Di fronte alle scelte di una produzione che vuole essere padrona del proprio destino e che per questo ha deciso di prendere le redini di quello che è diventato un vero e proprio filone cinematografico, stiamo parlando della Marvel, detentrice dei diritti di quei super eroi che il cinema hollywoodiano a deciso di promuovere al rango di vero e proprio genere cinematografico, non si può non rimanere perplessi. Perché se è vero che il tentativo di elevare il prodotto con l’introduzione di artisti solitamente impegnati, e qui è il caso di citare innanzitutto un regista come Kennet Branagh, diventato famoso per le sue riduzioni Shakespieriane (altre volte erano stati Ang Lee,Tim Roth, etc) poteva avere lo scopo di ampliare il pubblico pagante, allettandolo con la speranza di un prodotto non esclusivamente giovanilistico, dall’altra la scelta viene mortificata dai limiti imposti da un mercato bisognoso di normalizzazione. Nell’appiattimento generale che arriva a non tenere conto neppure della sua fonte stravolgendola nella sostanza (l’identità di Donal Blake in origine persona vera diventa una semplice copertura del Thor in esilio sulla terra), ed anche nella forma (l’obesità di Falstaff diventa un leggero sovrappeso), dobbiamo sorbirci una regia che non lascia traccia sul piano drammaturgico, traghettando i personaggi verso stereotipi di tipo manicheo, ne su quello visivo, con qualche inquadratura sghemba e riprese aeree che appartengono alla routine di qualsiasi film d’azione. Ma quello che rende più interdetti è la presenza di un Dio del Tuono con i capelli ossigenati ed i muscoli dopati: senza scomodare il ritratto che ne avevano dato i suoi inventori, qui viene a mancare quella regalità e quel tormento che comunque faceva da contraltare ad una forza smisurata.
Prevale una spavalderia alla “all american boys” che neanche la presenza di alcune scene intermezzo, tese a spezzare con qualche ilarità una tensione invero inesistente -Thor in versione splapstick comedy viene trattato alla stregua di un punching ball dalla dottoressa di cui poi si dovrà innamorare- riesce a risollevarci da un andamento senza alcuna variazione. E se alla fine il film sembra volerci dire che il vero nemico è dentro di noi – la presenza di molteplici avversari impedisce la percezione di una vero e proprio antagonista- si stenta a credere che lo possa essere all’interno di simili psicologie. Rimane la bellezza digitale (ed un po’ scontata) del paesaggio Asgardiano e una proposizione tutto sommato accettabile di virtù guerresche che da sempre costituiscono il bagaglio indispensabile per essere un “Superhero movie”. Abbastanza per i neofiti, troppo poco per gli appassionati.
2 commenti:
natalie portman a parte, non vedo motivi validi per vedere questo film..
..e pensa che questo film è pure capace di annullare una pupa come la Portman..
nickoftime
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