Franco Campanella (Castellitto) è un cinquantenne pensionato delle poste schiavo del gioco d'azzardo.
Uomo dalle poche qualità, anche davanti al tavolo verde, rovina la propria esistenza e quella della propria famiglia a causa dei debiti contratti per soddisfare l'ossessione del gioco.
Il regista e sceneggiatore Terracciano traccia bene la personalità di un perdente, attorniandolo con figure femminili forti: una moglie grintosa (Gedeck) e una figlia colta e sensibile (Rea).
Terracciano ambisce a rinverdire la tradizione della gloriosa commedia all'italiana di spessore, e per tutta la prima parte del film ci riesce, grazie ad alcuni passaggi azzeccati.
Nella seconda parte del film, quando è palese che il regista ambisce alla risata e alla lacrima di stampo Eduardiano, il film si inceppa.
Terracciano è indeciso sulla strada da seguire e cerca di mantenere un equilibrio che non porta a nulla.
Ne consegue che le sequenze dove si sarebbe dovuto virare decisamente sul grottesco (tutta la famiglia che inizia a giocare d'azzardo) e quelle decisamente più drammatiche (le minacce di morte ricevute dal protagonista) risultino piatte e inspiegabilmente sobrie.
Da segnalare alcuni buoni passaggi come la scena di sesso orale (che non si vede) con in primo piano un vassoio di babà e la scena finale con Castellitto di fronte al mare che riproduce il quadro che aveva notato sul diario della figlia.
Sempre brava Iaia Forte nel concentrare in poche battute una certa femminilità tutta partonopea e immancabile grande prova di Sergio Castellitto.
Un film tutto sommato consigliabile che ha però l'aria di essere una occasione persa.
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