Nel paese delle creature selvagge
di Spike Jonze
Dopo aver portato sullo schermo nevrosi e sceneggiature di un tipo come Charlie Kaufmann, che già il nome sembra definire dentro dimensioni di tipo kafkiano e che invece questa volta non c’entra niente con il nostro, Spike Jonze volge il suo sguardo al mondo dell’infanzia filmando il libro illustrato di Maurice Sendak, e per farlo, decide di rimanere il più attaccato alla realtà, realizzando le creature che danno il titolo al film ed il mondo che ruota attorno a loro, riducendo al massimo l'apparato tecnologico, a favore di uno spettacolo in cui la meraviglia deriva dalla percezione che il corto circuito tra il mondo reale, rappresentato dal bambino, e quello immaginario, popolato dalle creature selvagge, non sia il frutto di un assemblaggio virtuale ma esista veramente in qualche parte del pianeta.
Abbandonandosi alla bellezza delle immagini, illuminate da uno specialista delle luci naturali come Lance Acord, capace di trasformare l'isola in cui si svolge il film in una terra di mezzo, e dopo essersi abituati alla consistenza materica dei mostri, costruiti addosso ad attori in carne ossa che ne assicuravano il movimento, non si fa fatica ad entrare all'interno della storia dimenticandosi della finzione scenica.
Dopo uno splendido inizio, in cui le difficoltà del bambino nel rapportarsi con il mondo degli adulti sono rese con un montaggio emotivo, il film si appesantisce quando deve raccontare l’anarchia di una mente che esorcizza le proprie paure diventando il deus ex machina di un mondo, in cui le esperienze pregresse vengono rielaborate attraverso un modello familiare che ripete, enfatizzandole nella morfologia primordiale delle creature selvagge, le dinamiche relazionali del mondo reale.
I comportamenti sconclusionati e le espressioni a metà tra il serio ed il faceto riempiono lo schermo interromponendo momenti di pausa interminabili, in cui il piccolo fuggiasco metabolizza gli insegnamenti di un esperienza fuori dal normale.
Ed è proprio la delicatezza del giovane interprete, capace di sottolineare con la spontaneità tipica dell’età i vari passaggi della storia, a salvare, almeno in parte un opera che non riesce a bissare sul piano dell’interesse le indubbie qualità della forma.
1 commento:
eccola! me l'ero persa!! mi piace molto come ne parli, davvero utile questa tua riflessione. come già scritto, il film m'ha delusa. attendo con fiducia il prossimo prodotto jonze :)
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