mercoledì, maggio 02, 2018

LYNNE RAMSAY E JOAQUIN PHOENIX PRESENTANO A BEAUTIFUL DAY- YOU WERE NEVER REALLY HERE


Premiato a Cannes per la migliore interpretazione maschile e per la migliore sceneggiatura, A Beautiful Day - You Were Never Really Here è la storia di Joe, sicario solitario e taciturno che si prende cura della madre. Distribuito da Europictures, l'anteprima del film è stata l’occasione per ascoltare la regista, Lynne Ramsay, e l'attore protagonista, Joaquin Phoenix, venuti a Roma per presentare il loro lavoro. Di seguito le parole raccolte durante l'incontro


Lynne Ramsay: “Mi piace fare i film. Oggi siamo abituati a produzioni spettacolari tipo quelli della Marvel che hanno dei modi di raccontare diversi dal mio. Nel mio cinema c’è la musica, la recitazione, il montaggio e il tentativo che dall’unione della parti si possa creare qualcosa di nuovo“.

Joaquin Phoenix: “Per costruire Joe  sono partito dalla sceneggiatura; con Lynne abbiamo fatto infinite chiaccherate che sembravano non portare da nessuna parte e che invece hanno dato il là a idee che mi hanno aiutato a trovare il personaggio. Poi ho studiato molto a proposito dello sviluppo del cervello in età infantile e su come le esperienze di abuso influenzino il bambino, il suo modo di pensare. In questo maniera con Lynne ci siamo resi conto che Joe su certe cose non ragionava e che non prendeva decisioni basate sul ragionamento a causa di ciò che gli era successo da piccolo. Per esempio, quando ad un certo punto entra a casa sua con il martello in mano non è una grande decisione ma la spiegazione deriva proprio da questo tipo di disfunzione. Lynne tra l’altro mi mandava dei file audio dove c’era il rumore dei fuochi d’artificio per farmi capire cosa sentiva continuamente nella testa il mio personaggio“.

LR: “Il romanzo di  Jonathan Ames è stato il punto di partenza ma poi ho cambiato molto a cominciare dagli ambienti e per ciò che riguardava il rapporto tra Joe e sua madre. Diciamo che il libro è stato la fonte d’ispirazione di una sceneggiatura che cambiava continuamente per i notevoli interventi del direttore della fotografia, dello scenografo e poi di Joaquin che si è preparato anche fisicamente per la parte. Con loro mi sono confrontata ogni giorno e questo mi portava a cambiare il copione in base agli esiti di questi confronti”.

LR: “Sul rapporto tra Joe e la madre, e, in particolare, per la scena presa da Psycho , posso dire che nel libro non esisteva e che non bene come sia venuta fuori. Se vogliamo, un minimo d’ispirazione può essermi stata data da mia madre a cui piacciono i film horror che guarda a volume alto perché non ci sente molto bene. Mentre giravo parlando con lei delle scene è venuto fuori la sua predilezione per Psycho e da li Joaquin ha iniziato a fare quello strano verso con il coltello che era una sorta di parodia del film di Hitchcock“.

LR: “Nel mio lavoro di regista non sono interessata stabilire una sorta di continuità tra un film e l’altro. Ciò a cui punto è quello di raccontare personaggi complessi“.

JP: “A volte capita di concentrarsi su scene che ti sembrano fondamentali e trascuri quelle in cui magari è presente una specifica caratteristica del personaggio, e per esempio la bontà di Joe che contrasta con il fatto che lui sia un sicario pronto a uccidere su commissione. So che nel film volevamo mostrare entrambe le facce del personaggio, non soltanto la parte cattiva ma anche quella buona. D’altronde lui vive in questo costante conflitto; e’ alla costante ricerca della pace mentale ma al contempo si va sempre a infilare in situazioni molto pericolose. Il film mostra il contrasto tra queste due nature e nel rapporto con sua madre fa vedere che c’è della tenerezza ma anche frustrazione per essere chiamato a prendersi cura di questa donna vecchia e malata. Mostrare queste sensazioni opposte nella stessa scena non è una cosa usuale nel cinema e noi, con il nostro film, volevamo riuscirci. Violenza e bontà, tenerezza e frustrazione appaiono spesso come coppie d’opposti“.

LR: “Ho scritto la sceneggiatura in Grecia, nell’isola di Santorini, dove non ci sono automobili e in cui, quindi, regna un silenzio quasi assoluto. Comunque quando scrivo mi piace dare delle indicazione anche sui suoni e sulla musica: non tanto da un punto di vista tecnico ma rispetto al mio modo di sentire. Poi quando sono andata a New York per ascoltare la musica del film mi sono detta che i vari pezzi sembravano venire dall’inferno. Inserite nelle varie sequenze questi erano in grado di amplificare gli stati d’animo dei protagonisti. Penso che la musica del film possa essere considerata alla stregua di un personaggio. Magari c’è una scena dove sembra stia per capitare qualcosa poi questa interviene portandoti da un’altra parte. Per quanto riguarda la collaborazione con Jonny Greenwood (chitarrista solista dei Radiohead)  è stata una cosa fatta in economia per mancanza di soldi; io magari gli mandavo dieci minuti di girato e lui ci costruiva sopra un tema, oppure mi manda dei file audio e noi tagliavamo e montavamo il girato in base a questi. In effetti la colonna sonora è stata per me una specie di dono“.

JP: “Nello scegliere un film non tengo mai presente la grandezza della produzione. Il processo decisionale dipende dalle persone coinvolte. Se Lynne facesse un film da 300 milioni di dollari sarei curioso di parteciparvi. Ciò che mi interessa è il materiale, la sostanza e anche chi ci lavora. Devo dire che recitare in A Beautiful Day – You Were Never Really Here  è stata una grande gioia. Lavorare con un ritmo molto serrato, sapendo di non avere molto tempo a disposizione e di dover realizzare tantissimo era stimolante. Per questi motivi a ogni ripresa o inquadratura cercavamo di fare qualcosa di diverso per vedere cosa potesse funzionare meglio. Per Lynne è stato difficile ma io la ringrazino per avermi dato la possibilità di farlo. Ogni interazione, ogni cosa che succede sul set o fuori t informano quello che diventa il film. Anche le location lo fanno. Tu ti immagini la scena poi arrivi sul luogo delle riprese e l’impatto con esso te le fa cambiare. E poi certo c’è il filtro dell’obiettivo di Lynne, il suo sguardo sul film che risulta decisivo“.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su taxidrivers.it)

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