Continua il sodalizio tra Salvatores ed Ammaniti dopo il successo di IO NON HO PAURA e anche in questo caso al centro della vicenda c'è il rapporto tra padre e figlio.
Rino Zena è un disoccupato alcolista con simpatie naziste, che vive insieme al figlio adolescente in una casa fatiscente nella provincia friulana.
Padre e figlio non hanno nessun rapporto sociale, unica amicizia è quella con Quattro Formaggi, un ex compagno di lavoro del padre con gravi problemi psichici dovuti ad un incidente sul lavoro, e ossessionato dall'amore (catodico) per una pornostar.
Preoccupazione principale di Zena è quella di non farsi togliere l'affidamento del figlio a causa della sua dedizione all'alcool e le difficilissime condizioni economiche.
Un tragico evento sconvolgerà le già precarie esistenze dei tre.
Il nuovo film di Salvatores parte bene, per un quarto d'ora assistiamo ad una sorta di AMERICAN HISTORY X (1999), con buoni dialoghi e una buona descrizione della psicologia del padre e del figlio palesemente plagiato.
Ma con lo scorrere della pellicola il film si inceppa, unica preoccupazione del regista sembra essere quella di far quadrare il cerchio quanto prima.
Nel film tutto avviene troppo velocemente e il passaggio da una situazione a quella successiva sembra effettuato a colpi d'ascia.
Nel libro di Ammaniti probabilmente c'è il tempo per capire i personaggi, i loro pensieri, la loro solitudine e la loro disperazione ma nel film questo non succede.
I personaggi vengono "abbandonati" a se stessi e non "crescono" con lo spettatore.
L'esempio più lampante riguarda la figura del padre, che come già detto, il regista aveva descritto molto bene all'inizio del film. Rino Zena è un nazifascista xenofobo e violento, ma non si capisce se lo è per convinzione (scena di sesso con la tossica) per interesse personale (il suo posto di lavoro è stato preso da extracomunitari) per difesa (la paura che l'assistente sociale gli tolga il figlio) oppure per un mix di tutto questo.
Da apprezzare il lavoro del regista con la macchina da presa che scava nei volti dei protagonisti e "fotografa" cave di pietra, e montagne minacciose che ben descrivono l'ambientazione della storia.
Filippo Timi ha la faccia giusta per questo ruolo ma la sua prova non è all'altezza di quella offerta nel film di Saverio Costanzo IN MEMORIA DI ME (2007), Germano ridotto a poco più che una macchietta.
1 commento:
I personaggi vengono "abbandonati" a se stessi e non "crescono" con lo spettatore. concordo pienamente. gli attori recitano veramente male aggiungo anche fabio de luigi. invito tutti a leggere il bellissimo libro di ammaniti.
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