trovi, cerca sulla http://www.altadefinizione.vip/