mercoledì, marzo 02, 2022

BELFAST

Belfast

di Kenneth Branagh

con Jude Hill, Judi Dench, Jamie Dornan

UK, 2021

genere: drammatico, biografico, storico

durata: 97’

Incetta di candidature in vista dei prossimi premi Oscar per il nuovo film di Kenneth Branagh "Belfast".

Il titolo deriva dalla città natale dell'autore che, con questo lungometraggio, ha voluto portare sullo schermo la propria infanzia, raccontandosi (e raccontando anche un determinato momento storico) agli spettatori.

Protagonista è una famiglia protestante appartenente alla classe operaia e tutto è raccontato (e mostrato) dal punto di vista di Buddy, il piccolo di casa, di 9 anni. Lui vive con il fratello più grande Will e la madre, ma si reca quotidianamente dai nonni che vivono a pochi passi da casa sua e con i quali ha un rapporto molto stretto, soprattutto col nonno con il quale adora confidarsi. Tutti loro vivono, appunto, a Belfast. Il padre, invece, è lontano dalla famiglia dal momento che lavora in Inghilterra e torna a casa solo saltuariamente.

Durante le rivolte dell'agosto 1969, un gruppo di lealisti protestanti attacca improvvisamente le case e le attività dei cattolici nella strada dove vive Buddy. Viene, quindi, deciso di allestire una sorta di barricata per prevenire ulteriori conflitti e il padre del protagonista torna a casa per stare vicino alla famiglia. Da qui iniziano tutta una serie di dinamiche che coinvolgeranno Buddy in prima persona e, di conseguenza, anche la sua famiglia.

Senza entrare nello specifico e nel merito delle vicende storiche e dei conflitti il film di Kenneth Branagh tenta di inserirsi nel filone dei biopic, trattandosi della propria vita. Ma tenta solamente. Oltre al fatto che non si può considerare un biopic a tutti gli effetti, "Belfast", pur partendo dall'interessante spunto del bianco e nero, non va oltre una buona tecnica e una buona regia. Sembra (ed è) facile empatizzare con Buddy e con la sua visione, naturalmente infantile, del mondo. Ma bisogna fare attenzione alle relazioni umane che instaura e al suo modo di comportarsi. Niente è lasciato al caso nel film di Branagh: dal rapporto che ha con la sua compagna di classe della quale è innamorato e che, a differenza sua, è cattolica, agli insegnamenti del nonno. Tutto senza mai dimenticare le figure genitoriali. Nonostante la frequente assenza del padre, anche lui è una figura chiave nell'educazione e soprattutto nella crescita di Buddy. E, infatti, non a caso la sua assenza lo condiziona continuamente, così come condiziona la moglie che deve assumersi varie responsabilità. Crescere due figli da sola nella Belfast di quegli anni appare tutt'altro che semplice.

Le scelte apparentemente “sbagliate” di Buddy, come, per esempio, quella di voler seguire l'amica Moira, in realtà sono dettate da una mancanza. Anche se fin troppo piccolo e, ancora, non in grado di comprendere completamente, il protagonista pensa di doversi caricare sulle spalle la propria famiglia. Le sue responsabilità sono al pari di quelle degli altri membri della famiglia.

Una strizzata d'occhio, neanche troppo velata, al Neorealismo, soprattutto con la scelta di omettere l'uso del colore. Ma una strizzata d'occhio che rimane tale e non va mai oltre.

Quello di Branagh è un film che vorrebbe dire, osare, mostrare e raccontare, ma che, alla fine, resta più che altro in superficie. Non fosse per il giovanissimo protagonista e per Ciaran Hinds e Judi Dench, nei ruoli dei nonni che sembrano quasi rubare la scena agli altri interpreti e personaggi, aiutati anche da un'attenzione registica maggiore con inquadrature sempre ben calibrate e strutturate. Niente è lasciato al caso quando ci sono loro due davanti alla macchina da presa. Nei dialoghi che hanno con il nipote sono sempre presenti entrambi, ma uno sullo sfondo come a "origliare" le conversazioni.

Oltre ai personaggi non sufficientemente delineati in modo tale da comprenderne le scelte, a far storcere il naso è anche l'eccessiva ricerca di una "morale" così come il dover rendere obbligatoriamente tutto già "impostato" in un certo modo.

Chissà, però, se anche l’Academy la penserà così vista la pioggia di candidature…


Veronica Ranocchi

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