domenica, febbraio 02, 2020

DOV'E IL MIO CORPO?

Dov’è il mio corpo?
di Jérémy Clapin
Francia, 2019
genere: animazione, drammatico, fantastico
durata: 81’





Primo lungometraggio per il regista francese Jérémy Clapin, dedito al cinema d’animazione (per ora, però, solamente con cortometraggi), e subito candidatura all’Oscar. Il film, “Dov’è il mio corpo?”, targato Netflix, si basa su un romanzo del 2006 di Guillaume Laurant.
La storia, molto particolare, si dirama in due parti che, inevitabilmente, vanno a coincidere ed incontrarsi. Da una parte c’è una mano mozzata che, imprigionata nel reparto di un ospedale parigino, decide di scappare per andare alla ricerca del corpo al quale appartiene. Inizia, quindi, un’avventura che la vedrà coinvolta nelle più disparate situazioni, nelle quali incontrerà tanti personaggi, umani e animali che reagiranno in maniera differente, ma quasi sempre negativa.
Dall’altra parte c’è il giovane Naoufel, di origine magrebina, del quale, piano piano, si viene a conoscenza dell’intera vita, dall’infanzia e dall’adolescenza, molto difficili, alla giovane età e la ricerca, per ovvi motivi, di un lavoro e, di conseguenza, di un guadagno. Nonostante i suoi sogni di diventare pianista o astronauta, il giovane Naoufel è costretto dalle circostanze a diventare un corriere per una pizzeria. Ed è proprio grazie a questo lavoro che incontra Gabrielle, ragazza della quale si innamora, inizialmente senza nemmeno conoscerla direttamente. Dall’incontro con questa ragazza e dalla volontà di rincorrerla costantemente, Naoufel entrerà in diverse situazioni che lo porteranno a compiere scelte e gesti dai quali non potrà più tornare indietro.


Si tratta di un film d’animazione denso e romantico, nel quale, tra le righe e all’interno della narrazione lineare, vengono descritte e mostrate tematiche interessanti e attuali. Nonostante il protagonista della vicenda posso risultare a tutti gli effetti Naoufel, è, in realtà, la mano la vera chiave di lettura della storia. E’ attraverso questa parte del corpo che lo spettatore entra in contatto con i personaggi e con la storia. Non a caso, infatti, il titolo “Dov’è il mio corpo?” è una domanda e un interrogativo che si pone proprio la mano, piuttosto che Noaufel. Il pubblico è guidato all’interno dei vari luoghi e dei vari incontri grazie alla mano che ha una visione e una concezione del tutto umana della realtà. Si riesce, infatti, a percepire ogni sensazione attraverso la mano che, paradossalmente, si insinua in ogni luogo perché riesce anche a vedere, nonostante sia solo una mano. Questo perché ha comunque immagazzinato le sensazioni della “vita precedente”.
Oltre a questo, poi, c’è da sottolineare l’intensità della ricerca da parte della mano del corpo al quale appartiene che è addirittura più forte del legame che si sta instaurando tra Naoufel e Gabrielle. La continua ricerca da parte della mano rappresenta il vero fulcro della vicenda che non è una ricerca fine a se stessa, ma una ricerca più ampia con una chiave di lettura che va oltre il semplice ritrovamento.
Veronica Ranocchi

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