LA TALPA
Un regista scandinavo al servizio di sua maestà. Un connubio singolare se non altro per la scarsa frequenza con cui i registi del nord Europa hanno frequentato i modi e la cultura del popolo anglossassone.
Un esplorazione rischiosa per la difficoltà degli indigeni ad aprirsi allo straniero, ad entrare in empatia con ciò che non gli appartiene.
Eppure Tomas Alfredson, di professione regista del cult movie "Lasciami entrare", in realtà già attivo con opere di scarsa visibilità almeno al di fuori della propria madrepatria, riesce a compiere il miracolo.
Alle prese con la trasposizione filmica di un classico della letteratura britannica, "La Talpa" di John le Carrè, il regista svedese sembra essersi interessato soprattuto a cogliere l'essenza di quel carattere e, secondariamente a farlo vivere in relazione al periodo storico, l'Europa a cavallo dei anni 60/70, in cui si svolge la vicenda. Lo scenario è quello di un mondo diviso in due blocchi: da una parte la Russia, dall'altra gli Stati Uniti. In mezzo un ideologia, il comunismo, intesa a secondo dei casi come il meglio ed il peggio del pensiero umano.
Un sistema di vita da affermare o da combattere a secondo dei casi. In questo realtà si muovono i protagonisti del film, un gruppo di agenti dei servizi segreti britannici impegnati a scovare la talpa che rischia di mettere in crisi l'organizzazione passando informazioni al moloch sovietico. In un clima di sospetti reciproci l'agente Smiley viene incaricato di occuparsi della faccenda con un indagine che dovrà portare alla luce il colpevole.
Trattando la materia con il rispetto che si deve ad un illustre genitore, Tomasson trasporta nella terra d'albione tempi e modi che sono consoni al cinema da cui proviene.
Facendo a meno del glamour ed anche della cinetica di cui ci sembra non poter fare a meno quando si parla di spionaggio ed agenti segreti, il regista costruisce un film burocratico che si sofferma negli anfratti più anodini del potere: a partire dall'anonimato del suo protagonista, interpretato da un Gary Oldman clamorosamente lontano dalla nervosa fisicità degli anni giovanili, e continuando con tutto ciò che lo circonda, i suoi colleghi dimenticabili come gli ambienti in cui il film si sofferma ( la storia è girata quasi interamente in interni spogli ed angusti) , "La talpa" non dà mai un segno di vitalità.
Neanche quando, dopo una serie di interrogatori che Smiley porta avanti con la metodicità di un esattore delle tasse, e che permettono alla vicenda di frequentare il passato attraverso i ricordi degli interrogati, il film arriva finalmente al nocciolo della questione con il mascheramento del colpevole.
Una mancanza di climax che getta una luce sinistra su tutto quello che abbiamo appena visto.
Le virtù di un film compassato, fieramente deciso ad apporsi alle frenesie del cinema moderno, appaiono improvvisamente come una mancanza di carattere.
Lo profondità dello scrutare sorprendentemente monocorde. Certamente resta la performance del protagonista ed anche la capacità filologica di chi l'ha realizzato, ma il resto appare troppo sacrificato, a cominciare dal cast, in alcuni casi (Colin Firth) ridotto ad una visibilità che se non ne ha il minutaggio assomiglia però nell'economia generale ad un ruolo cameo. La promozione finale si accompagna alla sensazione di un film a cui manca qualcosa.
(pubblicata su roma giorno e notte.it)
9 commenti:
Un non-thriller di oscure dinamiche e ginepraio di mosse e contromosse, molta psicologia, gustose facce inglesi, difficile sceneggiare questo romanzo di le carré.
Gary Oldman/Smiley monumentale -ricorda fisicamente e nelle espressioni andreotti.
Finale spiazzante per la mancanza di un nesso comprensibile, la rivelazione della talpa lascia interdetti a cercare di capire cosa ci è sfuggito durante la visione fino a lì.
Gli sceneggiatori abbiano compiuto un mezzo miracolo per adattare la complessità della trama e degli intrighi ma è la prova attoriale a surclassare la storia.
Ma è davvero così importante "indovinare" la talpa in questo film? E il climax deve per forza arrivare allo smascheramento della talpa? anzi, questo climax deve esserci per forza? Non è un giallo, è un film di spionaggio, non ci è chiesto di "indovinare il colpevole". La capacità di fare emergere umanità (sempre nascosta, perchè debolezza nel mondo che viene rappresentato) dai personaggi, apparentemente freddi e distaccati, è ciò che distingue questo film dagli altri del filone. E non è merito solo della "prova attoriale", ma anche della messa in scena, di una certa sensibilità registica.
P.S.: Anche a me Smiley ha ricordato vagamente Andreotti!
..ciao Stefano..capisco il tuo punto di vista ed in fondo credo che tu abbia ragione..che cioè l'intento del regista possa essere dalle parti delle cose che hai detto..può essere che il processo di disvelamento percorra altri intenti..però, a parte la fonte, che per me può anche essere messa da parte - comunque a quel climax ci arriva ed al personaggio della talpa offre ben altro peso - c'è di mezzo il genere che mette "La talpa" nella necessità di rispettare certi meccanismi a cui per esempio quel climax appartiene...
..e se poi la struttura è presa a prestito per altri scopi, questi emergono poco perchè il film comunque resta un film di genere, seppur anomalo...
Parsec io ho notato molti buchi..non solo nel finale ma anche nel corso del film..come se il montaggio finale si fosse perso delle scene di raccordo...
si fa la citica la film, alla guerra fredda, alla scenografia, ma nessuno ha notato in questo film il grande vero filo conduttore? la potenza degli affetti, dell'amore. Alla fine tutto è guidato da questi.
scusate gli errori ortografici.
Ciao anonimo,
mi pare di aver capito che per te "La Talpa" è una storia d'amore che ha la forma di una spy story...
nickoftime
caro anonimo, credo che tu abbia proprio ragione...
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