ECLIPSE
di J.SLADE
Appuntamento imprescindibile per la gioventù globalizzata ed oggetto di divisione sulle pagine dei giornali specializzati, le avventure di Bella e dei suoi due cavalieri continuano ad essere materia di discussione: sarà per la sindrome di un presenzialismo sempre più dilagante, oppure per la curiosità suscitata da un simile baccano, fatto sta che anche questa volta a guadagnarci è la macchina produttiva messa in piedi per portare sullo schermo i romanzi di Stephenie Meyer, altrimenti destinati ad una popolarità su scala ridotta e priva di quella mitizzazione di cui solo il cinema è capace.
E se è vero che il successo assicura la giustezza della formula, non bisogna stupirsi rispetto ad un film come Eclipse che fa di tutto per assomigliare al precedente, a cominciare dal regista, diverso e perciò uguale, se è vero il motto "cambiare tutto per non cambiare nulla", ad una sceneggiatura ciclostilata, in cui la tensione erotica tra le parti viene sublimata e soprattutto non consumata con una scansione temporale cronometrica ed attraverso la costruzioni di arazzi cavallereschi ricchi di proclami e frasi senza ritorno, e con scene di battaglia debitrici degli omologhi poemi medievali popolate di fanciulle da salvare e paladini senza paura, pronti a sacrificarsi per la bellezza di quel gesto.
Insomma situazioni e temi sempiterni riproposti senza differenze ad un popolazione giovanile desiderosa di crearsi nuovo spazi identificativi, di emanciparsi da tutti quei "cattivi maestri" che a torto o a ragione ne hanno limitato la libertà espressiva e di azione (nella scena finale Bella diventà l’incarnazione stessa di una diversità felicemente espressa).
Un mondo post moderno, dove l’idea di famiglia-allargata o meno non fa differenza, di amicizia-in particolare quella paventata ma non ancora formalizzata tra Vampiri e Licantropi, nemici secolari e qui coalizzati contro il nemico comune - e di amore - ancora una volta in odore di scandalo per un affettività più volte tentata di uscire dal recinto della assoluta monogamia - si mischiano con quella di Verginità, tornata ad essere, almeno sullo schermo, l’avamposto di fronte al quale anche gli slanci più coraggiosi ed incauti sono costretti ad arrestarsi ed a fare i conti.
Affidato alla regia di un tipo a proprio agio con le moderne forme del neo vampirismo, e come sempre caratterizzato dalla gestualità fisica ed espressiva dei suoi protagonisti, Eclipse è un Erma bifronte, working progress di un unico già scritto ma non ancora filmato, oggetto di merchandising noioso e ripetitivo per i suoi detrattori, affascinante e sempre nuovo per tutti coloro che sono o si ricordano di essere stati giovani.
Intanto è confermata la notizia di un episodio conclusivo diviso in due parti: la discussione è solo all’inizio.
5 commenti:
bè, mi sembra di capire che la saga è quantomeno infinita e sfinente... e poi che non gliel'ha data! o è il vampiretto che non si concede? :-)
mah... rispetto a New Moon questo sembra un action movie... a parte gli scherzi speravo che con l'arrivo di David Slade, gia' autore di film come Hard Candy e sopratutto 30 giorni di buio, ci fosse una svolta piu' "sanguigna"... e' evidente che nulla deve cambiare... certi target devono essere rispettati... in una societa' consumista la standardizzazione rende il prodotto molto piu' vendibile.... e' il vampiro che si fa indietro... Bella ci starebbe pure, ma lui no.... la vuole vergine fino al matrimonio..??!!! :-) a questo punto non ci resta che aspettare l'ultima puntata...
e speriamo bene......
i prodotti di sicura presa sui giovani e ripetibili in forma blockbuster - vedi saga di harry potter o guerre stellari - rappresentano il migliore investimento per l'industria di hollywood... si sa, e a questo vabbè, ormai ci siamo assuefatti, lo abbiamo accettato come una specie di "genere cinematografico" a se stanti, tanto che spesso sono fonte di divertimento apprezzabile.
a mio avviso sarebbe bello che in una saga, o che dir si voglia - i vari sequel godessero quasi di vita propria, senza dover dipendere troppo - in termini di storia e sviluppo dei personaggi - dagli episodi precedenti, e senza annoiare lo spetattore, bombardndolo di eccessiva spetacolarizzazione a scapito della sviluppo narrativo... boh? dico così :-)
e incorciamo le dita per Bella! ;-)
qui non si tratta di spettacolarizzazione..perche' di quella c'e' ne poca...qualcosa nel prologo...e poi nella battaglia finale (uno schema simile agli altri episodi)..il problema vero sta a monte; se Twilight fosse stato sviluppato in 2 puntate, allora tutti i difetti di cui parlo sarebbero stati diluiti: in realta' la necessita di guadagno l'hanno trasformato in un prodotto fluviale.. e come era gia' successo per Matrix...a forza di allungare il brodo ci si imbatte in scene prive di necessita' e che, al massimo, troverebbero collocazione tra quelle tagliate ed inserite negli extra del dvd......
e' anche vero che il cinema contemporaneo sembra poter sempre piu' fare a meno della trama..la sceneggiatura non 'e piu' il punto di partenza...le immagini hanno preso il sopravvento... Wenders l'aveva predetto nel suo Until the end of the world : "finiremo sommersi dalle immagini". il risultato e' che ormai ad ogni latitudine tutti filmano divinamente, ma in pochi riescono a mantenere la stessa coerenza sul piano delle idee ed a livello di intreccio narrativo. si assiste ad una corsa parallela e disgiunta. da una parte l'impianto visuale, dall'altra quello della scrittura, e sempre piu' spesso il vincitore appartiene alla prima categoria. Il primo e' sempre piu' percepito come sinonimo di modernita', il secondo come specchio di un conservatorismo ad oltranza....
caspita nick, è la sindrome del prodotto fluviale, o del brodo sepiterno...!!
:-)
ne ha sofferto anche il signore degli anelli, di cui tanto avevo amato il primo episodio,presto soffocato, ahimè, dalla noia tremebonda dei successivi.
il tecnicismo registico in effetti da solo non può bastare. sennò tutti i videomaker sarebbero dei fantastici registi.
e sul parallelismo mi viene in mente una cosa che forse non c'entra un bel niente.
in sceneggiatura si osserva una tendenza al preferire l'adattamento del best seller letterario piuttosto che la messa in scena di script originali. sono i prodiuttori che decidono, si sa, su dei numeri... ma non è sempre detto che un grande romanzo, o una saga latteraria di successo, sia adatto per la resa cinematografica, soprattutto se diluito a brodo;
e in più il contributo del regista, proprio nel caso del best seller, dovrebbe essere ancora più alto e particolare per far sì che il prodotto filmico diventi un prodotto di propria dignità.
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