“The Rum Diary. Cronache di una Passione” (The Rum Diary, 2011) è il quarto lungometraggio del regista inglese Bruce Robinson
che torna dietro la macchina da presa dopo una ventina d’anni. Attore e
sceneggiatore; è tornato all’opera di un film su richiesta di Johnny
Depp (qui anche produttore insieme ad una schiera con tanti altri
produttori esecutivi).
“Senti puzza di bastardi..la verità è odore di inchiostro” dice Paul Kemp al suo amico Bob Salas mentre era con loro anche Moberg. E sì la vendetta profumata non riesce completamente ma c’è pur sempre uno yacth che aspetta per sbarcare in altri lidi. E sì che Paul può permettersi il lusso di ‘salire in poppa’. Un film disparato, macchiato e pieno di livori stomachevoli. Certo, ma produce un effetto poco convenevole e di gustosa voglia di lasciarsi andare: diramazioni, sensazioni e salubri i modi che si assaporano con vera goduria di immagini e con riprese ben delineate. Un centoventiminuti che non ti accorgi di rincoglionimento positivo e di pensieri strani. Tant’è che l’amico Bob senza mezzi termini dici a Paul: “Sei fatto coglione… bevi il rum!”. Inutile persuadersi di capire, basta prendere la palla al balza pur di assecondare il proprio destino e di far fuori (senza sconti e con vizio da ‘cazzone’ per niente intimorito) l’amico-nemico Sanderson e tutto il suo giro di amici e la sua girl Chenault, con sguardo infuocato (‘guarda che prende il sole nuda’ riferisce all’acuto giornalista nel primo incontro in villa con spiaggia privata). Come la vita si prende arriva e come arriva (senza fottersene) bisogna lasciare ogni idea lucida per una stranezza di gentilezza a chi vuoi (amici di cordata a cui il destino ha riservato ben poco e molta facile ebbrezza!).
Siamo nel 1960 e Paul Kemp (Johnny Depp) giornalista di una certa bravura arriva a Puerto Rico per lavorare in un giornale locale (con grosse difficoltà) dove le notizie importanti sono di media levatura: dallo sport all’oroscopo (è quest’ultimo che gli viene affidato dal direttore Lotterman). I lettori vogliono sapere ‘chi vince non certamente chi perde’ e poi ‘l’astrologia è letta da tutti’; poco interessa come ma l’importante è vendere (comunque e con qualsiasi mezzuccio). Paul conosce Salas (un fotografo) e il suo amico sgangherato e fuori di testa Moberg (Giovanni Ribisi) e vuole ad ogni costo riuscire a sbarcare il lunario (in ogni senso). Quando conosce il ricco Sanderson non si lascia sfuggire l’occasione di un’offerta allettante (due alberghi in un’isola incontaminata per un pubblicità sena prezzo e una vista mare da sogno). Tutto con variazioni di ballo, alcool, intrecci strani e cazzeggiamenti di ogni sorta. Il vedere oltre quello che il regista ci rappresenta: i vero retroscena sono altezzosi e provocanti ma nascosti con un stile personalissimo.
Una vita schiumata, rottamata e accanita di modi futili e persuasivi: una vecchia automobile ricompone il duo Paul-Bob ogni volta ma la gloria è sempre al limite di un burrone mai visto da vicino. La storia del testo originale dello scrittore Hunter S. Thompson è certamente non calligrafica e tantomeno infarcita del suo, ma resta una scrittura suadente, godibile e, per certi versi, fruibile. Un film che rimane non perfetto ma ingiustamente bistrattato e accantonato in un angolino per lasciarlo solo e senza menzione d’interesse. Tutt’altro la pellicola rimane impressa negli ambienti e nella messa in scena; tutti i personaggi assecondano bene la sceneggiatura e le danno una buona valenza. Un fiume di rum da assorbire con gusto e con gorgheggi continui per arrivare a fiamme alcooliche per allontanare ‘dallo schermo’ inermi poliziotti e nemici dei sogni. Perché il sogno americano si rivitalizza nel confine lontano di uno stato sconosciuto e di un oceano da toccare ed ammirare come ‘corrente di denaro’. Ma è anche vero che il “sogno è una pozzanghera di sangue” e il ritorno di una vita in poppa è di là da venire (con un finale che ‘sapientemente’ e ‘spudoratamente’ aleggia nella retorica modernizzata di un allungo di sogno nella notte dei balli e dei fuochi portoricani).
Da notare i titoli di testa con il ‘volare’ di modugno-memoria cantata da Dean Martin nella cover originale del 1958 mentre un areo sta sorvolando e poi atterrando a Puerto Rico. Di spessore la fotografia di Dariusz Wolski (che aveva già lavorato con Depp in tutta la serie ‘Pirati dei Caraibi’ e che aspettiamo nel nuovo “Promotheus” di Ridley Scott) che dilata i colori diurni e pasteggia bene con le oscurità e i girati interni e notturni dell’isola. Sceneggiatura dello stesso regista che ha un buon ritmo e gusto delle riprese. Spassosa e intelligente la prova di Depp come è buona quella di Michael Rispoli; tutto il cast risponde bene all’uopo.
Voto: 7/8.
pubblicato da loz10cetkind
“Senti puzza di bastardi..la verità è odore di inchiostro” dice Paul Kemp al suo amico Bob Salas mentre era con loro anche Moberg. E sì la vendetta profumata non riesce completamente ma c’è pur sempre uno yacth che aspetta per sbarcare in altri lidi. E sì che Paul può permettersi il lusso di ‘salire in poppa’. Un film disparato, macchiato e pieno di livori stomachevoli. Certo, ma produce un effetto poco convenevole e di gustosa voglia di lasciarsi andare: diramazioni, sensazioni e salubri i modi che si assaporano con vera goduria di immagini e con riprese ben delineate. Un centoventiminuti che non ti accorgi di rincoglionimento positivo e di pensieri strani. Tant’è che l’amico Bob senza mezzi termini dici a Paul: “Sei fatto coglione… bevi il rum!”. Inutile persuadersi di capire, basta prendere la palla al balza pur di assecondare il proprio destino e di far fuori (senza sconti e con vizio da ‘cazzone’ per niente intimorito) l’amico-nemico Sanderson e tutto il suo giro di amici e la sua girl Chenault, con sguardo infuocato (‘guarda che prende il sole nuda’ riferisce all’acuto giornalista nel primo incontro in villa con spiaggia privata). Come la vita si prende arriva e come arriva (senza fottersene) bisogna lasciare ogni idea lucida per una stranezza di gentilezza a chi vuoi (amici di cordata a cui il destino ha riservato ben poco e molta facile ebbrezza!).
Siamo nel 1960 e Paul Kemp (Johnny Depp) giornalista di una certa bravura arriva a Puerto Rico per lavorare in un giornale locale (con grosse difficoltà) dove le notizie importanti sono di media levatura: dallo sport all’oroscopo (è quest’ultimo che gli viene affidato dal direttore Lotterman). I lettori vogliono sapere ‘chi vince non certamente chi perde’ e poi ‘l’astrologia è letta da tutti’; poco interessa come ma l’importante è vendere (comunque e con qualsiasi mezzuccio). Paul conosce Salas (un fotografo) e il suo amico sgangherato e fuori di testa Moberg (Giovanni Ribisi) e vuole ad ogni costo riuscire a sbarcare il lunario (in ogni senso). Quando conosce il ricco Sanderson non si lascia sfuggire l’occasione di un’offerta allettante (due alberghi in un’isola incontaminata per un pubblicità sena prezzo e una vista mare da sogno). Tutto con variazioni di ballo, alcool, intrecci strani e cazzeggiamenti di ogni sorta. Il vedere oltre quello che il regista ci rappresenta: i vero retroscena sono altezzosi e provocanti ma nascosti con un stile personalissimo.
Una vita schiumata, rottamata e accanita di modi futili e persuasivi: una vecchia automobile ricompone il duo Paul-Bob ogni volta ma la gloria è sempre al limite di un burrone mai visto da vicino. La storia del testo originale dello scrittore Hunter S. Thompson è certamente non calligrafica e tantomeno infarcita del suo, ma resta una scrittura suadente, godibile e, per certi versi, fruibile. Un film che rimane non perfetto ma ingiustamente bistrattato e accantonato in un angolino per lasciarlo solo e senza menzione d’interesse. Tutt’altro la pellicola rimane impressa negli ambienti e nella messa in scena; tutti i personaggi assecondano bene la sceneggiatura e le danno una buona valenza. Un fiume di rum da assorbire con gusto e con gorgheggi continui per arrivare a fiamme alcooliche per allontanare ‘dallo schermo’ inermi poliziotti e nemici dei sogni. Perché il sogno americano si rivitalizza nel confine lontano di uno stato sconosciuto e di un oceano da toccare ed ammirare come ‘corrente di denaro’. Ma è anche vero che il “sogno è una pozzanghera di sangue” e il ritorno di una vita in poppa è di là da venire (con un finale che ‘sapientemente’ e ‘spudoratamente’ aleggia nella retorica modernizzata di un allungo di sogno nella notte dei balli e dei fuochi portoricani).
Da notare i titoli di testa con il ‘volare’ di modugno-memoria cantata da Dean Martin nella cover originale del 1958 mentre un areo sta sorvolando e poi atterrando a Puerto Rico. Di spessore la fotografia di Dariusz Wolski (che aveva già lavorato con Depp in tutta la serie ‘Pirati dei Caraibi’ e che aspettiamo nel nuovo “Promotheus” di Ridley Scott) che dilata i colori diurni e pasteggia bene con le oscurità e i girati interni e notturni dell’isola. Sceneggiatura dello stesso regista che ha un buon ritmo e gusto delle riprese. Spassosa e intelligente la prova di Depp come è buona quella di Michael Rispoli; tutto il cast risponde bene all’uopo.
Voto: 7/8.
pubblicato da loz10cetkind
4 commenti:
..avevo iniziato a vederlo e mi era sembrato pessimo..lo riprenderò sperando di essermi sbagliato..
..avevo iniziato a vederlo e mi era sembrato pessimo..lo riprenderò sperando di essermi sbagliato..
Mi sono 'trovato' subito....la stessa lunghezza d'onda. Non avrà molti estimatori questo film. Non proprio 'accomodante'...Comunque Depp mi dà 'sensazioni' giuste. Una recitazione che mi piace. Ciao.
Anch'io sto percependo un'aria pesante intorno a questa pellicola, la tua recensione però mi conferma quello che avevo già in testa: Johnny va sempre seguito nelle sue performance, qualcosa la tira fuori di certo. Lo vedrò di sicuro.
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