mercoledì, luglio 03, 2013

WORLD WAR Z



"World war Z"/id.
di: M. Forster.
con: B. Pitt, M. Enos, D. Morse, A. Hargrove, S. Jerins, M. Fox, P. Favino.
USA 2013
115 min.

Ciò che da decenni un autore come George A. Romero continua a sottoporre alla nostra attenzione con l'"eterno ritorno" di un mondo dove ad intervalli più o meno regolari "germogliano" zombi, morti viventi o "non morti" che dir si voglia, e' la fotografia di accecante nitidezza (e proprio per questo ancora in parte sottovalutata nella sua valenza metaforica e precorritrice) del presunto "autentico" mondo - il nostro - così putrefatto al suo interno, così desolatamente infetto da almeno un paio di macrovirus uguali ed opposti - indifferenza e soddisfazione che non a caso rimano con iattanza e distruzione - da essere giunto al punto di figliare esso stesso una propria versione "degenerata" pronta a spazzarlo via (letteralmente: a divorarlo).

Nelle mani di un cineasta come Marc Forster (e, per l'occasione, di un committente del calibro di Brad Pitt che co-produce con la sua "Plan B"), professionista proteiforme negli interessi quanto alterno nei risultati - il suo pendolo cinematografico oscilla tra la candidatura all'Oscar di "Monster's ball" (2001) al bondiano "Quantum of solace" (2008), passando per "Neverland" (2004) e "Il cacciatore di aquiloni" (2007) - se la materia perde in profondità (implicazioni ulteriori di carattere antropologico/sociologico/politico che qui si stemperano in un generico sottofondo di critica ecologico-anticapitalista) acquista pero' in ampiezza, in scala, verrebbe da dire meglio, visto che il palcoscenico su cui si snodano i fatti gode della vastità dell'intero pianeta ai cui quattro proverbiali angoli - nel caso, Stati Uniti, Corea del Sud, Israele (un po' fuori centro il sottotesto polemico relativo alla costruzione di un muro gigantesco per tenere a bada le orde montanti in accostamento alle annose controversie storico-politiche di quelle terre), una abortita incursione in India, infine la Gran Bretagna - e non senza incognite e pericoli, viene sballottato il riottoso ex ispettore ONU Gerry Lane (che si avvale del volto gentilmente invecchiato del suddetto ed etermo "uomo ideale" Pitt) in cerca di uno sfuggente bandolo della matassa che risparmi all'umanit‡ lo strazio definitivo di un contagio tanto misterioso quanto pervasivo. (Il biologo - tipica testa d'uovo harvardiana - che partecipa in prima battuta alla ricerca di una via d'uscita, così riassume la situazione; "E' la Natura il miglior serial killer esistente. E come tutti i serial killer, vuole essere fermato e vuole un pubblico. A che scopo, infatti, essere il migliore se non lo vede nessuno ? Per questo Lei lascia tracce in giro, sparge briciole. In particolare, ama nascondere le debolezze dietro i punti forti").

Il merito maggiore di "World war Z" - adattamento del romanzo di Max Brooks del 2006 "World war Z: an oral history of the zombie war" - che alterna con discrezione saturazioni cromatiche a sfondi e primi e primissimi piani lividi angosciati e/o sofferenti e utilizza senza debordare l'effetto speciale in se' rappresentato dal corpo-automa degli zombi (qui capaci di diventare iperattivi se sollecitati dalla presenza umana o dalla ripetizione di suoni o rumori), e'quello di cumulare e distribuire lungo tutto lo svolgersi delle sue quasi due ore una tensione sottile eppure persistente (sebbene con qualche tollerabile cedimento) senza dover ricorrere a colpi bassi gratuiti, aggiustamenti posticci o - peggio ancora - ad esiziali "spiegazioni" (anche i siparietti sentimental-familistici sono ridotti al minimo contrattuale e concentrati come da standard, diciamo così, a basso impatto, all'inizio e all'apparente scioglimento della vicenda) ma affidandosi alla prontezza del montaggio, alla funzionalità dei dialoghi e soprattutto all'alternanza puntuale di affollatissime, frenetiche e "spaventose" scene di massa simil formicaio (tra individui che fuggono per ogni dove e zombi in forsennato inseguimento che si precipitano, si calpestano, ammucchiano enormi biche delle loro membra tourettiche su cui si arrampicano, i movimenti avvolgenti della mdp, in specie dall'alto, parlano chiaro di un organismo/società, di un metabolismo/mondo in cui la circolazione delle energie vitali e' contaminata e quindi prossima al collasso) e attimi di sospensione/rivelazione utili al protagonista per inchiodare dettagli ed indizi "fuori campo" a fornire, senza parole, strumenti per la decrittazione del rompicapo pandemico.

Nella generale adesione ai canoni di una narrazione lineare che non pretende di riscrivere o di assestare "colpi lunari" al ramo del "fantastico" su cui si e' momentaneamente assisa e di una professionale consistenza interpretativa - innegabile la verosimiglianza trasfusa dal divo Pitt al suo personaggio, in maniera che pure certe stucchevoli sfumature da "angelo premuroso" pronto al sacrifico estremo appaiono credibili perché gestite mediante un qual sottotono che l'attore americano maneggia oramai da tempo e con disinvoltura - e' da sottolineare, cosa poi non così ovvia, l'epilogo antiretorico, privo di alcuna ricomposizione e non strumentalmente aperto ad un eventuale seguito. "La lotta continua", sussurra Lane/Pitt. E per ora, tanto basta.



TFK

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